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NELLA CHIESA IL CLIMA È SEMPRE PIÙ "PIATTO" E "STANCO". IL VESCOVO DI LIVORNO COMMENTA IL DOPO–VERONA

Tratto da: Adista Notizie n° 83 del 25/11/2006

33642. LIVORNO-ADISTA. Prosegue, sui media cattolici, il dibattito sul dopo Verona. E continuano ad emergere posizioni certamente non entusiastiche sull'esito dei lavori. L'ultima, in ordine di tempo, è quella espressa dal vescovo di Livorno, mons. Diego Coletti che, sull'inserto livornese La settimana del settimanale regionale ToscanaOggi (15/11), racconta aspettative, impressioni e delusioni del convegno ecclesiale appena concluso. "Quando vengono organizzati convegni di questo livello – premette mons. Coletti – l'impressione è che spesso si parta con una esagerata attesa di cambiamento e di nuovi processi per poi restare profondamente disillusi al ritorno". Questo perché i convegni "non sono i luoghi dove si elaborano in concreto le strategie di ricaduta e di programmazione"; piuttosto, occasioni in cui nella comunità cristiana nasce "una nuova capacità di discernimento, che però non ha sede nel convegno stesso ma nella pastorale che le Chiese locali andranno ad attuare una volta tornati a casa". Ma se il livello degli interventi dei gruppi di studio "era molto alto", ciò che ha un po' deluso – confessa il vescovo – "è che ci siamo accorti che oltre ad una ecclesia militans (chiesa militante) e ad una ecclesia triumphans (chiesa trionfante) esiste anche una ecclesia plaudens (chiesa che applaude) perché decine e decine di volte, in ogni discorso, di Tettamanzi, del papa, di Ruini, ecc., il relatore veniva interrotto dagli applausi, con una frequenza stucchevole". Una stoccatina va anche agli organi di informazione, colpevoli, secondo mons. Coletti, di aver focalizzato la loro attenzione prevalentemente su "piccoli aspetti del convegno, frasi di una relazione, di una sintesi", presentandoli "come se fossero stati gli unici, spesso insistendo su questioni di carattere politico–culturale forse per creare polemica e per andare in giro a raccogliere consensi e dissensi". D'altra parte, scrive mons. Coletti, parte della colpa di una lettura così parziale e incompleta del Convegno va anche alla gerarchia: se ai giornali sono spesso presi, più che dall'ansia di informare correttamente, "da quella di vendere il giornale o di fare audience (magari su precisi ordini dei propri superiori!)", anche "la Chiesa dovrebbe assumersi le proprie responsabilità di un'informazione corretta", evitando soprattutto di "parlare in ecclesiese".

Rispetto ai Convegni nazionali precedenti, quello di Verona è stato caratterizzato da "meno tensioni e polemiche interne alla comunità cristiana". "Questo – afferma mons. Coletti – da una parte è stato un vantaggio perché ci si è potuti scambiare pareri e riflessioni, nella legittima differenza di sensibilità e opinioni, però in una maniera più pacifica e ricca – in fondo si respira una forte voglia di comunione nella Chiesa e tra le Chiese negli ultimi anni – dall'altra però il clima mi è sembrato forse più piatto e più stanco, meno vivace". (valerio gigante)

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