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OPZIONE PER I POVERI, PURCHÉ LONTANI. ANCORA POLEMICHE SUL CARD. MARADIAGA

Tratto da: Adista Notizie n° 8 del 30/01/2010

35409. TEGUCIGALPA-ADISTA. A sentirlo parlare, sarebbe sul serio passato per un teologo della liberazione. È così che il teologo spagnolo Fernando Bermúdez López ha commentato (Redes Cristianas, 19/1) la conferenza che l’arcivescovo di Tegucigalpa, il “cardinale golpista” Andrés Rodríguez Maradiaga, ha tenuto ad Alicante, in Spagna, il 12 gennaio scorso, nell’ambito di un ciclo di conferenze su “la Chiesa cattolica e la lotta contro la povertà” organizzato dalla diocesi di Orihuela-Alicante. Nel suo intervento, Maradiaga si è scagliato contro il sistema neoliberista, definendolo ingiusto, disumano e immorale; ha evidenziato la responsabilità degli organismi finanziari internazionali nella crisi economica mondiale; si è schierato con decisione a favore dell’opzione preferenziale per i poveri. Impeccabile.

Pare però che tale opzione non valga per i poveri di casa sua (ai quali il governo di Manuel Zelaya e l’adesione del Paese all’Alba, tanto criticati dal cardinale, avevano portato indubbi benefici) e che il tanto aborrito sistema neoliberista, visto da vicino, non gli sembri così brutto come quando può parlarne in maniera astratta. Così, quando dal pubblico è arrivata la domanda sul suo appoggio al colpo di Stato in Honduras, il cardinale ha prontamente risposto, riferisce Bermúdez López, che non c’è stato “un colpo di Stato, ma una successione costituzionale”, avendo i militari operato per mandato della Corte Suprema di Giustizia. E che quella del golpe non è stata che una menzogna diffusa da Hugo Chávez, il quale stava utilizzando l’Honduras niente di meno che come ponte per il narcotraffico. Sarebbe stato il presidente venezuelano, ha assicurato Maradiaga, a convincere Zelaya – il quale avrebbe per di più saccheggiato le casse dello Stato - a cambiare la Costituzione “per restare altri venti anni” al potere. Nessuna parola, al solito, sulla repressione scatenata dalle forze armate contro gli oppositori al regime, sugli oltre 200 assassinii, i sequestri, le torture, le detenzioni illegali. In compenso, prima della conferenza, il cardinale non aveva mancato, in dichiarazioni rilasciate alla Efe, di rivolgere il suo solito invito alla riconciliazione (“un Paese diviso non può arrivare da nessuna parte”), lodando l’intenzione di Porfirio Lobo, il vincitore delle illegittime elezioni presidenziali del 29 novembre che si insedierà alla presidenza il 27 gennaio, di dar vita a un “governo di riconciliazione” composto da ministri di distinti partiti: “Credo – ha detto – che possa fare molto bene”.

Le parole pronunciate ad Alicante dal cardinale non sono passate inosservate in Honduras, dove Beatriz Valle, viceministra degli Esteri del governo Zelaya, ha inviato a Maradiaga una dura lettera, rispondendo punto per punto alle sue accuse. “Dovrebbe sapere – gli scrive – che gli ordini di cattura non si consegnano ai militari, giacché non è questa la loro funzione, e che l’irruzione in un appartamento non può avvenire prima delle sei di mattina, tanto per segnalare due sole delle aberrazioni giuridiche che hanno dato luogo a questo crimine di lesa umanità che lei pretende di ignorare e che tutti chiamano golpe”. In secondo luogo, “vorrei che chiarisse al mondo intero in che momento lei è venuto a conoscenza delle intenzioni del presidente Zelaya di rimanere al potere ‘altri venti anni’, giacché egli non ha mai espresso né pubblicamente né privatamente la volontà di estendere il suo mandato”. In terzo luogo, “mi inquieta tremendamente che lei, senza alcuna prova, proceda ad accusarci di aver saccheggiato le casse dello Stato. Se lei ha delle prove, dovrebbe presentarle. Il popolo honduregno ha, sì, le prove che lei ha ricevuto ‘donazioni’ da alcuni presidenti”. E conclude: “Mi sembra un’incongruenza imperdonabile criticare gli abusi che si commettono nel mondo intero e applaudire quelli dei propri amici e protettori nel Paese che lei dovrebbe difendere”.

Intanto, in Honduras, il nuovo anno è cominciato con una enorme marcia a Tegucigalpa promossa dal Fronte di Resistenza Popolare contro l’escalation repressiva, il progetto di una legge di amnistia per i generali golpisti e l’annunciato ritiro dell’Honduras dall’Alba, e a favore del ritorno dell’ordine costituzionale e della convocazione di un’Assemblea costituente democratica e popolare. “Si è aperta - scrive su Rebelión José Ramos Bosmediano, già segretario generale del Sutep (Sindacato Unitario di Lavoratori dell’Educazione del Perù) - una nuova tappa nella lotta del popolo honduregno”, in vista della definizione di una “nuova organizzazione del popolo come forza politica disposta a recuperare gli spazi democratici e tornare a governare il Paese”. Non si tratta più, cioè, di difendere un governo, “ma di conquistarne un altro, in nuove condizioni politiche e organizzative”. (claudia fanti)

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