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CHIESA ANGLICANA: COMINCIA ALLA SPICCIOLATA LO SCISMA DEI CONSERVATORI

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 06/01/2007

33689. NEW YORK-ADISTA. La Chiesa anglicana è arrivata al dunque: sulla questione dell'omosessualità e sul ruolo delle donne, la crepa tra progressisti - soprattutto americani - e conservatori è diventata ormai una ferita aperta che sta portando, come ampiamente previsto, allo scisma (v. Adista nn. 51, 73, 85/2006). Due delle maggiori parrocchie episcopaliane conservatrici della Virginia hanno infatti votato a stragrande maggioranza la rottura con la Chiesa episcopaliana e l'intenzione di unirsi ad altre comunità anglicane che, come loro, considerano un intollerabile lassismo l'atteggiamento di apertura nei confronti dell'omosessualità e delle donne dimostrato, ad esempio, con la nomina a vescovo del New Hampshire del gay V. Gene Robinson, nel 2003, e la nomina a presidente della Chiesa episcopaliana statunitense di una donna, Katharine Jefferts Schori.

Le due parrocchie - la Truro Church di Fairfax e la Falls Church dell'omonima città - hanno affermato di volersi porre sotto la guida dell'arcivescovo anglicano nigeriano Peter Akinola, rappresentante dell'ala più intransigente della Chiesa - ma anche della provincia più grande della Comunione anglicana, con i suoi 17 milioni di membri su 77 - che ha definito la crescente tolleranza nei confronti dei gay "un attacco satanico". Akinola intende dare vita ad una "federazione" di parrocchie che non si riconoscono più nella Chiesa anglicana, la "Congregazione degli anglicani del Nord America", ma poiché non è consentito dagli usi anglicani che un vescovo si occupi di un territorio che non ricade sotto la sua giurisdizione, Akinola ha cercato di trovare un éscamotage affiliando questa "congregazione" alla Chiesa nigeriana. L'Ufficio della Comunione anglicana di Londra, però, ha immediatamente preso posizione, affermando in un comunicato che tale Congregazione non aveva ricevuto "alcuno status ufficiale all'interno delle strutture della Comunione, né ha mostrato, l'arcivescovo di Canterbury, di appoggiare la sua istituzione".

"La nave episcopaliana è in avaria – ha detto il rettore della Falls Church, spiegando le ragioni del "taglio" con la Chiesa madre – perciò ci stiamo calando nelle svariate scialuppe di salvataggio. C'è quella della Bolivia, quella del Rwanda, ce n'è un'altra della Nigeria. Il loro desiderio è di aiutarci a costruire una nuova nave nel Nordamerica, a progettarla e a farla navigare".

L'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, dal canto suo, sta lottando per evitare lo scisma nella Comunione, tenendo a bada i conservatori agguerriti. E una posizione di mediazione è anche quella che sta portando avanti il vescovo della diocesi della Virginia Peter James Lee che, pur di trattenere all'interno della Chiesa le parrocchie dissidenti, ha fatto loro concessioni di rilievo, come la conservazione del loro posto nei consigli diocesani anche se avevano smesso di contribuire finanziariamente al bilancio diocesano in segno di protesta.

Nel frattempo, il "referendum" nelle otto parrocchie della Virginia che sono intenzionate a portare avanti la loro secessione sta procedendo. È necessario il 70% dei voti favorevoli per intraprendere tale passo; se tutte e otto voteranno a favore della separazione, la diocesi della Virginia, la più grande del Paese, perderà circa il 10% dei suoi 90.000 membri. È da prevedere, inoltre, che per le proprietà immobiliari delle due parrocchie già "separate" si scateneranno furibonde battaglie legali, dal momento che le sedi occupate dalle due comunità hanno valore complessivo di 27 milioni di dollari. Il fenomeno si sta già estendendo al resto del Paese. All'inizio di dicembre, l'intera diocesi di San Joaquin, in California, ha annunciato di volersi separare dalla Chiesa episcopaliana, decisione che verrà confermata l'anno prossimo con un secondo voto; altre sei diocesi degli Usa hanno comunicato di star valutando l'ipotesi. Il loro numero, tuttavia, pare destinato a salire. (l. e. )

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