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Cristianesimo ed ecofemminismo: una vocazione comune

Cristianesimo ed ecofemminismo: una vocazione comune

Tratto da: Adista Documenti n° 37 del 26/10/2024

La crisi climatica nel mondo di oggi convoca tutte le persone e le istituzioni ad agire per la riduzione dei suoi effetti nefasti nella vita del pianeta, sia nel presente che in vista del futuro. Dove per pianeta intendiamo la terra, la natura, gli animali delle specie più diverse, i popoli, le nazioni, le donne e gli uomini che vivono all’interno delle culture plurali che ci costituiscono.

Siamo tutti/e responsabili, a partire dal posto che occupiamo, per questa crisi che colpisce tutti gli esseri viventi. Indubbiamente, al momento, essa investe alcuni più di altri, come sempre accade per i diversi problemi del mondo.

Di fronte a questa catastrofe annunciata e denunciata da tempo, i settori dell'economia dovrebbero interrogarsi sui loro progetti di sviluppo e di sfruttamento, i quali finiscono per distruggere la linfa vitale della terra. I laboratori che preparano fertilizzanti e pesticidi dovrebbero chiedersi come trasformare la loro produzione per non danneggiare i diversi terreni. Le università e le scuole dovrebbero interrogarsi sui contenuti eminentemente antropocentrici da loro proposti, come pure su quelli gerarchizzati, escludenti e altamente elitari. I governi e i politici dei Paesi e dei partiti più diversi, nonostante i loro interessi personali, dovrebbero raccogliere la sfida rappresentata dalla grave situazione del pianeta, che in realtà è sfuggita ai loro piani e alle loro previsioni.

In questa problematica così ampia e globale, le religioni e le Chiese dovrebbero anch’esse chiedersi se i contenuti etici e teologici antropocentrici e androcentrici che trasmettono come loro presunta “tradizione immutabile” non abbiano ugualmente a che vedere con la crisi ecologica e climatica che stiamo vivendo.

Forse possiamo pure meravigliarci del fatto di considerare anche le religioni come responsabili dell'attuale crisi ecologica e climatica, perché molti di noi credono che le proprie credenze religiose siano immuni dall’inquinamento e diano solo la forza di affrontare i diversi problemi della vita quotidiana. Questo è l'inganno che la società dualistica e patriarcale ci ha trasmesso, come se una parte di noi fosse esente dalla distruzione che stiamo causando al pianeta. Questo è anche l'errore commesso da molti leader religiosi che puntano il dito accusatore contro il mondo “in fiamme” senza rendersi conto che sono anch’essi responsabili di tutto ciò che in esso si produce e accade.

Teologie ecofemministe

È di fronte a questo problema di responsabilità comune che le teologie ecofemministe hanno preso posizione e agito. Noi donne siamo state le prime a denunciare l'abbandono di noi stesse e della natura da parte delle elaborazioni filosofiche e teologiche.

La natura nella sua complessità è stata considerata un oggetto da dominare anche attraverso i discorsi religiosi. Così come noi donne siamo sempre state indotte a obbedire agli schemi patriarcali passati e presenti, allo stesso modo siamo state escluse per millenni dalla responsabilità ufficiale della direzione politica e religiosa della vita. Tuttavia, continuiamo a fare la nostra parte e a denunciare gli schemi di esclusione e di morte fortemente veicolati dal mondo patriarcale. Con le nostre parole e le nostre azioni stiamo mostrando la totale interdipendenza di tutti gli aspetti della nostra vita sul pianeta e la responsabilità di tutte le istituzioni sociali e religiose nel sanare le tante distruzioni in corso. Per questo, nessuno è esente dalla responsabilità di rivedere le proprie credenze e i propri atteggiamenti di fronte alla distruzione globale della vita a cui assistiamo quotidianamente.

È dinanzi a questo problema vitale che ci chiediamo: in che modo particolare e plurale dobbiamo affrontare la crisi climatica e planetaria in cui viviamo all'interno di quella che chiamiamo tradizione cristiana? E, ancora, come accogliere i necessari cambiamenti nelle nostre credenze religiose per salvaguardare la vita del pianeta e le migliaia e migliaia di forme di vita?

Capitalismo cannibale

In primo luogo, bisogna affermare che la crisi climatica comprende diverse altre crisi che sono interconnesse e ci conducono a diverse impasse. Le questioni economiche, sociali, politiche, culturali, di genere e di identità sono tutte frammenti della più ampia crisi umana che stiamo vivendo. La filosofa nordamericana Nancy Fraser parla dello “stato cannibale” dell'attuale capitalismo, cioè di come ci stiamo mangiando reciprocamente e stiamo divorando il pianeta. In questa linea, non escludo il cristianesimo e noi cristiani dalla partecipazione allo stesso cannibalismo, passato e presente. Il nostro discorso teologico per un numero sempre più eterogeneo di credenti continua a essere segnato dal dualismo filosofico in vigore fin dai tempi dell'Impero romano ed espresso attraverso la sempre presente superiorità gerarchica maschile. Le teologie pratiche restano estranee ai problemi reali che dobbiamo affrontare: per quanto possano denunciare a parole le ingiustizie, le loro visioni e le loro opere sono lontane dalle esperienze e dai bisogni reali delle persone. Tali teologie riproducono le stesse teorie teologiche, appellandosi a potenti personaggi mitici come soluzione ai nostri problemi, mentre non si muove un solo passo per cambiare effettivamente una situazione tanto tragica. È come costringere tutti i nostri corpi in uno stesso abito immaginario manifestamente incapace di ripararci. Tuttavia, molte di noi donne hanno rotto parte di questo tessuto opprimente e stanno cercando alternative creative e curative insieme ad altre persone.

Per questo motivo, di fronte alla drammatica situazione della distruzione della vita, come ecofemminista affermo l'urgente necessità di introdurre nuovi significati per i nostri contenuti teologici. Come liberare il cristianesimo dalle radici dualistiche e colonialiste in cui continua a essere imprigionato? Come uscire dalla priorità biblica ed ecclesiale assegnata al genere maschile? Come reinterpretare le nostre tradizioni includendo altre, inventando nuove parabole, inserendo testi nati dal terreno delle varie quotidianità delle diverse culture? Come uscire dall'antropocentrismo che ha coltivato in noi la superiorità del genere umano e affermare una solidarietà comune tra tutti gli esseri viventi? Come uscire da un modello sacerdotale imperiale che si è imposto come rappresentante di un potere divino?

Concetti astratti e realtà plurale

Se esaminiamo con attenzione le nostre teologie e pratiche religiose, esse ci riveleranno la loro piena partecipazione all'attuale crisi in cui viviamo. Sono queste che hanno formato in gran parte il nostro mondo di valori e i nostri modi di esplorare e di agire nella società. Sono queste che ci hanno introdotto alla fede in concetti astratti, dividendo e limitando il nostro approccio alla realtà plurale del pianeta e affermando l'immutabilità della maggior parte dei loro aspetti. Per esemplificare la mia tesi, basta iniziare a riflettere brevemente sulla parola Dio. Dio è considerato un essere spirituale onnipotente, separato da tutto, al di sopra di noi, con pensieri propri, a immagine di un saggio che si confronta con ignoranti dipendenti da lui. Sappiamo bene quanto questo concetto sia stato strumentalizzato dalle politiche di dominio e continui a creare ostacoli all'affermarsi di un mondo di relazioni più egualitarie.

A partire da queste situazioni difficili, attraverso quali strade possiamo riscattare le nostre forze creative e convincerci che il nostro corpo è parte del più grande corpo cosmico e che ci stiamo creando e distruggendo a vicenda ogni giorno? Educarci a usare la parola Dio sempre meno in senso patriarcale e maschile e aprirci a contenuti più ampi e completi che ci portino a confidare più nella solidarietà tra di noi che nei miracoli del “vecchio barbuto” seduto sul suo trono di nuvole.

Da almeno trent'anni, nei miei libri, cerco di parlare della Zôe-diversità di Dio: un termine forse un po' elitario, dal momento che scrivevo per il mondo accademico. Tuttavia, cercavo di aprire il concetto di Dio all'esperienza umana dei valori imprescindibili per la salvaguardia della vita. Partendo dall'ecofemminismo, volevo avvicinarmi a un'esperienza del divino in noi e non solo affermare un concetto di Dio come un essere in sé e fuori di noi.

La Vita sempre più Grande

Oggi, invece, parlo di più della Vita sempre più Grande, sempre piena di sorprese, sempre aperta al rinnovamento, sempre reattiva a ciò che viene provocato in essa, sempre produttrice di negatività e positività, sempre in regime di interconnessione continua, sempre più grande delle nostre interpretazioni e aspettative. Aprire il concetto limitato di Dio oltre i suoi tradizionali confini patriarcali significa introdurci a un altro modo di pensare il mondo delle religioni. Smettere di parlare della “volontà di Dio” come un destino, come qualcosa di prestabilito, come una volontà a cui obbedire a immagine e somiglianza della nostra volontà, come espressione di un desiderio inaccessibile al nostro stesso desiderio. È questo che significa aprirsi a un'altra episteme, cioè a una comprensione sempre più ampia della Vita più Grande in cui siamo solo in questo istante.

A poco a poco, dobbiamo cercare di esprimere il mistero che siamo e in cui ci troviamo, i limiti della nostra conoscenza e l'infinità della nostra ignoranza non come una realtà separata da noi, ma come una realtà che vive solo della connessione tra le parti che ci compongono. In realtà, sono tutte espressione di un tutto sempre più grande e inaccessibile nella sua totalità alla nostra conoscenza. E, a partire da questo “luogo”, possiamo situare l'irruzione di molte tradizioni religiose, ricordando allo stesso modo la tradizione delle donne e degli uomini, considerando che finiamo sempre per enfatizzare maggiormente il ruolo degli uomini come creatori di religioni, profezie, riti, poteri, ecc.

A partire dalla Zôe-diversità o dalla Vita sempre più Grande, recuperiamo la dimensione etica che caratterizza la convivenza umana come una dimensione rinnovabile nella quotidianità delle nostre vite, una dimensione di trascendenza in cui l'altro diverso diventa il mio vicino, il mio vicino diverso e non il mio vicino apparentemente uguale. Siamo invitati/e ad accogliere il diverso, l'immigrato, il prigioniero, l'affamato e non solo chi è uguale a noi. È qui che alimentiamo la nostra fede nella tradizione del Movimento di Gesù di Nazareth come una scommessa quotidiana sul bene possibile di tutte le vite. Questa visione relativizza anche i tentativi della scienza, della tecnologia e persino dell'intelligenza artificiale, i nostri nuovi dei, per invitarci alla semplicità delle relazioni, a recuperare la bellezza delle piccole cose, a condividere il pane oggi e a non aspettare che la giustizia sia ristabilita domani. L'ecofemminismo ci risitua nell'esperienza di essere cristiani ogni giorno, cioè salvatori della vita gli uni degli altri. Ogni giorno bisogna assumere i nostri dolori e le nostre gioie comuni, avvicinarci realmente ai caduti sulle strade della vita, accogliere la povera e la straniera, aprire le nostre porte e riprendere ogni giorno l'eterna precarietà umana come un continuo sì alla Vita.

Ciò che attribuiamo a Gesù come unico salvatore deve essere abbassato ai limiti ristretti di tutti gli esseri e in particolare degli esseri umani, invitandoci a essere salvatori del pianeta, salvatori gli uni degli altri, credendo che sia possibile vivere e sopravvivere con gocce di amore/cura ogni giorno nelle diverse dimensioni della nostra vita. Il giorno dell'amore è oggi! La vita eterna è quella vissuta nell'istante chiamato oggi! Il resto è solo discorsi di potere, elucubrazioni sull'eternità della vita individuale, forse illusioni poetiche che ci fanno sognare e rischiano di accecare i nostri occhi nel presente.

Chi ha orecchie per ascoltare, occhi per vedere e un cuore per sentire può trovare discretamente a ogni passo della vita i miracoli straordinari e provvisori dell'amore! La “moneta perduta” di una donna del Vangelo può essere sempre di nuovo ritrovata e celebrata oggi, anche se sappiamo che potremmo perderla nuovamente domani. 

Ivone Gebara è religiosa agostiniana, teologa e femminista brasiliana. Autrice di numerosi saggi, tra i quali Teologia ecofeminista. Ensaio para repensar o Conhecimento e a Religião (1997) e Vulnerabilidade, Justiça e e Feminismos - Antologia de Textos (2010).

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza 

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