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Proteste dopo che il papa ha ricevuto il vescovo Mulakkal, sospettato di abusi su una suora

Proteste dopo che il papa ha ricevuto il vescovo Mulakkal, sospettato di abusi su una suora

ROMA-ADISTA. Il 14 gennaio scorso, mons. Franco Mulakkal, già vescovo di Jalandhar, nello Stato indiano nord-occidentale del Punjab, accusato Lucy Kalapura – al tempo in cui era religiosa delle Clarisse Francescane – di sequestro di persona, stupro, rapporti sessuali contro natura e intimidazione nei locali del convento tra il 2014 e il 2016, era stato assolto dal tribunale di Kottayam, nello Stato meridionale del Kerala. Il verdetto aveva stabilito che le accuse non potevano essere provate oltre ogni ragionevole dubbio.

Pochi giorni fa papa Francesco ha ricevuto una lettera con oggetto: “Preoccupazioni delle donne cattoliche indiane per il caso del vescovo Franco Mulakkal”. È stata scritta da "Sisters of Solidarity" un gruppo cattolico composto da 20 donne – suore e avvocati che sostengono suor Lucy Kalapura e altre 5 suore che accusano mons. Mulakkal – che si sono dette “scioccate” quando hanno saputo che il vescovo Franco Mulakkal era stato ricevuto in visita da papa Francesco dopo l’assoluzione in tribunale. Tanto più perché su di lui pende il ricorso presentato sia dalla Procura della Repubblica che dalla suora che ha denunciato i presunti abusi.

Il vescovo era stato arrestato nel 2019. Il Vaticano, un giorno prima del suo arresto aveva accolto la richiesta del presule di essere sollevato dai propri doveri di vescovo finché la vicenda fosse chiarita, nominando nel frattempo un amministratore diocesano. Dopo tre settimane Mulakkal era stato rilasciato su cauzione e con il divieto di uscire dal Paese. Ora, sebbene il processo penale sia ancora in corso, i media indiani riferiscono che papa Francesco abbia manifestato al presunto abusatore la propria gioia dopo aver saputo dell’assoluzione. Il papa lo avrebbe addirittura confortato per le sofferenze ingiustamente subite a causa delle accuse e del processo. Nella loro lettera al pontefice, le “Sisters of solidarity” richiamano l'attenzione sul fatto che il caso giudiziario di Mulakkal non è ancora chiuso, essendo  al secondo grado di giudizio, e si sono dette deluse dal fatto che papa Francesco abbia voluto ricevere e manifestare il proprio sostegno al presunto stupratore, ma non abbia provato la stessa sollecitudine per il dolore e il trauma della suora. La quale, peraltro, è stata accusata dalle clarisse di vivere una vita contraria ai "principi della vita religiosa" e alle regole della congregazione. Anche se le era stato negato il permesso dai suoi superiori, aveva acquisito la patente di guida, comprato un'auto, pubblicato un libro di poesie e ricevuto un compenso per aver scritto il libro (nel 2019 ne scrisse un altro, raccontando la vicennda legata all'abuso subito ed alla decisione di denunciarlo pubblicamente). È stata anche accusata di essere arrivata in convento a tarda notte, di aver partecipato a una discussione in un canale di notizie, di aver fatto vivere con lei una giornalista in convento e di essere apparsa in pubblico senza indossare l'abito da suora. In India la condizione delle religiose è particolarmente difficile, legata a un sistema di oppressione, autoritarismo e patriarcato a cui suor Lucia si è ribellata. Nel 2019, dopo una terza lettera di ammonimento dalla congregazione, è stata espulsa. Si è rivolta a papa Francesco, senza però che nessuno in Vaticano – è la critica delle “Sisters of Solidarity” – si sia preso cura di lei. Così, nel giugno 2021, il Vaticano ha respinto per la seconda volta il ricorso di suor Lucia contro la sua espulsione dall'Ordine. Per tutte queste ragioni, “Sister of solidarity” chiede a papa Francesco di attendere il verdetto della corte d'appello finale prima di decidere sul futuro del vescovo.

Intanto, preti e religiosi cattolici hanno aderito a una campagna internazionale per sostenere l’iniziativa di “Sisters of solidarity”, chiedendo di sospendere mons. Franco Mulakkal da tutti i suoi incarichi ecclesiastici. Fino a quando non ci sarà una sentenza di assoluzione definitiva – chiedono - il Vaticano non dovrebbe conferire alcun incarico al vescovo, scrivono i più di 1.200, tra preti, religiosi e religiose di tutto il mondo che sostengono l’iniziativa delle "Sisters in Solidarity". Anche Chantal Götz, amministratrice delegata di "Voices of Faith", un'iniziativa a sostegno del ruolo delle donne cattoliche nel processo decisionale della Chiesa, ha dato il proprio sostegno alla lettera di protesta delle “Sisters of Solidarity”. 

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