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Dalle obiezioni alla guerra alla Difesa Nonviolenta: un cambiamento culturale non ancora acquisito

Dalle obiezioni alla guerra alla Difesa Nonviolenta: un cambiamento culturale non ancora acquisito

“Né un uomo, né un soldo: un’altra difesa è possibile”: così titola il Manifesto4ottobre un articolo di Antonio Greco che commemora i 50 anni della legge sull’Obiezione di Coscienza, la n. 772/1972 (una riflessione qui poco più che segnalata, mentre è leggibile integralmente al link). Una scelta, quella dell’obiezione, che aveva avuto un costo umano non indifferente: dall’Archivio Giustizia Militare si evince che, scrive Grego, «dal 1946 al 1972 i procedimenti per reati contro gli obiettori di coscienza al servizio militare sono 1630, di cui 126 presso il Tribunale militare di Bari. Sono stati comminati 727 anni e 6 mesi di carcere (con differenze quantitative di pena per lo stesso reato ma motivato diversamente: in media a ciascun Testimone di Geova, 15 mesi; all’obiettore cattolico, laico e politico, 4/6 mesi) a giovani di tutte le condizioni sociali, la maggior parte Testimoni di Geova».

Quella legge è ormai sospesa, ricorda l’autore: «Con la sospensione delle chiamate al servizio militare di leva in Italia ad opera della legge 23 agosto 2004 n. 226 e con la trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, risultò sospesa di fatto anche l’opzione del servizio civile obbligatorio per obiezione di coscienza». «Ma non per questo – osserva Greco – è tramontata l’attenzione alla OdC», perché «non basta dire no alla guerra con il servizio civile. Occorre anche prevenire la sua preparazione obiettando alle enormi spese militari e lavorando per una proposta di legge per una Difesa Popolare non violenta» (DPN).

In questi anni, tramite la Campagna “Un’altra difesa è possibile”, varie organizzazioni – continua a narrare Greco – «hanno presentato una proposta di legge per l’“Istituzione del Dipartimento della Difesa Civile non armata e nonviolenta”, che tra l’altro prevede la possibilità per i contribuenti di esprimere la propria preferenza per la difesa non armata, destinando al previsto Dipartimento il sei per mille della propria imposta IRPEF».

Ma anche questo non basta: «perché la DPN non rimanga un titolo senza risorse, come è attualmente, ci vuole un popolo che ci creda e che spinga per questa opzione fiscale con la campagna “Sei per la pace, sei per mille”. La proposta è quella di versare il 6 per mille della propria imposta IRPEF alla Tesoreria Centrale per la Protezione Civile o altra realtà che persegue finalità coerenti con la difesa civile non armata e non violenta. La scelta è accompagnata da una richiesta di rimborso all’Agenzia delle Entrate della somma aggiuntiva versata, utile ad indurre Governo e Parlamento a intraprendere politiche di disarmo e di rafforzamento della difesa civile non armata e non violenta, compresa l’istituzione di un Ministero per la Pace». Perché, seguita Greco, «la disobbedienza civile contro la guerra e la sua preparazione non sono solo tecniche nonviolente ma una visione della vita, non sono solo un dire “signor no” o “non pago” ma anche dire sì con proposte positive e alternative. “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” che non si esplica solo con la difesa armata ma anche in maniera non armata. E da quest’ultima cultura è sorta un’idea ampia di difesa della patria, rispetto a quella meramente militare, che contempla i campi della cultura, dell’ambiente, delle marginalità sociali».

Intanto l’Obiezione di Coscienza continua a essere un’opzione non ovunque rispettata: «Il Report Annuale dell’Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza (EBCO-BEOC)[1] conclude che l’Europa non è stata un posto sicuro nel 2021 per molti obiettori di coscienza in diversi Paesi, per esempio in Russia e in Ucraina», informa infine Greco che riproduce, a chiusura le dichiarazioni di obiezione dei movimenti  russo e ucraino.

*Foto di Antiedipo tratta da Commons Wikimeida, immagine originale e licenza

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