
Disobbedienza alla guerra: liberato obiettore di coscienza bielorusso
ROMA-ADISTA. Dvarashyn Vitali, l’obiettore di coscienza bielorusso che era stato rinchiuso nel campo profughi lituano di Vilnius a causa della revoca del suo permesso di soggiorno e a rischio estradizione come persona “indesiderata”, è stato liberato ieri sera con un provvedimento del magistrato, in attesa del pronunciamento del Tribuanle sul suo ricorso, che sarà emesso il prossimo 28 giugno.
Vitali ha potuto essere assistito da un legale di fiducia, Rytis Satkauskas avvocato lituano dello Studio ReLex, grazie alla Campagna di Obiezione alla guerra del Movimento Nonviolento che copre le spese legali, e offre un supporto di consulenza con l’avvocato Nicola Canestrini.
Anche le tante lettere di solidarietà, inviate da tutta Europa, e molte dall’Italia, all’Ufficio governativo lituano dell’immigrazione, hanno sicuramente contribuito a questo primo risultato positivo. Vitali dal 20 giugno era stato rinchiuso in una cella di sicurezza, ma ha subito fatto ricorso contro la sospensione del permesso di soggiorno, e ha presentato la richiesta di essere riconosciuto come “rifugiato politico” per il suo rifiuto di essere rispedito in Bielorussia dove verrebbe nuovamente inquadrato nell’esercito e dove subirebbe una condanna a 7 anni di carcere per le sue attività pacifiste e la sua dichiarazione di obiezione di coscienza. Vitali è assistito, supportato e aiutato in questa sua battaglia per il rispetto dei diritti umani, dall’associazione pacifista e nonviolenta bielorussa “Our House”, guidata da Olga Karach, che opera in esilio in Lituania.
«Oggi è un giorno di gioia per la riconquistata libertà, ma le prossime scadenze sono delicate e difficili - commenta il Movimento nonviolento -. Ci sarà il pronunciamento del Tribunale sul permesso di soggiorno, e poi il rischio di espulsione. La nostra richiesta politica è rivolta all’Unione Europea, che deve rispettare il proprio ordinamento sul diritto umano all’obiezione di coscienza, e quindi – noi riteniamo – concedere lo status di rifugiati politici a tutti quei giovani russi, bielorussi e ucraini che non vogliono partecipare al più grande crimine contro l’umanità che è la guerra.
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