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UNA PROFEZIA NELLA VOCE DELL’UNIVERSO. UN’ALLEANZA TRA SCIENZA E FEDE PER SALVARE LA VITA SULLA TERRA

Tratto da: Adista Documenti n° 2 del 09/01/2010

DOC-2227. RECIFE-ADISTA. Sono sfide di enorme portata quelle che le nuove scienze, dalla cosmologia alla fisica quantistica, pongono alla teologia, in termini di comprensione della rivelazione biblica, della creazione e di Dio stesso. La sfida, in primo luogo, del superamento di quell’antropocentrismo così profondamente radicato nella tradizione giudaico-cristiana, verso una concezione biocentrica che vede ogni essere dell’universo dotato di una voce propria e di una propria autonomia, chiamando l’essere umano a fare la sua parte nella grande “comunità di vita”. Ma anche la sfida di una riformulazione della dottrina della creazione e della relazione tra Dio e il mondo, in cui la tradizionale distinzione tra Creatore e creatura lascia il posto alla visione panenteista del “Dio è in tutto” (diversa da quella panteista del “tutto è Dio”), un Dio incorporato all’universo, non più solo trascendente ma anche immanente. Sfide immani, dunque, di fronte alle quali – come è apparso chiaro già al Forum Mondiale di Teologia e Liberazione (Fmtl) del gennaio scorso a Belém – la teologia sta appena muovendo i primi timidi e incerti passi (era stato proprio il segretario esecutivo del Fmtl, Luiz Carlos Susin, a porre l’accento, a Belém, sul forte deficit epistemologico che ancora si registra su questo terreno, per via dell’incertezza sul “materiale con cui costruire il nostro discorso”; v. Adista n. 29/09). Ed è in questo quadro che il monaco benedettino e teologo della liberazione brasiliano Marcelo Barros, uno dei più disponibili a percorrere gli spazi ancora ben poco esplorati del nuovo ambito di ricerca, sottolinea la necessità di porsi in ascolto di ciò che ha da dirci il cosmo “riguardo alle nostre vite e al nostro destino”, dando “importanza alla profezia contenuta nella stessa voce dell’universo e dei nuovi processi scientifici” e cercando anche in essi “l’espressione di una saggezza che non contraddice, ma completa e corregge alcune delle rivelazioni proprie delle tradizioni religiose”.

Molto ha a che fare, tale saggezza, con la rivelazione dell’autonomia di tutti gli esseri dell’universo, e dell’universo stesso. Un’autonomia che è dato percepire - sottolinea Barros - anche nel racconto biblico della creazione, quando, a proposito degli elementi creati, si tralascia il soggetto Dio puntando sulla forma verbale impersonale “si faccia”, “sia fatto”. “È come se il creatore invitasse la creazione ad avvenire, ed essa si facesse. Potremmo dire: si fa da se stessa, dietro invito e sotto lo sguardo amoroso di chi la suscita”.

In un momento in cui ad essere in gioco è la sopravvivenza stessa dell’essere umano, tali rivelazioni, evidenzia il monaco benedettino, non sarebbero tuttavia di grande utilità se non servissero a “salvare il pianeta”, rimandando a una “dimensione della cura e della riverenza” e offrendo “nuove rivelazioni dell’amore che feconda l’universo”. Chi crede in Dio, conclude il teologo, “sa che avventurarsi in questo cammino significa lasciarsi condurre dallo Spirito che ‘soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va’”.

Di seguito, in una nostra traduzione dal portoghese, ampi stralci dell’intervento di Marcelo Barros. (claudia fanti)

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