Come uscirne
Newsletter n.280 del 26 ottobre 2022
L’avvento di Giorgia Meloni al governo ha riportato al potere una destra antica che ritenevamo ormai passata. Non si tratta però del fascismo nella forma di quel regime che ci ha funestato per vent’anni, ma del fascismo nella cultura che lo ispirò, che lo fece nascere e che ne fornì l’immagine. Come un fiume carsico esso si era inabissato, scorrendo occulto, ed ecco che ora riappare, non sappiamo ancora quanto dannoso.
In questo senso la vicenda italiana è simbolo della ben più tragica vicenda della cultura della modernità, che nella sua manifestazione come cultura di dominio e di guerra, dopo aver prodotto guerre e nazismi, fu sconfitta dalle Resistenze e dalle democrazie, sopravvisse latente nella guerra fredda, aggressiva nella lunga guerra mondiale “a pezzi”, dalla Palestina al Vietnam, al Golfo, alla Jugoslavia, all’Afghanistan, si è mostrata inclemente nella globalizzazione, nella cultura dello scarto, nell’economia che uccide, ed è esplosa ora nella minaccia di un conflitto globale nella reciproca sfida tra la NATO, la Russia, l’Ucraina e l’Europa.
È questa la ragione per cui la guerra d’Ucraina, a cui a lume di ragione sembrerebbe così facile porre termine, con un negoziato che restituisca sicurezza alla Russia, immunità all’Ucraina, diritti e autodecisione ai popoli del Donbass, credibilità all’America, pace all’Europa e dignità all’Italia, continua senza che si veda alcuna soluzione. Anzi si allarga e incrudelisce, nel Baltico coi sabotaggi ai gasdotti, nel Mar Nero con gli attacchi alle navi e gli attentati sui ponti, a Kiev e con le bombe e i missili e i droni sulle centrali elettriche e le altre città.
Ed ora come sovrana della guerra compare l’Europa. Essa, prima con le grida del suo Parlamento, poi con l’editto dell’ultimo Consiglio d’Europa, dichiara formalmente, magari anche senza accorgersene, la guerra alla Russia, decretando che l’Ucraina debba riprendersi i territori perduti, compresa la Crimea, e lo debba fare con i soldi e con le armi dall’Europa stessa fornite. La storia non ha insegnato niente, non solo non ci ricordiamo che l’Ucraina è quella “enorme distesa di terra piatta che la Francia napoleonica, la Germania imperiale e la Germania nazista hanno attraversato per colpire la Russia” (come ha scritto “Foreign Affairs”) ma nemmeno che l’abbiamo percorsa anche noi col presenzialismo che il fascismo volle con l’invio del Corpo di Spedizione italiano in Russia.
È proprio il caso di dire: “Dio, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Infatti è buono e giusto che il Signore liberi dalle angosce anche “i malfattori”, come suggerisce la liturgia, però dobbiamo sapere qual è la tragedia a cui col nostro viatico andiamo incontro, e che del resto è già in atto per popoli interi.
Dovremmo allora chiederci che fare per uscirne. È chiaro che le risorse del potere e del diritto, quali oggi sono in atto, non sono in grado di farlo. Anche le Costituzioni consacrano una realtà che già c’è, non creano ciò che nella realtà ancora non c’è e che esse promettono. Lo si vede bene con l’art. 3 della Costituzione italiana o col suo inattuato ripudio della guerra. Bisogna allora andare più a monte, là dove la vecchia cultura penetra in profondità nella terra, ne contamina le fibre e ne avvelena i frutti. Ci vuole cioè una conversione, bisogna cambiare le menti e i cuori, non pensare alla terra come una tunica da spartire tra i soldati, ai confini come cancelli e come muri da innalzare, agli Stati come serragli da recintare, agli stranieri come nemici da combattere o da espellere, alla politica come anteprima della guerra. Bisogna andare alle radici lontane, fino all’idea ancestrale della guerra come natura e della pace come artificio, della ragione che può tutto e dell’amore che non può farci niente. E convertirci.
Nel sito pubblichiamo un’importante rilettura di Daniele Menozzi dell’intervento di Benedetto XV contro la Prima guerra mondiale (l’ “inutile strage”), il discorso di papa Francesco all’incontro interreligioso del Colosseo, una piattaforma per la pace del movimento ambientalista.
Un cordiale saluto,
www.chiesadituttichiesadeipoveri.it
*Foto su licenza Pixabay
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