
Gaza: una situazione di carestia che solo un cessate il fuoco può fermare
Secondo i dati diffusi il 25 giugno dall’IPC (la Classificazione Integrata delle Fasi di sicurezza alimentare su scala globale) il 96% degli abitanti della Striscia di Gaza, ovvero oltre 495.000 persone a Gaza, soffrono la fame a causa dell’estrema mancanza di cibo.
«L’analisi dell'IPC – osserva in un comunicato stampa di ieri l’organizzazione umanitaria “Azione contro la Fame” – mostra che tutta Gaza sta vivendo livelli di emergenza (Fase 4 dell’IPC) di insicurezza alimentare, mentre quasi mezzo milione di persone sta ancora affrontando livelli catastrofici di insicurezza alimentare acuta (Fase 5), il livello più alto nella classificazione. Inoltre, è molto probabile che la situazione degeneri rapidamente in carestia a causa dell'imprevedibilità del conflitto e delle sfide umanitarie. È necessario intervenire con urgenza per fermare la fame e l'ulteriore deterioramento delle condizioni»: «l'intera popolazione della Striscia di Gaza è a rischio di carestia».
«Le famiglie di Gaza continuano ad avere un accesso del tutto insufficiente a cibo nutriente: nel dicembre 2023, il rapporto dell'IPC indicava che 2 gazesi su 10 erano a un passo dalla carestia; nel marzo 2024, i dati rivelavano che 5 su 10 lo erano. Ora, sebbene il numero di persone nelle Fasi 4 e 5 sia diminuito grazie alle consegne di cibo e all'assistenza nutrizionale fornita nel Nord della Striscia negli ultimi mesi da ONG come Azione contro la Fame, secondo l'analisi la popolazione a rischio di carestia si è espansa in tutta la Striscia di Gaza».
«La fame e gli ostacoli al lavoro umanitario vengono usati come arma di guerra a Gaza», afferma Natalia Anguera, responsabile delle operazioni in Medio Oriente di Azione contro la Fame. «Oggi sappiamo che più della metà dei 2,3 milioni di persone a Gaza non ha cibo a casa. Questa situazione non deve continuare per un altro giorno. È urgente che le organizzazioni umanitarie come la nostra possano raggiungere tutte le persone che ne hanno bisogno». «L'ostruzione dei movimenti degli operatori umanitari lungo la Striscia, e quindi l'impossibilità di raccogliere dati sufficienti, porta a una grande incertezza sulla situazione di Gaza, soprattutto sulla situazione dei più vulnerabili. Se le parti in conflitto e la comunità internazionale aspettano ad agire fino a quando non verrà fatta una classificazione di carestia, sarà troppo tardi. Avremo fallito collettivamente nel salvare morti evitabili», spiega Anguera. «Il cessate il fuoco rimane il primo passo per consentire un aumento sicuro e duraturo della fornitura di aiuti umanitari salvavita. Solo un cessate il fuoco può proteggere la popolazione palestinese di Gaza», conclude.
Hélène Pasquier, responsabile della sicurezza alimentare e dei mezzi di sussistenza di Azione contro la Fame, aggiunge particolari concreti che fanno sulle difficoltà dei gazawi. «È importante ricordare – dice – che anche quando le famiglie ricevono un po' di cibo, molte non hanno utensili da cucina, acqua o combustibile con cui prepararlo. La popolazione è già molto fragile». «La maggior parte dei terreni agricoli, dei pozzi, delle strade e delle altre aree essenziali per la produzione, la lavorazione e la distribuzione del cibo – racconta – è stata distrutta. Questo, insieme al blocco, ha creato a Gaza una dipendenza insostenibile dagli aiuti umanitari. Sarà fondamentale riabilitare i sistemi di produzione alimentare non appena sarà possibile», aggiunge Pasquier. Perciò «l'unico modo per prevenire e fermare la carestia è un cessate il fuoco che permetta una risposta umanitaria completa e multisettoriale».
*Foto ritagliata di Alessandro Grussu tratta da Flickr, immagine originale e licenza
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