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UNA BARRIERA DI CEMENTO E DI SILENZIO. PAX CHRISTI CONTRO IL “MURO DELL’APARTHEID” ISRAELIANO

Tratto da: Adista Notizie n° 25 del 07/03/2009

34883. ROMA-ADISTA. “A Betlemme, dal primo marzo 2004, c’è un muro di cemento che fa della città di Gesù una prigione. C’è però anche un altro muro che ferisce e devasta i cuori dei nostri fratelli di Terrasanta: è il muro di silenzio che sta scendendo sulla loro tragedia”. È anche per tentare di squarciare questo velo di reticenza e di omertà che la campagna di Pax Christi “Ponti e non Muri” (lanciata nel novembre 2004, v. Adista n. 81/04) ha promosso, lo scorso primo marzo - quinto anniversario della costruzione a Betlemme del muro di separazione voluto da Israele per dividere lo Stato dai Territori palestinesi - una “Giornata di sensibilizzazione e di preghiera contro il muro” che è stata celebrata in moltissime parrocchie, gruppi e comunità ecclesiali italiane, organizzando incontri di informazione sulla situazione nei Territori palestinesi, veglie di preghiera e dedicando parte della liturgia domenicale a questo tema, proprio mentre a Betlemme i partecipanti al pellegrinaggio di Pax Christi (dal 27 febbraio al 6 marzo) hanno percorso le vie della città.

“Sono passati cinque anni da quel giorno funesto, 61 anni dal giorno in cui sono stati distrutti e rasi al suolo 418 villaggi palestinesi, 41 dall’inizio dell’occupazione militare israeliana dei Territori palestinesi e poco più di due mesi dall’atroce e ingiustificata aggressione armata alla popolazione della Striscia di Gaza, già da quasi due anni stremata dall’embargo e dalla chiusura di Israele”, si legge nella presentazione della Giornata promossa da Pax Christi, insieme al Patriarcato Latino di Gerusalemme, alle parrocchie di Betlemme e ad alcune associazioni della società civile palestinese ed israeliana. “Sappiamo bene, anche se i media si ostinano a non rilevarlo, che questi eventi sono strettamente correlati e che potranno avere fine, una fine giusta e duratura, solo quando terminerà l’occupazione militare israeliana nel territorio palestinese; solo quando punizioni collettive, chiusure, arresti e uccisioni, colonie e checkpoint finiranno di rendere la vita impossibile a milioni di persone”.

“Più passa il tempo e più la situazione diventa tragica”, prosegue il testo della campagna “Ponti e non Muri”: “La vita nelle città-prigioni palestinesi è sempre più dura e la negazione dei più elementari diritti umani rende la vita di tre milioni e mezzo di persone letteralmente impossibile. Il muro sta continuando ad avanzare chiudendo nella sua morsa quei pochi passaggi che ancora davano un po’ di speranza e di luce. La terra è ferita e devastata da questo mostro di 730 chilometri”. Ma non c’è solo il muro di cemento armato. Esiste infatti anche “un altro muro che ferisce e devasta i cuori dei nostri fratelli di Terrasanta”, denuncia Pax Christi: “Il muro di silenzio”. “Non ci sono più voci che si alzano di fronte a questa ingiustizia clamorosa. Non possiamo restare in silenzio né di fronte agli uomini né di fronte a Dio. Vogliamo gridare con la nostra preghiera il nostro ‘no’ a questa violenza, perché non potrà creare che altra violenza”. Parole confermate anche dal vescovo di Campobasso, mons. Giancarlo Bregantini, di ritorno dalla Palestina, in uno dei testi diffusi dalla campagna “Ponti e non Muri”: ci sono “ragazzi palestinesi di Betlemme che non hanno mai potuto visitare Gerusalemme. Perché il muro, questo orribile e vergognoso muro costruito da Israele, loro non lo hanno mai potuto attraversare. Ragazzi di otto anni che non possono conoscere la loro terra a causa dell’occupazione militare! Ecco cosa c’è dietro a quel gesto terribile del lancio di razzi su quella stessa terra”, come è avvenuto nelle scorse settimane. Conclude Pax Christi: “Vogliamo gridare con la nostra preghiera il nostro ‘sì’ alla possibilità di continuare a vivere insieme su questa terra, abbattendo i muri di distruzione e costruendo ponti di condivisione”. (l. k.)

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