In Libano come a Gaza? Italia ed Europa si assumano la responsabilità di fermare il massacro
Con la guerra contro Hezbollah si segna un ulteriore passo avanti sul cammino di escalation «verso una guerra aperta e totale in Medio Oriente». Per evitare che in Libano si riproponga una sanguinosa carneficina simile a quella portata avanti nell’ultimo anno nella Striscia di Gaza, la Rete italiana Pace Disarmo (RiPD) «chiama alla mobilitazione allargata» per esercitare pressione sulle istituzioni italiane ed europee affinché queste «si assumano la responsabilità di passi concreti».
La provocazione israeliana alla comunità internazionale è grande ed esplicita, spiega la RiPD in una nota del 24 settembre scorso: «La data scelta per lanciare la nuova offensiva su un Paese sovrano (il giorno di apertura a New York dell’Assemblea generale dell’Onu) è indicativa non solo del disprezzo per le sofferenze verso la popolazione civile, ma anche di ogni norma del diritto internazionale».
Protagonista di questa escalation sono non solo il governo «estremista e fondamentalista» israeliano e le milizie di Hezbollah, «ma anche gli Usa e l’Unione Europea che non hanno voluto adottare sanzioni efficaci verso Israele e attenersi agli obblighi previsti dalle prescrizioni della Corte Internazionale di Giustizia in merito alla potenziale violazione di diversi articoli della Convenzione contro il genocidio». La responsabilità dei Paesi terzi è enorme, accusa ancora la Rete: «Proseguire il rifornimento di armamenti verso Israele (nonostante 41 mila morti e il lancio sulla popolazione di Gaza di oltre 80 mila tonnellate di bombe) rappresenta una vera e propria luce verde per la costruzione, “dal Giordano al mare”, della “Grande Israele” in cui i palestinesi sono cancellati e i loro territori confiscati ed annessi. Ciò che sta avvenendo è la negazione nei fatti (e nelle risoluzioni del parlamento israeliano) della politica di “due popoli, due Stati”».
Dopo guerre civili, crisi umanitarie, crisi delle migrazioni forzate (il Paese ospita circa 1 milione di profughi siriani e circa 500mila rifugiati palestinesi), sottolinea la RiPD, «la situazione economica è al collasso e il delicato mosaico etnico e plurireligioso rischia di saltare. Di tutto ha bisogno il Libano fuorché di nuove guerre e nuovi orrori. Il fatto che Israele e Iran considerino il Libano alla stregua di un loro campo di battaglia deve finire».
Quello della Rete Pace e Disarmo è un atto di solidarietà nei confronti delle popolazioni civili colpite dalla “nuova” guerra, ma anche un fermo appello alla comunità internazionale a «fermare la guerra subito». Pertanto, si legge nella nota, «chiediamo al governo italiano e a quelli dell’Unione Europea di farsi promotori di una riunione urgente del consiglio di sicurezza dell’Onu per deliberare la richiesta di immediato cessate il fuoco, il rientro in sicurezza della popolazione sfollata nelle loro case, un chiaro mandato alla missione Unifil per la protezione dei civili, la demilitarizzazione delle aree di confine e la garanzia ad entrambe le parti della fine della guerra».
La Rete non chiede solo un provvisorio cessate il fuoco nel sud del Libano e nella Striscia di Gaza, ma «l’immediata indizione di una Conferenza sulla pace in Medio Oriente, da tenersi sotto l’egida dell’Onu, con l’obiettivo di ripristinare il diritto internazionale e dare risposta finalmente al diritto di autodeterminazione del popolo palestinese». E invoca lo strumento delle sanzioni contro tutte le parti belligeranti, a partire da «un embargo ermetico ed immediato sugli armamenti».
Per raggiungere questo obiettivo occorre continuare, anche in Italia, ad esercitare una grande pressione di popolo – enti locali, associazioni, sindacati, personalità della cultura, accademici, studenti, ecc. – sul governo, costringendolo ad ascoltare «la voce di chi chiede il cessate il fuoco, la fine dei massacri, il soccorso e il sostegno alle popolazioni colpite».
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