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L'Italia riabilita la guerra

L'Italia riabilita la guerra

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 5 del 05/02/2023

Con l'invio di nuove armi più moderne e sofisticate la Nato e l'Unione Europea fanno un ulteriore, decisivo passo nell'escalation bellica. Cresce la tendenza verso la terza guerra mondiale, senza che né i Parlamenti abbiano realmente deciso, né le opinioni pubbliche abbiano ricevuto adeguate informazioni per una consapevolezza critica.

Il problema non è tecnico. Attiene a meno di duecento carri armati forniti al governo ucraino, il cui arrivo viene completato a fine 2023. La "quantità" non è, per l'esito della guerra, militarmente, decisiva. Anche come "qualità", per quanto abbia capito un obiettore di coscienza inesperto in tecnologia militare come me, parliamo di carri armati di cui si conoscono caratteristiche e potenzialità, non dissimili dagli ultimi modelli russi.

Il tema, allora, è completamente politico. Le armi che vengono fornite al governo ucraino hanno bisogno di preparazione e formazione delle truppe ucraine. Non sovvertiranno, probabilmente, di per sé le sorti del conflitto, ma coinvolgeranno personale di molti Paesi europei e degli Usa. Già oggi logistica e tecnologia dei sistemi missilistici ucraini più sofisticati sono nelle mani del personale Nato (a partire dalla scelta degli obiettivi). La scelta è evidente: la guerra andrà avanti a lungo. Anche dopo una eventuale tregua, che oggi appare lontana, avremo, comunque, un conflitto permanente "a bassa intensità" si spera. Alimentato, con perspicacia, dai complessi militar/industriali.

Il ministro italiano Crosetto è un profondo conoscitore del tema. Chiede, infatti, che il poderoso aumento delle spese militari italiane sia considerato dall'Unione Europea al di fuori dell'assetto del bilancio.

L'invio di nuove armi al governo ucraino va allora valutato soprattutto sul terreno geopolitico. Spinge ogni giorno di più i Paesi europei a una guerra totale con la Russia. Con la Cina sullo sfondo. Gli Usa, più deboli nella competizione economico/strutturale mondiale, utilizzano la propria supremazia militare per contrastare questo declino.

Intanto, il conflitto generalizzato rende l'Europa un campo di battaglia. Le classi dirigenti europee, da quelle socialdemocratiche a quelle postfasciste, hanno fatto dell'atlantismo supino e inerte la nuova identità europea. Il cancelliere tedesco Scholz ha recalcitrato a lungo, per non essere trascinato nella guerra voluta dagli Usa. Ha compreso, inoltre, che avrebbe perso la sua influenza sui Paesi dell'ex Patto di Varsavia. Scholz, indebolito però anche dall'ossessione riarmista dei Grunen e dei liberali, suoi alleati di governo, avrebbe voluto evitare la guerra "offensiva" contro la Russia. Preoccupazione condivisa perfino dal Pentagono a Washington; ma non da Biden. Il quale alimenta le spinte nazionaliste nell'Europa orientale, tese a costruire una "Nato dell'Est".

Così, la sovrapposizione di Nato e UE sta precipitando l'Europa nel caos e nell'inerzia. L'unica prospettiva realistica è l'apertura di una trattativa di pace. La guerra non può essere vinta da nessuno; va fermata prima che sia troppo tardi; prima che gli interessi economici degli imperialismi competitivi, nella loro centralizzazione e accumulazione, perdano il controllo e ci portino alla catastrofe globale. La guerra è stata riabilitata come unico orizzonte. L'articolo 11 della Costituzione (“l'Italia ripudia la guerra”) viene ignorato e mistificato quando si vuole indurre all'assuefazione della inevitabilità della guerra.

La maggior parte dei media fa la propria parte per imporre il "pensiero unico" bellicista. Parlano solo le armi. La politica e la diplomazia continuano in un silenzio agghiacciante. Mentre dovrebbero lavorare ogni giorno, con silenzio e sobrietà, con spasmodico impegno, per tracciare un percorso di pace. Anche perché il protagonista delle guerre è sempre lo stesso: il nazionalismo. 

Giovanni Russo Spena è stato membro dei Cristiani per il Socialismo, segretario di Democrazia Proletaria e senatore di Rifondazione Comunista.

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