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Terzigno e dintorni Una nuova generazione di cittadini chiede salute e dignità

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 87 del 13/11/2010

A provocare le rivolte popolari di queste settimane è stato un ciclo dei rifiuti sbagliato e basato su due tecnologie estreme, gestite con disprezzo delle norme sanitarie, ambientali e di sicurezza: le discariche e gli inceneritori. Le discariche, proibite dalla normativa comunitaria, sono state allocate in aree vietate, dentro il parco nazionale del Vesuvio. L’inceneritore di Acerra funziona male, lavora massimo 500 t/g di rifiuti contro le 1600 previste. Anche a stare alle dichiarazioni dell’Ad di Partenope Ambiente (Tg1, 27/09), Antonio Bonomo, l’inceneritore di Acerra ha bruciato mediamente 721 t/g di rifiuti in 550 giorni, circa il 45% del suo potenziale! Si è scoperto che appena dopo un anno è già crepato e il Cdr (combustibile da rifiuti), che dovrebbe essere bruciato in Campania, non si produce. I 7 impianti Stir (Stabilimenti di Tritovagliatura e Imballaggio dei Rifiuti) esistenti triturano il rifiuto tal quale (le ecoballe) anziché differenziarli.  Raffaele del Giudice, direttore di Legambiente Campania ha dichiarato che “l’inceneritore di Acerra è la più grande bugia di Stato in Campania, un rosario di debiti e un fallimento industriale”. A Terzigno è emersa l’incapacità e inaffidabilità di un’intera classe politica e imprenditoriale (dal “rinascimento napoletano” di Bassolino al “miracolo napoletano” di Berlusconi) e che la questione dei rifiuti non è un fatto tecnico, ma un business per un ristretto gruppo economico, deciso (con il sostegno dell’aiuto pubblico e dei gruppi editoriali) a realizzare in Italia gli inceneritori. La città di Londra, che produce ogni giorno il triplo dei rifiuti prodotti in tutta la Campania, non ha alcun problema e utilizza tecnologia e ditte italiane ed ha addirittura deciso di far riaprire le discariche di 150 anni fa per recuperare oggetti di antiquariato e restituire il vecchio sito all’attività agricola.

In Campania, invece, lo Stato ha deciso per le nuove discariche. L’unico risultato visibile di questa vicenda – nella quale è ormai chiaro che l’emergenza rifiuti non è mai finita – è l’altra faccia della politica, quella del clientelismo praticato dall’intera classe politica campana: migliaia di lavoratori ‘socialmente utili’, assunti nei consorzi obbligatori per la gestione dei servizi di igiene urbana. In Italia esiste 1 operatore ecologico per ogni 1.000 abitanti, in Campania 7. Personale che di fatto non lavora, ma che deve però essere retribuito.

“Purtroppo la situazione campana è andata peggiorando nel silenzio più totale dei cittadini, dei media e della Chiesa”, sostiene p. Alex Zanotelli. Eppure, i numerosi comitati, associazioni e coordinamenti in questo anno e mezzo hanno fatto proposte, oltre che proteste: hanno denunciato il cattivo funzionamento dell’inceneritore di Acerra, la pessima gestione delle discariche, l’incapacità dei sindaci nella raccolta differenziata (Napoli è al 17%), delle Province a controllare il territorio, della Regione a bonificare. Hanno denunciato alla magistratura anche il fermo dei lavori per il completamento degli impianti di compostaggio (9 impianti i cui lavori dovevano terminare già nel 2008) e il fatto che i Comuni sono costretti a portare la frazione umida dei rifiuti altrove con costi insostenibili. Hanno proposto agli industriali e alle istituzioni piani per realizzare una filiera dei rifiuti che creerebbe ricchezza e consentirebbe di assorbire buona parte di quei lavoratori inoccupati nei consorzi e, domani, nelle “società uniche provinciali”, previste da una legge inapplicabile (la n. 26 del 2010) e punitiva solo per chi fa il proprio dovere, come nel caso dell’ing. Vincenzo Cenname, ex sindaco di Camigliano – Comune virtuoso e che aveva raggiunto e superato il 60% nella raccolta differenziata – dimesso con un fulmineo provvedimento del governo. Ma ancora una volta la società civile è rimasta oscurata e inascoltata e oggi il governo rilancia come soluzione per la Campania la costruzione di altri 3 inceneritori (Napoli Est, Salerno e Caserta), indifferente alla politica del recupero delle risorse, all’ambiente, alla salute e al buon senso. Basti guardarsi intorno in Europa per capire che le scelte governative esprimono solidi interessi di parte sostenuti dal denaro pubblico (ieri Cip6, oggi certificati verdi). Tutta la questione ruota, invece, attorno alla frazione umida dei rifiuti che, in questi anni, è stata sempre utilizzata come testa di ariete per generare lo scontro e il consenso sociale, allo scopo di far accettare dai cittadini inermi scelte tecnologiche sconsiderate pur di togliere di mezzo i rifiuti sotto casa. Terzigno, in fondo, ci dice anche un’altra verità: che in Campania è nata una nuova generazione di cittadini consapevoli, che sembra aver preso in mano il proprio destino.

* Legambiente Campania

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