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GIOCHI SPORCHI CONTRO CHÁVEZ. “MA L’IMPERO NON CI AFFONDERÀ”

Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 01/03/2008

DOC-1966. CARACAS-ADISTA. Da un lato, uno Stato sovrano che intende recuperare il controllo delle proprie risorse naturali, dall’altro una transnazionale che, per impedirglielo, non esita ad imboccare la via del ricatto giuridico. Lo Stato in questione è quello venezuelano del presidente Hugo Chávez, bestia nera dell’Impero a stelle e strisce, colpevole di aver alzato la testa e creato scompiglio nel tradizionale, e prima ben più ordinato, cortile di casa degli Stati Uniti. La transnazionale è la compagnia petrolifera statunitense Exxon Mobil, un giro d’affari superiore al Pil del Venezuela,  più volte oggetto di campagne di boicottaggio per la sua irresponsabile condotta in campo sociale e ambientale.

Lo scontro ha avuto inizio nel maggio dello scorso anno, quando Chávez ha proceduto a nazionalizzare i grandi depositi di idrocarburi nella fascia dell’Orinoco, recuperando il controllo delle partecipazioni di Exxon Mobil e di ConocoPhillips nei progetti della regione. Ed è proseguito a dicembre, quando la Exxon, respingendo l’offerta di indennizzo del governo venezuelano, si è rivolta al Ciadi, il Centro internazionale per la risoluzione delle controversie sugli investimenti (organismo dipendente dalla Banca Mondiale di cui il movimento altermondialista invoca a gran voce l’abolizione, considerandolo un tribunale illegittimo, non rappresentativo e al completo servizio degli interessi delle imprese). Ma ora, in attesa del verdetto di arbitrato internazionale del Ciadi, la Exxon ha pensato bene, in via cautelativa, di avviare le procedure per congelare 12 miliardi di dollari della società petrolifera venezuelana Pdvsa in vari Paesi del mondo, affermando di aver ottenuto il via libera da un tribunale britannico e da corti olandesi e delle Antille olandesi.

Un’azione di "terrorismo giudiziario", come ha commentato il ministro venezuelano dell'energia Rafael Ramirez: “Il processo di nazionalizzazione delle risorse naturali - ha affermato l’8 febbraio in una conferenza stampa a Caracas – rientra pienamente nell’esercizio della sovranità dello Stato. Riteniamo che qualsiasi controversia di questo genere sia di competenza unicamente dei tribunali venezuelani”. Ma la risposta del governo è andata oltre: se la guerra economica contro la Repubblica bolivariana andrà avanti, ha detto Chávez il 10 febbraio, il Paese taglierà l’invio di petrolio agli Stati Uniti. Per il presidente, infatti, non ci sono dubbi: la misura della Exxon farebbe parte di un piano per seminare scontento tra la popolazione in vista delle elezioni regionali previste alla fine del 2008. Un piano che includerebbe anche azioni di sabotaggio nel rifornimento di latte alla popolazione da parte di altre due transnazionali: la svizzera Nestlé e l’italiana Parmalat. “Esistono venezuelani – ha affermato Chávez – che vogliono che venga affondata la Pdvsa, ma non riusciranno ad affondare né questa, né il Venezuela, né la rivoluzione”.

Che la rivoluzione debba far fronte a nemici sempre più agguerriti, è chiaro anche solo seguendo l’informazione sul Venezuela trasmessa dai mezzi di comunicazione. Non fanno eccezione, ovviamente, quelli italiani, e tra questi, ovviamente, il quotidiano della Cei Avvenire, che, del resto, ha un motivo in più per avercela con Chávez, essendo, il presidente, in rapporti non proprio amichevoli con l’episcopato venezuelano. Così, di fronte all’ennesimo attacco sferrato contro il governo, il quotidiano - in un articolo del 13 febbraio, a firma di Giorgio Ferrari, dal titolo “Chávez alza la voce. Ma il problema è altrove” - preferisce porre l’accento non sul ricatto della transnazionale bensì sulla “minaccia” di Chávez di sospendere le forniture di petrolio agli Stati Uniti. Ed ecco allora che la nazionalizzazione diventa una “minaccia” che il “satrapo” Chavez, nel suo “turbolento regno”, “brandisce” contro le imprese per nascondere l’inflazione galoppante e i “vistosi malfunzionamenti della macchina statale”.

A pensarla in maniera completamente diversa da Avvenire è invece il gesuita venezuelano p. Numa Molina che, nell’articolo che qui di seguito riportiamo (in una nostra traduzione dallo spagnolo), lancia l’allarme sulla cecità mostrata da quei venezuelani che vorrebbero veder affondata la compagnia petrolifera nazionale e con essa la rivoluzione bolivariana promossa da Chávez. (claudia fanti)

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