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Oltre la legalità

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 22 del 13/03/2010

Che cos’è la politica? “Uscire tutti insieme dai problemi”, diceva a suo tempo don Lorenzo Milani. Un “insieme” che implica “a partire dagli ultimi”, altra espressione del priore di Barbiana; questa impresa presuppone una democrazia incentrata su un confronto costruttivo e, quando possibile, su un accordo fra le proposte concrete che pretendono di concretizzare i diversi pensieri che guidano la vita degli esseri umani.

Quando viene meno il principio della ricerca del “bene comune” si assiste all’eclissi dell’idealità e al trionfo della corruzione: tramonta lo spirito del servizio e viene sostituito dalla ricerca a tutti i costi dell’interesse proprio o di partito. Ciò è reso possibile anche dalla crisi dell’esercizio del potere legislativo e regolamentare dei rappresentanti del popolo in un mondo globalizzato dove pochissimi magnati determinano il futuro del pianeta. Se non vanno in Parlamento o in altra assise elettiva per affrontare e possibilmente contribuire a risolvere i reali problemi della storia, i pochi ricchi che si possono ancora permettere le spese di una campagna elettorale possono facilmente cadere in tentazione: come resistere alle scandalose prebende e ai privilegi che attendono la casta degli eletti, alle garanzie dell’impunità in cause private, al proprio seggio nei salotti buoni delle strapagate star delle televisioni pubbliche e private?

È certamente il momento di un vero e proprio “ripristino della legalità”: l’enfasi del potere di chi riceve il voto popolare spalanca pericolose porte a chi può cambiare le leggi a colpi di maggioranza e di conseguenza rendere legale ciò che prima non lo era. È vero che la nostra Costituzione prevede degli efficaci ancorché dileggiati organismi di controllo; tuttavia anch’essi possono soggiacere al pericolo di una riforma antidemocratica paradossalmente attuata da chi è stato democraticamente eletto.

E non si tratta soltanto di questo, ma anche di individuare percorsi di autentica “moralità”, intendendo con ciò la possibilità di costruire una convivenza civile a partire dall’accordo fra le differenti idealità che si confrontano ogni giorno nell’agire sociale. La vera dimensione del confronto è quella culturale, fortemente penalizzata dalla polarizzazione che ha di fatto soffocato la rappresentanza dei gruppi minoritari.

Questo punto di vista implica la partecipazione di tutti, il granello che fa saltare il gigantesco ingranaggio è la testimonianza personale, la riscoperta delle straordinarie potenzialità rivoluzionarie della “base”. La pacifica e nonviolenta battaglia contro la corruzione sarà vinta da chi si impegnerà a costruire nel proprio quotidiano una cultura della moralità.

Troppo semplice? Forse, ma certamente non saranno i periodici stracciamenti di vesti né gli antichi nemici divenuti vincitori a cambiare un malvezzo che rende il nostro meraviglioso Paese lo zimbello d’Europa. Soltanto tutti insieme, ciascuno facendo la propria parte, si potrà uscire fuori dai problemi attuali; la democrazia o sarà partecipativa o non sarà.

 

prete di Gorizia, attualmente consigliere comunale

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