MA “AVVENIRE” ALZA I TONI: UNA CONDANNA A MORTE CON PAPÀ BEPPINO IN VESTE DI BOIA
Tratto da: Adista Notizie n° 19 del 21/02/2009
34841. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. All'indomani della morte di Eluana Englaro, le parole della gerarchia cattolica, e della stampa che le riferiva, hanno registrato un cambio di tono: “assassinio”, “esecuzione”, “prima condanna a morte dell'età repubblicana” hanno lasciato il posto a “misericordia” e “preghiera” (v. notizia precedente). Con una significativa eccezione: il quotidiano della Cei Avvenire.
Appena diffusa la notizia della morte della donna, il sito www.avvenire.it ha messo online un titolo choc: “Eluana è morta: ‘giustizia’ è fatta”. “Lei non ce l'ha fatta. Non stavolta. Non ha sopportato la mancanza di cibo ed acqua, che le erano stati tolti quattro giorni fa: ha smesso di respirare e chiuso gli occhi”, si leggeva nell'articolo. Un'apertura così forte da attirare subito l'attenzione di agenzie e quotidiani, tanto da venire cambiata qualche ora dopo con un più neutro “Dio ora stringe la sua mano”.
Ma il colpo più violento Avvenire lo ha messo a segno la mattina successiva, il 10 febbraio, quando sull'edizione cartacea del giornale è stato pubblicato un editoriale violentissimo del vicedirettore Marco Tarquinio, dal titolo “'Non morta, ma uccisa”. Nell’articolo, Tarquinio chiede perdono “per ogni singola persona che ha contribuito a fermare il respiro e il cuore di una giovane donna che per mesi era stata ostinatamente raccontata, anzi sentenziata, come ‘già morta’ e che morta non era” e arriva addirittura a paragonare il padre di Eluana, Beppino Englaro, ad un “boia”. Bisogna chiedere perdono, scrive infatti Tarquinio, anche “ai nostri figli e alle nostre figlie”, che a partire da ora rinunceranno, “forse per paura e per sospetto, a ragionare della vita e della morte con chi gli è padre e madre e maestro e amico e gli potrebbe diventare testimone d’accusa e pubblico ministero e giudice e boia”, con una chiara allusione al ruolo di tutore e interprete delle volontà della figlia svolto dal padre.
Dichiarazioni così sopra le righe da venire riprese da Repubblica e da altri organi di stampa, e da spingere ad esigere una smentita da parte del direttore Dino Boffo (firmatario di un appello al presidente della Repubblica “per salvare la vita ad Eluana”, sottoscritto dal gotha della destra reazionaria cattolica e laica del Paese, tra cui Giancarlo Cesana, Vittorio Feltri, Luigi Amicone, Giuliano Ferrara, Rocco Buttiglione, Maurizio Gasparri, Gaetano Quagliariello, Carlo Casini, Roberto Formigoni, Francesco Cossiga). Richiesta rispedita al mittente. Intervistato da Sat2000, la tv satellitare della Cei, Boffo ha contestato che il suo giornale abbia chiamato “boia” il padre di Eluana: “Sfido chiunque a trovare sulle pagine di Avvenire e nei nostri articoli un simile accostamento. Non c’è mai stato. Immagino che si voglia in qualche modo intimidirci, che si voglia isolarci. Però è un’operazione che non riuscirà, perché noi sentiamo vicino il popolo della vita”.
Avvenire anche nei giorni successivi non ha allentato la campagna sul caso Englaro. Anzi, ha continuato a battere sul tasto del sospetto sulle reali condizioni di Eluana e sulle circostanze della sua morte, avvenuta “troppo in fretta” e forse - ha insinuato il quotidiano dei vescovi - accelerata per timore della legge che il Parlamento stava approvando a tappe forzate. E quando una giornalista della Rai a cui è stato permesso di vedere le reali condizioni di Eluana poco prima che morisse racconta che era “irriconoscibile rispetto alle foto che si vedono”, “completamente immobile”, con le orecchie lesionate “perché l'unica parte che non si poteva tutelare era questa”, Avvenire pubblica (11 febbraio) un'intervista alle suore di Lecco che la ricordano “bella” e chiedono: “Cosa possono averle fatto in soli 4 giorni per ridurla così?”. (a. s.)
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