
I vescovi contro l'autonomia differenziata: aumenta le diseguaglianze sociali
ROMA-ADISTA. I vescovi bocciano senza appello il disegno di legge per l’autonomia differenziata: aumenta gli squilibri territoriali, distrugge la solidarietà, mette a rischio l’unità nazionale.
«Il Paese non crescerà se non insieme», si legge nella nota del Consiglio episcopale permanente, approvata a margine dell'Assembela generale della Cei (20-23 mjaggio), anticipata dal cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi e diffusa ieri mattina. «Sono parole molto attuali anche oggi, in cui si discutono le modalità di attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, secondo quanto consentito dal dettato costituzionale - scrivono i vescovi -. Ed è proprio la storia del Paese a dirci che non c’è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi, valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del bene comune.
Ci dà particolare forza l’esperienza di sinodalità delle nostre Chiese, grazie alla quale stiamo crescendo nella capacità di “camminare insieme” come comunità cristiane e con i territori e la comunità civile del Paese.
In particolare, crediamo che la parola “insieme” sia la chiave per affrontare le sfide odierne e la via che conduce a un futuro possibile per tutti. Siamo convinti infatti – e la storia lo conferma – che il principio di sussidiarietà sia inseparabile da quello della solidarietà. Ogni volta che si scindono si impoverisce il tessuto sociale, o perché si promuovono singole realtà senza chiedere loro di impegnarsi per il bene comune, o perché si rischia di accentrare tutto a livello statale senza valorizzare le competenze dei singoli. Solidarietà e sussidiarietà devono camminare assieme altrimenti si crea un vuoto impossibile da colmare. Con Papa Francesco, ripetiamo che "la fraternità universale e l’amicizia sociale all’interno di ogni società sono due poli inseparabili e coessenziali. Separarli conduce a una deformazione e a una polarizzazione dannosa" (Fratelli tutti, 142).
Da sempre ci sta a cuore il benessere di ogni persona, delle comunità, dell’intero Paese, mentre ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata – prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica.
Tale rischio non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguato alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi.
Gli sviluppi del sistema delle autonomie – la cui costruzione con Luigi Sturzo, nel secolo scorso, è stata uno dei principali contributi dei cattolici alla vita del Paese – non possono non tener conto dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.
Di fronte a tutto questo, rivolgiamo un appello alle Istituzioni politiche affinché venga siglato un "patto sociale e culturale" (Evangelii gaudium, 239), perché si incrementino meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno».
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