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VENDERE LA PATRIA PER UN PIATTO DI LENTICCHIE

Tratto da: Adista Documenti n° 18 del 01/03/2008

Come venezuelano e come cristiano che ama questo Paese che Dio mi ha donato alla nascita, non posso che provare indignazione e pena per quanti fanno guerra al governo. È grave quando un cittadino o una cittadina scambia quello che è un tradimento alla patria con il legittimo ruolo dell’opposizione. È il simbolo chiarissimo del fatto che stiamo vivendo con nemici in casa: una cosa molto pericolosa per lo sviluppo e la stabilità di una nazione.

Ricordo la storia di quel ragazzo poco di buono di un quartiere periferico della nostra capitale. Suo padre era tassista e sua madre, a causa del suo cattivo stato di salute, non poteva lavorare. La famiglia, composta da 5 membri, si sosteneva con le entrate del taxi. Un giorno il ragazzo chiese a suo padre i soldi per un paio di scarpe di marca ed egli gli disse che non poteva comprarglieli perché c’erano altre priorità. Quella stessa notte, dopo che suo padre, tornato dal lavoro, parcheggiò il taxi davanti casa, il ragazzo gettò sul motore un liquido corrosivo e se ne andò a celebrare l’impresa con altri amici dalla testa vuota come la sua. Da quel giorno si scordò il frigorifero pieno e il pranzo sicuro, luce e telefono vennero tagliati in poco tempo e grande fu la rovina di quella famiglia. Quello che era di tutti per il sostentamento della famiglia lo aveva distrutto uno dei suoi membri.

Non mi stancherò di dire che ci troviamo di fronte ad una grave crisi di consapevolezza del bene pubblico, cioè di quello che è di tutti. Non esiste senso di appartenenza e questo fenomeno sembra manifestarsi in maniera più pericolosa tra le classi sociali alte. Oggi guardavamo i volti della gente delle periferie e degli afroamericani che gridavano slogan a favore della Pdvsa: erano i poveri, sempre riconoscenti. Questa maggioranza che ha finalmente potuto assaporare, grazie ai programmi sociali, una goccia di petrolio sgorgato dal nostro sottosuolo, mentre un’altra fascia della popolazione, per fortuna minoritaria, se la godeva.

Quando osservo questi comportamenti a partire dalla mia fede in Gesù di Nazareth, finisco per considerare che un atteggiamento di tale natura non è cristiano. Dove ci sono egoismo e vendetta, non può essere presente lo Spirito di Cristo risuscitato. Gesù è stato il primo ad opporsi ai poteri costituiti che opprimevano il suo popolo dall’esterno e dall’interno ed ha optato per gli esclusi. Egli amava la sua cultura e la sua terra. Quando tornò dal deserto pieno dello Spirito per prima cosa andò a visitare il suo popolo, anche se venne rifiutato. E un altro giorno esclamò: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Mt 23, 37): una reazione di dolore per un popolo sofferente, il suo popolo, di fronte ad una classe sociale che cercava di toglierlo di mezzo in qualunque modo, al punto da solidarizzare con l’Impero pur di non perdere i propri privilegi.

Purtroppo, questa immagine, che è la vera immagine del Gesù storico, l’uomo-Dio, è stata sostituita dai rappresentanti di alcune fasce della società venezuelana con quella di un Cristo fatto a loro misura che serva ad essi per giustificare i peccati più infami e al tempo stesso continuare a calmare la coscienza con una messa domenicale che invece di salvarli li condanna (1 Cor 11,27).

Oggi i mezzi di comunicazione sociale del Paese hanno fatto festa perché una transnazionale come la Exxon, con sede negli Stati Uniti, ha introdotto una misura cautelare contro la Pdvsa. Non si rendono conto, quanti commerciano con il dono divino della comunicazione, che con questa mancanza di rispetto per la verità stanno mancando di rispetto ai degni venezuelani che continuano ostinatamente a scommettere su questa terra? È la conferma di quanto ho indicato prima riguardo alla mancanza di senso del bene comune. Sono come il ragazzo dell’aneddoto, non rendendosi conto che quello che è pubblico è di tutti e che, quando un nemico esogeno mette in pericolo il nostro patrimonio, siamo in dovere di difenderlo non come partito ma come Paese, come una sola famiglia, se davvero ci riconosciamo venezuelani. Oggi c’è chi fa festa, ma domani piangeremo tutti la disgrazia, se continueremo a trattare il nostro patrimonio con questa mentalità indifferente e dannosa. Se continueremo a sospirare per i nostri interessi egoistici. Sarà pianto e dolore quando l’impero più assassino che abbia avuto l’umanità invaderà il nostro suolo come ha invaso tante nazioni di cui oggi restano solo macerie e morte. E, quel giorno, questa classe cieca e turpe non smetterà di civettare con l’impero e continuerà a dare la colpa a Chávez, non riconoscendo la propria responsabilità di aver agito contro quello che conquistarono con il sangue i nostri liberatori.

 

La misura adottata contro la Pdvsa

Il motivo di questa misura arbitraria contro la nostra impresa petrolifera ha a che vedere con la lotta intrapresa dal governo venezuelano per restituire alle nostre riserve il carattere di proprietà pubblica che in altri tempi era stato loro sottratto impunemente. È il conto chiesto da quanti non sopportano che il nostro Paese lotti oggi per la propria indipendenza economica.

Quanto è triste il ruolo dei mass media, quanto è deprimente il ruolo degli uomini e delle donne che si sono da tempo lasciati colonizzare l’anima dagli interessi statunitensi. A tali estremi arriva l’ignoranza, e pure la vergogna nei confronti di ciò che è nostro, che in alcune classi sociali lo stesso idioma castigliano è pronunciato con accento gringo, anglofonizzato, per rendere in qualche modo onore a quella cultura del Nord che, da un lungo periodo storico, viene saccheggiando le nostre risorse e le nostre menti. E tutto questo è avvenuto di fronte allo sguardo complice di quanti non hanno mai provato alcun amore per il Venezuela. Nel loro cuori c’è spazio solo per l’azienda, i profitti succulenti, le banche straniere e le proprietà negli Stati Uniti.

Sono sicurissimo che, pensando e parlando in questo modo dalla mia condizione di sacerdote cattolico, una parte di quanti mi conoscono mi darà del filo-chavista, del rivoluzionario, ecc., e mi escluderà dalla lista dei preti affidabili. Non mi preoccupa in nessun modo, perché molte donne e uomini di diverso colore e di diversa estrazione sociale continuano a dimostrarmi che essi sì sanno amare il Venezuela, ragione sufficiente per continuare ad avere speranza. Perché, se essere rivoluzionario significa difendere quello che è di tutti da un impero straniero, amare e proteggere le risorse naturali che Dio ci ha affidato, essere a favore della nazionalizzazione del nostro petrolio, allora sì, sono rivoluzionario.

D’altra parte, la mia condizione di cristiano non mi autorizza a restare indifferente di fronte a comportamenti tanto ingiusti, con i quali si sta offendendo Cristo nel volto del povero in cui egli assicurò che sarebbe stato presente. È per questa parte di umanità che ho optato il giorno che decisi di diventare sacerdote e a questa opzione voglio continuare ad essere fedele finché camminerò per questa terra.

 

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