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“FIAT” CRUX. DALLA BASE CATTOLICA PERPLESSITÀ E CRITICHE

Tratto da: Adista Notizie n° 5 del 29/01/2011

35957. ROMA-ADISTA. In merito al senso ed ai contenuti dell’accordo sindacale su Fiat Mirafiori e al referendum cui sono stati chiamati ad esprimersi i lavoratori dello stabilimento torinese (v. notizia precedente), sulla strategia dell’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, e – più in generale – sul futuro dei diritti sindacali e dell’occupazione nel nostro Paese anche i movimenti ecclesiali e la base cattolica si sono lungamente interrogati.

 

Acli e Ac: ora si garantisca la rappresentanza

«Salvaguardare gli investimenti» – ha affermato la presidenza nazionale delle Acli, in un comunicato stampa diffuso a ridosso del voto – resta la decisione da privilegiare, anche se dolorosa, in questo momento di crisi nel comparto industriale italiano. Ma sarebbe intollerabile «che la produttività e la competitività dei propri stabilimenti» fosse «assicurata semplicemente estromettendo pezzi di rappresentanza dei lavoratori dalla vita aziendale»: «Serve maggiore partecipazione dei lavoratori alle scelte e al destino delle imprese. L’antagonismo sociale non può essere il metro esclusivo delle relazioni industriali. Un modello obsoleto che va superato». Le Acli sembrano esprimere sostanziale adesione – ma non senza riserve – al progetto di Marchionne, invitandolo però ad una chiara assunzione di responsabilità. La domanda di sacrifici al mondo del lavoro – per quanto legittima – deve, infatti, essere controbilanciata da «adeguati processi di partecipazione», «dentro un quadro di nuova democrazia economica che promuova la partecipazione dei lavoratori alle scelte e al destino delle imprese. Gli stessi referendum senza questi presupposti rischiano di diventare vuote formulazioni rituali».

È ben alta la posta in gioco a Mirafiori, ha dichiarato, il 17 gennaio scorso, all’agenzia Sir, Cristiano Nervegna (segretario nazionale del Movimento dei Lavoratori dell’Azione Cattolica). In primo luogo, ha chiarito, la dottrina sociale della Chiesa ricorda che «la promozione della dignità del lavoro è precondizione, non ostacolo, per un efficiente sistema produttivo». Cruciale poi, per la definizione di equilibrate relazioni industriali, l’unità dei sindacati e un chiaro indirizzo definito dalla politica nazionale, fino ad oggi «incapace di progettare ed attuare una credibile azione di governo in termini di politiche industriali e di sviluppo». «È urgente – conclude il segretario del Mlac – tornare a considerare i lavoratori come soggetti del processo produttivo e non presentarli, come è accaduto strumentalmente in questa vicenda, soltanto come un problema su cui far ricadere le responsabilità di tutti».

 

CdB: un sordido ricatto

Di «sordido ricatto imposto ai lavoratori e ai sindacati dalla globalizzazione liberista sposata dalla maggior parte dell’imprenditoria, della politica e anche della religione di Chiesa» avevano parlato, a ridosso del voto, le Comunità Cristiane di Base Italiane (www.cdbitalia.it).

«La nuova regola del vivere civile che si sta imponendo nel mondo intero a tutti i livelli a seguito delle grandi trasformazioni tecnologiche, informatiche, culturali, è la guerra di tutti contro tutti, chiamata eufemisticamente competizione mondiale. I “Signori” dell’economia mondiale fomentano tale competizione e la usano per imporre un appiattimento al ribasso delle condizioni del lavoro, realizzando delocalizzazioni, diminuendo i salari, restringendo i diritti e le condizioni di lavoro, dividendo i sindacati fino allo stravolgimento delle rappresentanze». Una «deriva antidemocratica» che le CdB «vivono con profonda sofferenza».

 

Preti operai: quel “sì” è stato estorto

In merito alla questione Mirafiori, Adista ha chiesto un parere ad alcuni preti che hanno svolto il loro ministero lavorando accanto agli operai nelle fabbriche. «Lo schifo più grande – ha detto il 19 gennaio scorso Roberto Fiorini, direttore della rivista Pretioperai – è far passare per democrazia, per libera scelta, addirittura come “massimo della democrazia” (Schifani) la consultazione di base, quella che un cervello sano, con un minimo di onestà intellettuale, non può valutare che come intollerabile costrizione: se voti sì avrai il lavoro, altrimenti la fabbrica chiude. Molti lavoratori si sono espressi contro la loro intima convinzione. La situazione alla quale i lavoratori sono stati sottoposti corrisponde a quello che, in termini psichiatrici, si chiama doppio legame». E ha chiarito: «Da un lato il potere dichiara la libertà di scelta e, dall’altro, impone, con la minaccia della perdita del lavoro, di conformarsi alla sua volontà. Un rapporto squilibrato di potere, che induce una situazione di dipendenza e sofferenza, qualunque sia la scelta. Un modello autoritario che si vuole fare passare per democrazia». Per contro, ha riferito ancora alla nostra agenzia, il plebiscito che tutti si aspettavano non è arrivato, testimonianza di «una forte resistenza, nonostante le pressioni esercitate come un fuoco concentrico. Compresa quella irresponsabile e fuori luogo di Berlusconi sull’opportunità di dirottare gli investimenti all’estero, in caso di affermazione del no, dimenticando che per decenni la Fiat è stata foraggiata con denaro pubblico».

Della stessa opinione Giovanni Bruno, prete operaio in pensione: «Purtroppo le ragioni della produzione e del profitto dettano le regole del lavoro e della convivenza umana», ha dichiarato Bruno ad Adista. «Meno male che il 46% dei lavoratori ha saputo opporre un netto rifiuto alle proposte di Marchionne. La resistenza degli operai della Fiat potrebbe trasformarsi in una sferzata benefica per il mondo del lavoro e per tutta la sinistra». Ciò che più ha deluso nella vicenda del referendum a Mirafiori è stato lo scarso «contributo di solidarietà e denuncia profetica della gerarchia cattolica e del mondo cattolico, attratti sicuramente da ben altri temi».

«O mangi questa minestra o salti la finestra», è la sintesi dell’accordo fatta da Mario Signorelli, prete (falegname e intarsiatore) di Bergamo. «Se io vado ad una trattativa ed ho già le soluzioni da imporre – ha spiegato alla nostra agenzia – questa non è trattativa. È un ricatto bello e buono. In questa storia hanno perso tutti. I sì hanno perso spazi di libertà, cedendo alla paura di perdere il lavoro. I no hanno avuto il coraggio di non accettare il ricatto, ma nello stesso tempo ora non hanno più diritti di rappresentanza sindacale. L’unico che ha vinto è stato Marchionne e questo significa che stiamo perdendo tutti i diritti acquisiti con le lotte operaie degli anni sessanta-settanta. Tutto questo con il tacito assenso della politica, sempre schierata dalla parte dei poteri forti. La paura fa ingoiare i rospi, causando la divisione dei lavoratori, lasciando spazio al divide et impera». (giampaolo petrucci)

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