Comunità locali sacrificate sull’altare della guerra globale. La protesta di Pisa
Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 21/09/2024
41974 PISA-ADISTA. Forte ormai della risonanza nazionale che la mobilitazione locale ha suscitato nel corso degli ultimi due anni, il “Movimento No Base” di Pisa torna in piazza il 13 settembre – giorno in cui inviamo questa rivista alle stampe – sotto la sede del Municipio, per esprimere nuovamente un secco no, a nome di tutta la cittadinanza, alla continua militarizzazione dell’area, al disboscamento e alla cementificazione del Parco Regionale Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli, ai processi decisionali antidemocratici e lobbistici, alla sottrazione di centinaia di milioni di euro alle reali esigenze di una popolazione vessata da crisi abitativa ed economica. La manifestazione, spiegano i promotori (PisaToday, 10 settembre), intende «dare spazio e voce alle ragioni della città e per organizzarci contro questo progetto che pretende di scrivere, nell'interesse di pochissimi, un'altra pagina di violenza, guerra, contaminazione e indebitamento a cui queste politiche ci condannano».
Un passo indietro.
Sul n. 1 di Adista Segni nuovi del 14 gennaio 2023, il Movimento No Base spiegava le ragioni della protesta raccontando una straordinaria «storia di riscatto, di lotta e di partecipazione». A fine marzo 2022 i cittadini pisani scoprivano, con grande sorpresa, che in Gazzetta Ufficiale compariva un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri firmato dall’allora presidente Mario Draghi e dall’allora ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Il dpcm annunciava la realizzazione di una grande base militare (nuova sede del Gruppo di Intervento Speciale del reggimento paracadutisti Tuscania dei carabinieri e del Reparto Centro Cinofili) nel territorio di Coltano, frazione pisana nel Parco di San Rossore. Una doccia fredda: la scoperta del decreto innescava la reazione indignata della cittadinanza, che iniziava a organizzare la protesta, convogliando istanze diverse e autonome del territorio (movimenti per la casa, per la giustizia sociale, per la tutela ambientale, per la partecipazione democratica, pacifisti, comitati cittadini, ecc.).
Il Movimento spiegava ad Adista che gli attivisti hanno avviato subito delle indagini per fare luce sugli intenti governativi, non chiariti nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Scopriva informazioni a dir poco inquietanti, come i dettagli sull’estensione della base (una superficie di 73 ettari) e sulla misura della cementificazione: 430 mila metri cubi, tra strutture per l’addestramento, piste di atterraggio, magazzini per lo stoccaggio degli armamenti e degli esplosivi, una cittadella con villette a schiera, palestre, piscine, parcheggi, un asilo e, dulcis in fundo, una chiesa. Il tutto, denunciava il Movimento, paradossalmente a Pisa, «ribattezzata capitale degli sfratti proprio a causa della carenza di investimenti sul diritto all’abitare».
Dalle inchieste emergeva anche che la grande opera sarebbe costata alle casse pubbliche ben 190 milioni di euro, da recuperare, secondo il Governo, dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, destinato – altro paradosso – a misure per sanare le disuguaglianze economiche e sociali tra le Regioni.
La mobilitazione contro le manovre governative, immutate nonostante l’avvicendamento ai vertici del governo, è nel frattempo cresciuta in partecipazione e iniziative, e con essa la pressione sulle istituzioni nazionali e locali – che hanno tentato goffamente smentite e scarichi di responsabilità per non perdere il consenso degli elettori – le quali si sono viste costrette a correre ai ripari e a creare un tavolo tra governo ed Enti locali per affrontare la cosa. Alla fine il tavolo ha dichiarato di voler proseguire nella realizzazione della base, ma frammentandola in tre lotti fuori dal parco. Solo mezze verità e dichiarazioni senza carte, accusavano le associazioni, peraltro indignate per il coinvolgimento di altre due zone del pisano nel grande progetto militare (l’ex Cisam a San Piero a Grado, anch’essa nell’area del parco, e il quartiere Ospedaletto).
Lascia? No, raddoppia!
La protesta torna in piazza oggi perché non solo la grande mobilitazione di popolo non ha sortito l’effetto auspicato di scoraggiare l’avvio del progetto militare, ma l’attuale governo ha pensato bene di incrementarlo in dimensioni e costi, pensando di asservire così definitivamente il territorio pisano e la sua popolazione a una cultura e a un’economia di guerra. Nel Decreto-Legge n. 89 del 29 giugno (cosiddetto “DL Infrastrutture”), convertito in legge l’8 agosto scorso, il governo Meloni ha chiarito nero su bianco l’intenzione del governo italiano – con il via libera di enti locali e Ente Parco – rispetto al progetto iniziale: la superficie occupata raddoppia, passando a ben 140 ettari. Raddoppiano anche le spese previste per la realizzazione dell’opera: oggi 520 milioni di euro. Così ha attaccato il Movimento No Base, invitando alla manifestazione del 13 settembre: «Il governo, con la complicità totale degli enti locali che hanno nascosto alla città carte e informazioni, ha deciso che il progetto deve andare avanti ignorando il volere del territorio. Il provvedimento è stato approvato in tempi rapidissimi da un Parlamento silente e complice, a colpi fiducia, e Il commissario straordinario Massimo Sessa ha quindi dato il via libera per aprire la “contabilità speciale”: 20 milioni di euro per il 2024, sottratti ai fondi del Ministero Infrastrutture e Trasporti e destinati all’edilizia pubblica» (PisaToday, 10/9). Per i No Base occorre mobilitarsi anche per evitare un disastro ambientale annunciato: il progetto rappresenta «un attacco senza precedenti al parco naturale di San Rossore-Migliarino-Massaciuccoli, che secondo queste previsioni, verrà sventrato nel cuore boschivo vicino a San Piero a Grado, non solo con l’abbattimento programmato di migliaia di alberi, ma con l’edificazione di nuove strutture militari e civili».
*Foto presa dal Profilo Facebook del Movimento No Base, immagine originale
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