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Nessuna nakba sembra svegliare il mondo

Nessuna nakba sembra svegliare il mondo

Tratto da: Adista Documenti n° 22 del 07/06/2025

Qui l'introduzione a questo testo. 

Assistiamo oggi ancora una volta alla catastrofe (nakba) data dalla morte di migliaia e migliaia di palestinesi quasi in silenzio, così come assistiamo alle tante tragedie omicide che ricoprono di sangue il nostro mondo. La cosa più grave è che siamo a conoscenza della barbarie commessa, perché i giornali ce ne danno notizia in maniera quasi contemporanea agli attentati e alle tante vittime. L'effetto di queste notizie non è quello di proteste e azioni immediate, ma di una specie di “voyeurismo”. Sembra che queste notizie ci intorpidiscano: ci accontentiamo di sentirle, come se il nostro interesse fosse appena quello di essere informati superficialmente sugli ultimi eventi nel mondo e andare avanti con le nostre vite. Sembra che non ci sia più spazio per il “cessate il fuoco” interiore, il fuoco del dominio e dell'odio che alberga nelle nostre viscere. (…).

Le bombe sterminano le persone, distruggono i loro campi, i loro animali, le loro espressioni artistiche, le loro credenze e i loro fragili sogni. Le bombe e le armi non pensano, sono semplicemente guidate da esseri pensanti che hanno perso il senso e il valore della vita. Per loro è un gioco proclamare vincitori e vinti. Si rallegrano quando uccidono, convinti di fare del bene a loro stessi e ai loro mandanti. Vivono il loro odio per la vita mascherato da diritti, pseudo-protezione, falsa giustizia e discorsi sull'amore divino. Apparentemente vincitori, sono inebriati dalle loro belle parole, ma privi di compassione e tenerezza. Offrono un futuro luminoso alle minoranze, mentre distruggono senza pietà il presente della maggioranza.

Sono stufa, spaventata e profondamente stordita dalla nostra impotenza nel fermare la guerra in Palestina e altrove. Oggi mi concentrerò sulla Palestina, in particolare sulla Striscia di Gaza. Le mie viscere arabe generano le mie parole e le mie lacrime fanno di me un'altra voce che continua a gridare nel deserto: prendetevi cura della vita, prendetevi cura della vita! Raddrizzate il cammino del diritto e della giustizia!

Molte foto portate alla luce ci impressionano. Un padre che piange sui resti del figlio morto adagiato sui suoi vestiti insanguinati, bambini che piangono per la fame, giovani con ferite immense sui loro corpi... Mancano riparo, cibo, acqua, medicine, scuola, ospedale, giocattoli. In guerra si fa di tutto per esaltare la sofferenza cosiddetta eroica e per continuare a uccidere la vita. Un sottile sadismo si diffonde sugli schermi televisivi, mescolato allo shock per la morte di persone innocenti. La nostra rabbia momentanea è semplicemente inefficace!

Le grandi nazioni tacciono. I loro interessi nascosti non vengono alla luce. Continuano a umiliare e ad allontanare dal loro cammino coloro che ostacolano i loro piani espansionistici, coloro che considerano inferiori nella folle corsa al dominio.

E noi, semplici cittadini del pianeta, cosa facciamo? Restiamo sordi, non udiamo le grida di aiuto di coloro che ogni giorno vengono minacciati, imbavagliati e feriti. Restavamo in silenzio, pensando alle nostre piccole vite e commentando di tanto in tanto la tristezza e il terrore delle guerre. Dopotutto, non sono i nostri figli e le nostre figlie, non è il nostro Paese, non è la nostra Chiesa, non è la nostra comunità, non è la nostra città. Forse possiamo informarci, tacere, dormire sonni tranquilli e ogni tanto depositare qualche moneta nelle casse della solidarietà internazionale. Cosa succederebbe se smettessimo di fare ciò che facciamo ogni giorno e uscissimo a gridare davanti ai consolati, alle fabbriche di armi, alle banche, alle istituzioni statali, alle chiese, alle grandi aziende? Cosa succederebbe se smettessimo di provare solo pena e di lamentarci di tanto in tanto per le morti e provocassimo un impatto maggiore non comprando ciò che ci vendono i grandi complici delle guerre, non lavorando per loro e soprattutto per i proprietari delle bombe sganciate sulla Striscia di Gaza? Sembra impossibile, sembra idiota, sembra folle a livello mondiale pensare in questo modo, ma forse da questa folle proposta possono nascere iniziative più efficaci e continuative.

Mi fanno male le viscere, ho la gola secca, l'angoscia si impadronisce di me. Dopo la morte di sei milioni di ebrei nel secolo scorso, non abbiamo ancora iniziato a piangere la nostra nuova stupidità... Lasciamo in eredità un altro massacro e molti altri massacri affinché il prossimo secolo pianga le nostre azioni, affinché più tardi si piangano i nostri morti davanti alle statue e ai monumenti che li ricordano. E poi produciamo documentari e romanzi che li ritraggono e la successiva produzione cinematografica nata dalle storie della nostra stessa distruzione. La distruzione della Palestina è la nostra distruzione, così come lo è la distruzione causata da tante guerre!

Sebbene sia peccatrice, non voglio peccare con il silenzio e l'inazione. Voglio urlare, urlare ancora e invitare tutta la popolazione a urlare. Voglio invitarci a compiere piccole e grandi azioni per risvegliare in noi la lotta per la dignità di ogni vita, per fermare i piani di distruzione di massa di un popolo e delle sue antiche tradizioni.

A chi appartiene la Terra? Non a chi la desidera solo per sé, per realizzare i propri progetti di grandezza (…).

A chi appartiene la Terra? A nessuno. La Terra è la Vita che si mantiene attraverso molte vite. Non vivrò abbastanza per veder realizzati alcuni sogni di giustizia. Ma voglio comunque scrivere come un grido, come una lacrima per tante vite che muoiono, vite che non hanno diritto al pane quotidiano e alle cure necessarie, vite che sono nate solo per morire in giovane età.

Di fronte all'inspiegabile e ingiustificabile brutalità della distruzione di Gaza e della Palestina, restiamo come addormentati, quasi inattivi, accettando la tragedia come destino, il terrore come pratica di dominio, l'odio come carburante per la conquista e la sopravvivenza. Cosa fare? Forse pensare e credere che ognuno di noi è un dio e che come divinità possiamo rendere nuove alcune cose, come divinità possiamo cambiare il corso degli eventi, possiamo piantare un albero, asciugare una lacrima, denunciare le molteplici violenze che ci affliggono. Dio in noi, Dio in molteplice azioni amorevoli in noi!

Facciamo discorsi su mondi inclusivi e interdipendenti, ma vediamo solo l'esclusione e la barbarie prendere il sopravvento su di noi. Abbiamo ucciso le nostre tradizioni etiche, non sappiamo più cosa significhi il rispetto per la vita o cosa fosse un tempo l'amore per il prossimo. Vogliamo solo salvare la nostra pelle, perché la pelle degli altri non sembra essere un nostro problema. L'amore è diventato una parola vuota di contenuto, un balbettio senza senso, un sospiro volgare alla ricerca di una concretezza utilitaristica. Abbiamo concentrato la nostra forza sui carri armati, sulle bombe e sui missili a lungo raggio. Ammiriamo il soldato che uccide e il comandante che ordina di uccidere. Viviamo l'obbedienza ai generali e ai grandi leader come una virtù suprema che merita il sacrificio della propria vita. (…).

Le belle parole e i canti sacri non bastano più a calmare l’angoscia e il sonno dei bambini spaventati dal rumore delle bombe. Le preghiere quotidiane, le promesse e le richieste a Dio non valgono nulla in confronto ai bisogni immediati dei bambini affamati, dei bambini morti, dei bambini vagabondi, dei bambini senza genitori e senza patria, dei bambini che non sanno più chi sono e che difficilmente saranno accolti.

Basta con le parole vane. Stracciamoci le vesti davanti alle case dei signori della guerra. Facciamo qualcosa per disturbare la loro pace. Denunciamo i loro omicidi quotidiani con le nostre voci e la nostra arte. Basta con le chiacchiere poetiche sul nuovo papa , sul vecchio papa, sul nuovo governatore, sul nuovo vice, sugli intrighi di palazzo. Basta parlare e non fare. Dobbiamo risvegliare la nostra lucidità assopita. Dobbiamo scendere in piazza, nelle tante strade del mondo. Dobbiamo smettere di comprare dai venditori dei Templi capitalisti e religiosi che guadagnano milioni dalle guerre. Dobbiamo dimostrare loro che non sono i proprietari della vita, che la Terra non appartiene esclusivamente a loro.

Sono angosciata, sono arrabbiata, piango come chi ha perso la strada per tornare a casa, come chi non ha più famiglia, amici, figli, nipoti, discendenti... Piango smarrita come quella bambina palestinese che gridava tra le macerie della sua terra, non sapendo chi l'avrebbe presa tra le braccia e avrebbe calmato i suoi singhiozzi di dolore e di abbandono.

Il mio lamento non è solo il grido soffocato della vecchiaia che vivo, la delusione per le nostre lotte e i nostri discorsi, ma è il grido congiunto di tante vite dentro di me, il grido della mia fede, il grido delle mie viscere che non vogliono tradire se stesse e le forze della vita che ancora le abitano.

Basta con tutte queste teologie, conclavi, elezioni, corsi e scuole su Dio e i suoi eletti. Facciamo uno sforzo e camminiamo insieme su più fronti. Resistiamo alle intemperie, alle tempeste nate dalle teste umane che ci tormentano in tutto il mondo, guidate dal demone che divide le menti e i cuori.

La distruzione della Palestina è importante. I bambini di Gaza sono importanti. I fiumi, il mare e le foreste di Gaza sono importanti. Il cielo stellato di Gaza è importante. I campi di frutta e fiori sono importanti. Gli artisti e i poeti di Gaza sono importanti. Smettiamo di costruire paradisi terrestri a uso esclusivo dei re e delle regine della terra. Corriamo ad aiutare coloro che sono caduti per strada, coloro che hanno perso i loro beni, coloro che sono stati feriti in molti ambiti della vita e costruiamo insieme qualcosa per cui valga la pena vivere.

Siamo tutti responsabili. Tutti, tutti, tutti sono chiamati. Nessuno è esente da questa responsabilità comune di salvare vite umane e salvare la Terra, il nostro corpo più grande.

La nostra lotta contro la nuova Nakba, la distruzione della Palestina, deve essere totale, globale e locale per eliminare questa avidità mortale che ci affligge e che non permette a noi mortali di contemplare i «gigli del campo» e di ringraziare la Vita che vuole sempre donarci i suoi frutti in abbondanza.

«Consolate, consolate il mio popolo». Parlate ai cuori di Gerusalemme, di Washington, di Parigi, di Londra, di Ottawa, di Buenos Aires, di Brasilia, di Baghdad, di Tokyo, di Pechino, del Cairo, del Congo… Parlate a tutti i popoli affinché trasformino le loro spade in aratri, affinché i semi germoglino, affinché i bambini cantino canti di gioia e gli alberi colorati fioriscano in primavera. Una giustizia tenera può essere più vicina se lasciamo che i nostri cuori ascoltino il grido degli oppressi, di coloro che sono nostra immagine e somiglianza, che muovono le nostre viscere e danno origine al nostro grido.

Una giustizia amorevole sarà più vicina se andremo insieme al banchetto in cui si mangia e si beve senza denaro, dove la fratellanza è reale perché possiamo dire in verità l'uno all'altro: «Eccomi»... «Questo pane è nostro ed è quotidiano». «Questa terra è il nostro corpo comune». Amen! 

*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza

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