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La voce delle libere coscienze

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 78 del 11/07/2009

«Io sostengo la validità del nostro modello italiano di rapporto con le personalità pubbliche, un modello che, fino ad ora, lasciava la vita privata alla sua  privatezza, mentre la vita pubblica, vale a dire il dovere nei confronti degli elettori, o l’operato svolto in base alla carica  istituzionale ricoperta, andava giudicato con precisione, giustizia, competenza. Purtroppo si sta affermando il modello sassone che  contempla lo scandagliamento dei vizi delle persone, mettendoli in pubblico per un fariseismo assurdo. Il ragionamento che ci sta dietro è questo, è che siccome hanno questo vizio, allora non possono più governare. Io, come prete vorrei giudicare una persona per la sua vita cristiana, per i rapporti che ha con me, con la sua vita di fede. Se, invece, sto valutando la statura di un politico evito di scavare negli eventuali fanghi, le miserie umane, semmai  guardo il suo operato di governo, il bene che ha fatto per la collettività. Questo è sempre stato il modello italiano al quale sono abituato. Il modello americano ha ribaltato l’impostazione di giudizio. Se questa è la regola, allora, mi chiedo chi si può davvero salvare? Sono tutti così inattaccabili coloro che gridano allo scandalo?».

Sono parole di un vescovo italiano, e le riporto perché mi hanno fatto pensare. Fino a qualche tempo fa forse le avrei capite. Anch’io detesto il gossip, ho rispetto per la vita privata, so che tutti, cittadini e statisti, siamo peccatori e che abbiamo la tendenza a cercare le pagliuzze negli occhi degli altri dimenticando le travi nei nostri. Capisco anche che c’è una secolarità che sconsiglia i moralismi eccessivi… Anche un politico laico e di centrosinistra ha dichiarato: «Come il premier passa il suo tempo non dovrebbe essere di particolare interesse. Salvo che le occupazioni non abbiano un carattere sconvolgente da indurre a un giudizio morale. Credo che sia troppo presto per tirare un giudizio morale sul premier».

Capisco la cautela e il rispetto. Però è anche necessario ricordare che il bene comune è un patrimonio di idee e valori che vanno difesi. Bisogna avere il coraggio di dire la verità e di guardarla in faccia. Bisogna ritrovare la capacità di giudicare, la forza di sdegnarsi. Un altro politico ha detto, con molto equilibrio: «Il linguaggio triviale e il maschilismo becero che sono emersi ci dicono di un ethos pubblico che si è sfarinato. Non sono un moralista ma non pensavo che dovessi assistere al dominio dell’immoralismo».

Bisogna scegliere fra l’indifferenza e la passione civile. Che comunità politica siamo se non c’importa la qualità dell’esempio che i “grandi” offrono ai “piccoli”, se chi ha il potere ne può abusare impunemente?

Ha ragione Rocco D’Ambrosio, sacerdote e docente di filosofia politica, quando ricorda che «intorno a questi fatti si sviluppa una curiosità morbosa, che non fa bene ad alcuno: né a chi cerca di soddisfare il proprio desiderio di sapere; né a chi è protagonista di queste vicende. Ad ogni modo, al cittadino spetta il dovere della vigilanza sulla classe politica e della riprovazione morale. Atti che poi si concretizzano nel ritirare la fiducia, nel caso in cui quei fatti riprovevoli vengano accertati in modo inequivocabile». E conclude: «Condivido l’invito che ha rivolto il direttore di “Famiglia Cristiana” a tutti i vescovi italiani: occorre affrontare i problemi ed esprimere una valutazione chiara, alla luce del Vangelo. Non è un giudizio di condanna, ma un richiamo alla responsabilità che incombe su chi riveste una carica pubblica».

La passione civile! Credenti e non credenti hanno l’opportunità in questi giorni, e io credo anche il dovere, di gridare il loro sdegno morale per i comportamenti di personaggi politici (ed anche “grandi” dell’economia o dello spettacolo) che dissipano il patrimonio comune di tanti cittadini, famiglie, gruppi, comunità approfittando del proprio potere con prepotenza, esibizione di ricchezza, comportamenti scandalosi, bugie e impunità (abbiamo dimenticato le leggi ad personam o le speculazioni finanziarie?!).

Non per fare i moralisti, ma è un momento serissimo per la politica e la società. Le storie che si leggono sui giornali sono meschine, ma l’indifferenza e la complicità che le accompagnano rivelano una situazione drammatica dell’etica privata e pubblica, e dunque del Paese.

C’è una sottovalutazione del problema. Chi dirà qualcosa di alto e forte, adeguato? Ci vorrebbero davvero molti “cattolici adulti” (e ci ha turbato che qualcuno consideri insignificante questa espressione: forse perché evoca che quando eravamo bambini agivamo e obbedivamo come bambini, ma se siamo adulti dobbiamo parlare e giudicare in coscienza, come adulti maturi? San Paolo sarebbe d’accordo).

Ho pensato al tempo della occupazione nazista nell’Italia disfatta: nella tragedia si udì forse più la voce delle libere coscienze, dei ribelli e dei poeti, che quella delle istituzioni (civili e religiose). Ricordo Quasimodo: “Sei ancora quello della pietra e della fionda; uomo del mio tempo… Senza amore, senza Cristo”. O Ungaretti: “…un gemito d’agnelli si propaga smarrito per le strade esterrefatte… Cristo, pensoso palpito, perché la tua bontà si è tanto allontanata?”. Dolore, sdegno, invocazione. Anche oggi bussano alla nostra porta. O basta una mancia per le opere pie?

Solo gli uomini di coscienza e di buona volontà, credenti e non, possono ricostruire questo Paese nel quale ormai i cittadini parlano delle malefatte e delle volgarità dei propri capi non per condannarle, ma per soffermarsi sui dettagli, magari con invidia… Si vorrebbe che quanti si pongono come guide morali abbiano il coraggio di alzare la voce; con spirito di misericordia certo, ma anche con chiarezza e coraggio, passione civile e ansia per il bene della società.

È difficile, per non dire scandaloso, confrontare le parole pronunciate per Eluana o per Welby e i silenzi concessi per palazzo Grazioli e dintorni.

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