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DOV’È CRISTO IN UNA CHIESA TUTTA DIVIETI E PRECETTI? UN’ANALISI SULLA CURIA BOLOGNESE DI NOI SIAMO CHIESA

Tratto da: Adista Notizie n° 114 del 14/11/2009

35288. BOLOGNA-ADISTA. Sono anni che la Curia di Bologna si sta allontanando dalla ‘primavera ecclesiale’ iniziata con l’episcopato del card. Giacomo Lercaro, tanto che ormai la stagione conciliare felsinea è solo un ricordo. È un bilancio tutt’altro che positivo quello sulla Curia di Bologna - e in particolare sul card. Carlo Caffarra, alla guida della diocesi dal 2004 -, che il gruppo Noi Siamo Chiesa-Emilia Romagna ha tracciato in un documento diffuso nei giorni scorsi. Il processo di normalizzazione, secondo NsC, aveva già trovato nei due predecessori di Caffarra - il card. Antonio Poma e in particolar modo il card. Giacomo Biffi - efficaci propugnatori, ma con l’attuale arcivescovo la situazione è tutt’altro che migliorata, “tanto che - si legge nel documento - intendiamo evidenziare alcune ‘ferite’ nel corpo della nostra Chiesa con l’unico vero obiettivo di offrire il nostro contributo affinché la Chiesa di Bologna torni ad essere Chiesa dell’accoglienza e del dialogo”.

Innanzitutto, denunciano, “la vita ecclesiale non è più collegata, direttamente e principalmente, alla Parola di Dio”, ma “si attribuisce preminente importanza al magistero, rappresentato dagli atti della Curia romana, dal Catechismo, dal Codice di Diritto Canonico e dalle Note pastorali dell’arcivescovo”. “La liturgia è ingessata, la partecipazione (e la comprensione) da parte dei fedeli è passata in secondo o terzo piano: ciò che conta è il precetto, l’esserci, il mistero, il rito”. “L’accoglienza, cioè il riconoscere nel prossimo il volto di Cristo, è negata” e, prosegue il documento, “pesa il silenzio della nostra arcidiocesi sullo sciagurato Pacchetto Sicurezza che ha fatto dell’immigrazione clandestina un vero e proprio reato”. Profondo dispiacere, si legge ancora nel documento di Noi Siamo Chiesa, ha causato poi il recente episodio del rifiuto, opposto dal card. Caffarra, alla presenza nella parrocchia della Beverara del coro omosessuale Komos (v. Adista n. 93/09).

Anche l’allontanamento, nel settembre scorso, di p. Benito Fusco, religioso dei Servi di Maria, dall’eremo di Ronzano - per mano del capitolo provinciale dell’ordine (ma si suppone per pressioni della Curia bolognese) -, “riempie di amarezza”: “Abbiamo potuto toccare con mano il radicale attaccamento al Vangelo del nostro fratello Benito, fulgido esempio di faro dell’accoglienza per gli ultimi e gli emarginati della terra”. “Siamo sicuri che in via Altabella (dove ha sede la Curia di Bologna, ndr), purtroppo, qualcuno si starà rallegrando per il suo trasferimento a Budrio, conseguenza - tutte le altre spiegazioni sono fumo negli occhi - della propria adesione, insieme ad altri presbiteri italiani, al documento della rivista MicroMega sulla libertà di coscienza in materia di fine-vita” (v. Adista nn. 37, 86, 99, 105/09). “Per fortuna - continua Noi Siamo Chiesa-Emilia Romagna - abbiamo la certezza che padre Benito, nell’esilio di Budrio, non starà a pelare le patate. E meno male, soprattutto per il futuro della sequela di Cristo nell’arcidiocesi”.

Preoccupa anche la situazione delle donne all’interno della comunità ecclesiale. “Sia l’arcivescovo Biffi che il suo successore Caffarra – scrive infatti Nsc – sono contrari a che le donne servano all’altare. Quelle poche parrocchie che accettano le bambine dicono no, comunque, alle donne adulte”. “Purtroppo poi – proseguono – non mancano le comunità che ostacolano il servizio di lettura all’altare delle donne”.

Sarebbe un segno dei tempi, auspica il gruppo di Noi Siamo Chiesa, se nel clero bolognese si avviasse un sano confronto “sull’adesione radicale al Vangelo”. “Di questi temi chiediamo che si parli anche all’interno del consiglio pastorale diocesano e del consiglio presbiterale diocesano”. Consapevoli comunque del fatto – conclude il documento – che la Chiesa bolognese non si esaurisce certo nella sua Curia, ma che “sotto le Due Torri, operano parroci, religiose, religiosi, laiche e laici, capaci di mettere a disposizione del prossimo il loro tempo. Uomini e donne che sanno accogliere con amore chiunque ne abbia bisogno, senza giudicare la sua vita”. (ingrid colanicchia)

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