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INIZIATIVE E MESSAGGI DI SOLIDARIETÀ PER DON SANTORO. MA LA CURIA NON SI PIEGA. E NON SI SPIEGA

Tratto da: Adista Notizie n° 114 del 14/11/2009

35281. FIRENZE-ADISTA. “Sono con te in piena amicizia e preghiera. Ti sento più che mai un fratello molto caro. Non sei solo. Il tuo cuore è popolato da tutti quei volti che tu hai amato e servito. Hai sempre tenuto la mano ai poveri. Poiché sei un uomo libero, hai fatto paura ai responsabili dell’istituzione. Le persone di potere non amano coloro che sono liberi perché pericolosi. La prova che ti è imposta allargherà ancor più il tuo cuore e la tua libertà per condurti su altre rive. Passerai sopra l’ostacolo. Sono le pietre che fanno scorrere l’acqua dei torrenti, quelle stesse pietre che sono d’ostacolo all’acqua”. Così si è espresso mons. Jacques Gaillot, vescovo di Partenia (una diocesi fittizia in cui Gaillot è stato “confinato” dal Vaticano nel 1995, a causa del suo impegno a favore di immigrati, omosessuali ed emarginati), nel toccante messaggio inviato a don Alessandro Santoro, il parroco delle Piagge rimosso da mons. Giuseppe Betori per aver celebrato le nozze di Fortunato Talotta e Sandra Alvino, ex transessuale che ha visto già dal 1982 riconosciuto dallo stato italiano il proprio cambiamento di sesso, ma che la Chiesa fiorentina continua a considerare un uomo (v. Adista n. 111/09).

Oltre a quello di mons. Gaillot, moltissimi altri messaggi di solidarietà e stima sono arrivati alle Piagge da tante realtà ecclesiali di base e da tanta parte del mondo politico e dell’associazionismo fiorentino e non. Addirittura, la comunità delle Piagge ha lanciato una campagna via internet per raccogliere messaggi “di solidarietà o di indignazione” che in pochi giorni sono divenuti diverse centinaia. Alcune persone si sono limitate a scrivere un saluto, altri hanno aggiunto parole di sorpresa e sdegno nei confronti delle gerarchie, altri ancora hanno condotto analisi più articolate sulle ragioni politico-ecclesiali che hanno portato al provvedimento di rimozione di Santoro. Tutti si sono stretti intorno a don Alessandro ed al suo popolo.

Dal 3 novembre, inoltre, ha preso avvio anche un digiuno-staffetta in segno di protesta contro la decisione di mons. Betori. Organizzato da un’assemblea cittadina autoconvocatasi in piazza dei Ciompi subito dopo il decreto di rimozione per solidarizzare con la Comunità delle Piagge e contestare la decisione del vescovo, l’iniziativa si svolge in Piazza San Giovanni, davanti al portone della Curia. I digiunanti indossano una maglietta bianca con su scritto “Solidarietà alla Comunità delle Piagge e a don Alessandro Santoro” e distribuiscono volantini in italiano e inglese con le motivazioni di questa azione nonviolenta.

E le iniziative non si fermano qui: la comunità delle Piagge ha infatti anche scritto una lettera al papa in cui si chiede il suo intervento diretto affinché mons. Betori receda da “una decisione presa in modo arbitrario” e reintegri don Santoro nel suo ruolo di cappellano della Comunità delle Piagge; inoltre, la comunità chiede al papa di intercedere affinché mons. Betori si rechi al più presto alle Piagge: “Per conoscerci e capire chi siamo, e cosa abbiamo costruito, prima di applicare questa decisione”.

Ciononostante la Curia non è finora arretrata di un millimetro e il 1.mo novembre scorso è divenuto operativo il decreto che revoca al prete la nomina di cappellano delle Piagge, gli impone di non risiedere più all’interno del quartiere, addirittura lo rimuove dalle cariche sociali dell’associazione “Il Muretto” e delle cooperative “Il Pozzo” e “Il Cerro”, gli impone, infine, un periodo di riflessione e preghiera lontano dalla persone con le quali ha fatto nascere e vivere la comunità. Unica concessione, la possibilità di celebrare un’ultima eucarestia alle Piagge. Così, la mattina di domenica 1.mo novembre, tante, tantissime persone - oltre mille, assai più di quanto era possibile prevedere - sono arrivate da ogni parte di Firenze, ma anche da fuori città, per assistere alla celebrazione. Ad accoglierli, tavoli e banchetti per illustrare cos’è la Comunità delle Piagge, cosa ha fatto, cosa fa e cosa vuole continuare a fare.

Così, 15 anni esatti dopo che don Alessandro è arrivato a fare il prete in un quartiere dove non c’erano negozi, non c’erano né servizi, né una chiesa, ma solo alveari di condomini pieni di persone sconosciute le une alle altre (e proprio in una di queste case andò a stare anche a lui, e sul campanello scrisse “Alessandro Santoro, prete”), si è consumato l’ultimo atto del suo ministero pastorale. “Non si possono mettere dei limiti all’amore”, ha detto Santoro dall’altare. “L’amore, o è senza condizioni o non è”. Per questo, don Alessandro ha ribadito di non essersi affatto pentito di aver celebrato il matrimonio di Sandra; un gesto, ha sostenuto, che rifarebbe altre cento volte: perché “non si può dire no all’amore, perché questa è l’unica legge scritta nel Vangelo, l’unica a cui sento di dovere obbedienza assoluta”.

Per molti credenti fiorentini quello che si sta consumando in questi giorni è un nuovo caso Isolotto. Ma vedono anche preoccupanti analogie tra l’esilio imposto a don Alessandro con quello decretato dalla Curia fiorentina a don Lorenzo Milani.

Proprio per scongiurare la possibilità che, in un contesto di crescente disagio ecclesiale, la figura di Santoro diventi un simbolo, mons. Betori ha provveduto immediatamente a nominargli successore un prete dal profilo e dalla biografia inappuntabile, per evitare che l’opinione pubblica possa avere argomenti a sostegno dell’idea che la Curia intenda “normalizzare” la realtà delle Piagge. A succedere a don Alessandro è infatti don Renzo Rossi, prete 85enne che di don Milani fu compagno di seminario e intimo amico (e che fu, tra l’altro, destinatario di un intenso carteggio con il priore di Barbiana), per anni missionario nelle favelas e nelle carceri brasiliane. Nel rendere noto alla comunità delle Piagge la sua decisione, mons. Betori ha colto l’occasione per ribadire che “le nomine e i trasferimenti che riguardano le parrocchie e le altre realtà ecclesiali sono parte della responsabilità propria dell'arcivescovo, che decide dopo aver raccolto e valutato i necessari elementi di conoscenza delle singole situazioni. Appare chiaro che su queste decisioni non ci possono essere momenti precedenti, e ancor meno successivi, di confronto assembleare”. Nessun incontro chiarificatore, insomma.

Nonostante l’arrivo di don Rossi tenti di esorcizzare l’idea di un nuovo caso don Milani, la polemica sulle similitudini tra la vicenda di don Santoro e quella del priore di Barbiana ha avuto una certa risonanza anche sui giornali. E allora, si chiede Enzo Mazzi (che di Milani fu anche lui compagno di seminario) dalle pagine fiorentine di Repubblica (3/11), “non sarebbe meglio se si smettesse di sacrificare la profezia invece che riconoscerla dopo anni e a volte secoli di colpevole ritardo?”. (valerio gigante)

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