
Difesa Europea: pura illusione
Da qualche tempo si scaldano gli animi per dare risposta qualificata alla domanda circa la possibilità di costituire la Difesa Europea, da molti evocata, quale rimedio a svariate esigenze.
Ovunque emergono menti sapienti che evocano questa o quella possibilità e pochi hanno l’onestà intellettuale di ammettere che la risposta chiara e indiscutibile sia assolutamente negativa nel breve e medio termine e se ci mettessimo d’impegno, la questione potrebbe avere sbocco positivo tra non meno di venti anni; il tempo potrebbe essere accelerato in caso sconvolgimento bellico che incidesse sugli equilibri esistenti in modo tale da far emergere un nuovo equilibrio mondiale; dopodiché gli europei potrebbero decidere di mettersi insieme in tutta fretta.
Così accadde con l’emergenza COVID che, in previsione di un flagello planetario, costrinse i litigiosi europei a dimenticare frustrazioni e dissensi e a porre in campo le opportune misure comuni per combattere il nemico inarrestabile.
Tutto ciò accade in un momento storico in cui spirano venti di forte rivalità tra le due sponde dell’Atlantico con l’America oppressa dalla forza predatrice del presidente Trump, e l’Europa è oltremodo vessata dalla propria discordia strutturale; il che è palese dall’alterco Trump–Zelensky nella sala Ovale della Casa Bianca nella quale l’Europa “osserva e commenta”, e nulla di più può fare.
D’altra parte nei trascorsi ottant’anni, dalla fine del secondo conflitto mondiale, l’Europa ne ha perse di occasioni per costituire la propria Difesa Comune.
Si potrebbe iniziare nel menzionare la CED (Comunità Europea di Difesa), trattato costitutivo proposto inizialmente dalla Francia nel 1950 e dopo 4 anni di “stimolanti” convegni e analisi, nel 1954, la stessa Francia decideva di abortire il progetto e ne decretò la morte. L’America e la Gran Bretagna non piansero certo sul fallimento della CED.
Nel frattempo era sorta la Nato e fu chiaro che gli americani non consentissero duplicazioni del progetto che aveva come cardine storico, l’acquisizione della Germania e il suo riarmo, che approdò a compimento nel 1955, anno in cui l’URSS, in risposta, decise di formare il Patto di Varsavia.
Ma anche nel Nord Europa, dove si tentava di costituire una Alleanza Regionale tra Paesi Nordici, la Nato si fece sentire e ne impedì la creazione “sfilando” da quel progetto Danimarca, Norvegia e Islanda; Svezia e Finlandia resistettero e giudicarono saggio e più sicuro affidarsi ad uno stato di “Neutralità Armata” che prese il nome di Finlandizzazione. Dopodiché la Guerra Fredda tra Nato e Patto di Varsavia entrò nella fase esecutiva più visibile e lacerante.
Ma i progetti di Difesa europea non cessarono e furono incamerati dalla UEO (Unione Europea Occidentale), poco più che un foro di studio, che cercò di coltivare un sogno che mai decideva di consolidarsi e che confluì successivamente nelle maglie onnicomprensive della Unione Europea, che nulla fece per dare completamento ai progetti europei di difesa
Nel frattempo, nel 1998, a Helsinki, su suggerimento americano, si ponevano le basi di quello che fu denominato il “Pilastro Europeo”, che tuttavia aveva due precondizioni da rispettare: primo che non si producessero “sdoppiamenti”; secondo, che detto “Pilastro” entrasse in funzione in stati di crisi prettamente regionali. In buona sostanza si affermava il principio che “l’Europa” (entità non chiaramente definita, che attualmente ha subìto l’ulteriore deturpazione causata dalla Brexit), potesse intervenire quando l’America non fosse interessata.
Nel frattempo gli americani, con decisioni di dubbia democrazia, distrussero la Serbia, invasero l’Iraq, bombardarono la Libia e la Siria, invasero l’Afghanistan. E quando non fu la Nato a impegnarsi, l’America propose che operassero “Willing Coalitions”, sorta di Alleanze “à la carte” a cui i “clientes” europei potessero associarsi, pena la marginalizzazione; pochi europei si sottrassero a tale attrattiva.
E l’Europa? Mai nessuna volontà espressa e nessun disegno autonomo significativo con il Pilastro Europeo assente persino nella crisi balcanica che, in linea di principio, era di sua specifica competenza. L’unica cosa che ha avuto una parvenza di europeo, fu la nascita dell’EUROCORPS, nel 1992, che ebbe un ruolo di affiancamento dei contingenti NATO in missioni di mantenimento della pace e fu anche presente in Bosnia nel 1998; ma la matrice di questa componente non era europea bensì franco tedesca e così si è mantenuta fino ad oggi tanto che al momento è responsabile anche della sicurezza del Parlamento europeo a Strasburgo; il che significa che è irrilevante.
D’altra parte come manifestare presenza se l’Europa persisteva nel non dotarsi dell’elemento fondamentale di politica estera di cui un esercito è strumento? Per non parlare di una necessaria politica economica unitaria per cui le nazioni la smettano di concorrere o farsi i dispetti. Viene quindi da chiedersi cosa manca all’Europa per costituire un efficiente e sostenibile Esercito Europeo.
Sgombrato il campo che il problema siano i soldi, di cui si potrebbe discutere all’infinito, dato che l’Europa spende globalmente 360 miliardi di euro, il che ammonta alla terza cifra al mondo, dopo USA e Cina, è ovvio che aumentare questo budget sarebbe utile ed efficiente, ma non risolverebbe i problemi strutturali che affliggono la Difesa europea. Ma pur con gli incrementi di denaro, l’Europa rimane carente dei fattori fondamentali che concorrono a configurare un sistema Difesa: Comando Operativo, Intelligence Unificato e Industria della Difesa. Se poi volessimo investigare il tema di “chi comanda”, il discorso potrebbe allargarsi senza soluzione: la Francia accetterebbe un comandante tedesco?
In tema di Comando disponibile, in grado di gestire unità combattenti per operare in un campo di battaglia complesso e moderno, esiste la vulgata semplicistica per cui sarebbe facile trasformare uno dei tanti Comandi Nato dislocati in Europa, “scaricando gli americani” e “colmando i posti resi vacanti”; questa soluzione è ridicola e non ha nessuna affidabilità o possibilità di funzionare.
Premesso che i Comandi Nato in Europa sono un risultato della politica imperiale dei vincitori americani e della loro brama di conquista dei territori degli sconfitti senza materialmente occuparli, chiunque abbia una ancorché piccola conoscenza dei comandi Nato, sa che i posti chiave sono assegnati agli americani in modo da costituire una fitta rete che prevede a giusta ragione inserimenti di altre nazionalità che, tuttavia, non pregiudicano in nessun modo l’operatività del comando stesso; in altre parole, e se per casualità venissero a mancare i “non americani”, l’operatività rimane, seppure modificata dalle assenze; l’inverso non accade: via gli americani il comando non esiste più.
Senza andare nel dettaglio va anche detto che “l’iter di incarico Nato” per gli americani (ma anche parzialmente per gli inglesi) viene sviluppato direttamente nella progressione di carriera; accade quindi che un capufficio americano, ha un bagaglio precedente nei gradi inferiori di “Ufficiale Addetto” e successivamente “Capo Sezione”, prima di divenire Capo Ufficio.
Da noi e in quasi tutti i paesi europei, è diverso, e l’incarico estero in un comando Nato è essenzialmente un premio per eccellenza di comportamento e bravura linguistica, ma rimane un singolo “sparo nel buio”. Esiste anche la possibilità che lo spostamento estero sia un espediente per liberare il campo da un possibile concorrente in incarichi pregiati nella sede del “Palazzo Romano”: ma questa non è certo una caratteristica del solo ambiente militare. In sostanza, gli ufficiali americani per decenni hanno sviluppato una “cultura” di comando operativo Nato; noi invece una semplice esperienza esaltante. Conclusione: non si può attingere a un comando Nato europeo nella speranza di assorbirne le competenze, non funzionerebbe!
Per passare agli altri elementi costitutivi fondamentali che marcano una Difesa Europea, servono una industria e una Intelligence unificati; dalla prima emana la possibilità di produrre gli armamenti necessari uguali per tutti, il che elimina dispersione di risorse e inagibilità dei canali logistici che non dovranno essere differenziati a seconda della nazione. Quanto all’Intelligence, essa opera per scambi “binari”, e potremmo dire commerciali: “io do una cosa a te e tu mi restituisci qualcosa che mi serve”. Per avviarci verso un senso comune di Difesa ci vuole un modo diverso di gestire le informazioni, proprie di uno Stato Unitario. Ma per avere ciò ci vuole tempo, oltre che denaro.
Naturalmente il tutto va cadenzato in relazione alla nazione che potrebbe assumere le funzioni attualmente detenute dall’America, il che tenderebbe a privilegiare la Gran Bretagna, oppure la Francia, che sono anche Potenze nucleari; comunque il problema di un Comando congiunto europeo resterebbe inattuato. Se ne potrà parlare tra decenni, forse.
Pur ragionando nel campo dell’assurdo l’Europa potrebbe raggiungere il pieno affrancamento dalla Nato quando potrà includere tra i suoi piani la sfida militare con l’America; ma per attuare ciò ci vorranno decenni e magari per quel tempo la Nato sarà scomparsa. Al momento c’è solo la Nato e occorrerà ancora servirsene se vorremo gestire le crisi mondiali; certo che se l’Europa acquisisse una più incisiva e unitaria capacità di incidere sulle decisioni americane, sarebbe meglio.
In conclusione, la Difesa Europea non esiste e non potrà esistere in termini operativi per lungo tempo; se ne può parlare, come è stato nel passato e vagheggiare miti e illusioni, il che è quello che da decenni hanno fatto francesi e inglesi. La Nato rimane l’unica in grado di sostenere un conflitto moderno che prevede morti e distruzioni; gli americani, per loro carattere, sono i più capaci a gestire le guerre; viaggiano con la pistola nel fodero e con sceriffi pronti a sparare; l’Europa non è nata per questo, non sa e non vuole farlo!
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!