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Quattro consigli al PD (e non solo...)

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 113 del 07/11/2009

Stiamo camminando a piccoli passi verso la barbarie: lo scriveva qualche giorno fa Enzo Bianchi. E mi son chiesto se parlare di “piccoli passi” fosse un’interpretazione ottimistica, giacché molti dicono – e pare anche a me – che stiamo piuttosto rotolando verso l’abisso. Altro che piccoli passi!

E però mi è anche venuto da pensare che la coscienza di una caduta rovinosa potrebbe risvegliare le coscienze e potrebbe indurre a una qualche reazione positiva. Invece questo camminare a piccoli passi è forse ancora più grave. Il pericolo c’è, ma è dissimulato dalla apparente gradualità, la coscienza si addormenta nel terribile quotidiano, non si sente neppure la necessità di puntare i piedi, di resistere. La vita politica, il costume diffuso, il malfunzionamento di istituzioni e servizi: molte cose peggiorano, ma soprattutto l’ethos pubblico e privato. E non mi riferisco solo ai variegati scandali sessuali, ma anche al diffuso atteggiamento di indifferenza e di ostilità verso i poveri, i diversi, i deboli, gli sconfitti dalla vita. Ancor più: gli altri, tutti gli altri, se non ci servono ci sono indifferenti o nemici.

Sembra di assistere a un crollo generale, in cui ciascuno tende a restare immobile, sperando di non esser colpito (o il meno possibile) dai calcinacci, dal tetto o dai muri che vengono giù.

In questo contesto è sembrata un singolare segno controcorrente la notevole partecipazione alle “primarie” del Partito democratico. Tre milioni di persone hanno compiuto un gesto non banale. Non l’hanno fatto per guadagnare, ma semmai hanno speso un po’ di tempo e qualche euro. E alcuni hanno anche rischiato il compatimento di familiari e amici: “…e tu, dopo il caso Marrazzo, vai ancora a votarli…”.

In realtà questa vasta partecipazione e il risultato che ha prodotto costituiscono un forte segno di speranza. È una disponibilità, una generosità che esige una riposta adeguata. La politica può fare molto di buono, come può fare molto di cattivo!

Provo a indicare (per il Pd, ma anche per tutti i partiti e le forme di partecipazione politica e sociale) quattro cose necessarie e urgenti per rispondere alla fiducia dei cittadini e alle attese del paese, per invertire il cammino “verso la barbarie”:

1) la democrazia interna come stile e metodo. Come esige la Costituzione all’articolo 49, i partiti “devono concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Le primarie vanno bene, ma tutto dev’essere deciso in modo democratico, con una informazione adeguata, dibattito, trasparenza, controlli. E ricordando che il partito è al servizio della democrazia: deve informare la società, farla cosciente e partecipe, ascoltarla;

2) la scelta dei dirigenti fatta dagli iscritti e non viceversa. Deve esistere un chiaro patto associativo che lega i “soci” che costituiscono il partito, ne stabilisce diritti e doveri, e regole che consentano di scegliere e rinnovare una classe dirigente trasparente e competente. Non dei leaders che cercano una base elettorale, ma una base associata che sceglie i suoi dirigenti; i quali rispondono a chi li ha scelti di tutti i loro comportamenti, pubblici e privati, dalla trasparenza del reddito agli stili di vita;

3) l’obbiettivo, il “fine” non sia vincere, ma migliorare la società. Certo con le riforme, la buona amministrazione, i grandi progetti; ma anzitutto educando dei cittadini esemplari. Ricordo che Nando Fabro, indimenticabile direttore de Il Gallo, ogni volta che si parlava di rinnovamento e rifondazione dei partiti, diceva: “Io non desidero un partito che sia grande e potente; basterebbe anche un guscio di noce, che però sia capace davvero di far diventare migliori i suoi iscritti e, attraverso di loro tutta la”;

4) infine una scelta strategica nei confronti degli altri partiti e forze culturali e politiche che si muovono nella società: la scelta di considerare gli altri non nemici ma competitori e, insieme, alleati nella costruzione del bene comune. Noi abbiamo una visione settaria, barbara, della lotta politica. La vittoria di uno è la sconfitta dell’altro e non, invece, l’attribuzione di un mandato, una responsabilità di rappresentanza da gestire non contro ma assieme agli altri. Tutti i partiti sono una risorsa del sistema democratico. Che operino nel governo o all’opposizione, a livello nazionale o locale, comunque c’è una sostanziale solidarietà su obbiettivi e valori comuni, accanto alla competizione su modi, tempi e persone con cui promuoverli. Ognuno, ogni persona, ogni partito, può dare qualcosa alla costruzione della casa comune. E ciascuno deve cercare il consenso sulle cose positive che propone, non creare ostilità e paura contro l’avversario.

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