
«Un Gesù non “addomesticato” che dobbiamo saper annunciare al mondo». Intervista alla moderatora della Tavola valdese
ROMA-ADISTA. Alla vigilia del Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, che si aprirà domenica 21 agosto con il culto presieduto dai pastori Daniele Bouchard e Lino Gabbiamo, il settimanale Riforma ha intervistato Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese
Dopo molti anni andiamo verso una nuova sessione congiunta dell’Assemblea battista e del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi: con quale spirito, con quali attese?
«Con la volontà e lo spirito di osare qualche passo in avanti, coraggioso e creativo, rispetto a una collaborazione che è già forte in molte aree di impegno di presenza e testimonianza nel nostro Paese; ma anche con il sentimento di dovere fare, al contrario, un passo indietro nel senso di non dare per scontato che il senso profondo del patto di reciproco riconoscimento e collaborazione che unisce le nostre chiese sia conosciuto da tutti (le chiese negli ultimi anni sono cambiate profondamente nella loro composizione) e quindi avvertendo la responsabilità di continuare a trasmettere e alimentare, a tanti anni di distanza, un po’ della la passione evangelica che quel patto ha ispirato».
Fra pandemia, una guerra in Europa, tensioni sociali, incertezza economica e politica ed emergenza ambientale le chiese evangeliche hanno dimostrato di mantenersi attive e di conservare il tessuto comunitario. In altri contesti ciò si spiegherebbe con una umanissima “capacità di adattamento”. Per noi è diverso: oltre al fondamento della Parola di Dio, da che cosa le nostre chiese stanno traendo la forza di continuare?
«La relazione della Tavola valdese al Sinodo è attraversata dalla prima all’ultima pagina dalla tensione fra senso della “realtà” e “promessa” che Dio rivolge: da una parte la parola di Dio, che ci converte continuamente, svela la realtà per come è, in tutte le sue contraddizioni, bruttezze, fragilità, e chiama a farci i conti fino in fondo; dall’altra questa stessa parola è portatrice di una promessa di vita rinnovata e di visioni che trasmettono forza, coraggio e fiducia e orientano le scelte individuali e comunitarie indicandone priorità, criteri e anche limiti in modo unico, altro che chiese diventate Ong! Purtroppo non si riesce sempre ad articolare con sufficiente efficacia e chiarezza e anche a vivere pienamente il senso di questa differenza».
Il problema, allora, è saper parlare a un mondo esterno che ritiene superato ogni discorso su Dio e su Gesù Cristo: è solo questione di un linguaggio troppo vecchio (quello in uso nelle nostre chiese) oppure è proprio la radicalità del messaggio evangelico a “spaventare” i nostri contemporanei?
«Credo che entrambi questi fattori giochino un ruolo. Vi è indubbiamente la fatica di trovare il modo per esprimere il messaggio evangelico, in tutta la sua potenza liberante, in modo da renderlo comprensibile e significativo per le persone di oggi, incontrate nella fatica della loro vita, nelle loro domande di senso, nelle relazioni quotidiane; e dall’altra parte, da sempre, un Gesù non addomesticato, non asservito a logiche di conservazione di ingiustizie, discriminazioni, violenze, sarà sempre considerato da molti un pericolo o comunque scomodo o troppo impegnativo e quindi rifiutato».
Un argomento fondamentale che dovrà essere trattato dal Sinodo e uno che dovrà essere affrontato congiuntamente all’Assemblea battista?
«Facciamo due, fra interno ed esterno: per il Sinodo il tema di ripensare la ministerialità della Chiesa, la sua organizzazione, i ruoli, la formazione e il contributo di tutte le generazioni in un tempo in cui si accrescono alcune fragilità e vi saranno, fra l’altro, sempre meno pastori e pastore; ma anche la centralità dell’impegno delle chiese e delle loro organizzazioni diaconali, sul tema socialmente sensibilissimo del “lavoro”. Per l’Assemblea Sinodo, il tema di formule nuove, anche sperimentali di collaborazioni territoriali e il tema della pace, al quale si è deciso di dedicare la serata pubblica del lunedì, provando ad assumerlo, da credenti, in tutta la sua complessità e pluralità di posizioni, in un dialogo serio anche con voci della società civile».
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