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MONTI SALVA LA “CASTA” SACERDOTALE DALLA RIFORMA DELLE PENSIONI

Tratto da: Adista Notizie n° 3 del 28/01/2012

36499. ROMA-ADISTA. Sacerdoti e ministri di culto hanno goduto per anni di un regime previdenziale privilegiato e continueranno a goderne. Il decreto “Salva Italia” del governo Monti (convertito nella legge n. 214/2011), che ha ampiamente messo mano al sistema pensionistico, non ha infatti minimamente modificato il Fondo di previdenza per il Clero.

Il Fondo riguarda sacerdoti secolari e ministri di culto delle confessioni diverse dalla religione cattolica, purché in possesso della cittadinanza italiana, della residenza in Italia e dello status di sacerdote ed è finanziato dai contributi versati dai diretti interessati e dallo Stato. L’ultima riforma che lo ha interessato risale alla legge 488 del 1999 che stabiliva, a decorrere dal 1° gennaio 2003, l’innalzamento dell’età minima per la pensione di vecchiaia da 65 a 68 anni. Il provvedimento confermava però l’età anagrafica di 65 anni per quei soggetti che possano far valere un’anzianità contributiva pari o superiore ai 40 anni. Qui le prime disparità di trattamento.

È vero che l’età minima per la pensione di vecchiaia è stata, a partire dal 2003, più alta per sacerdoti e ministri di culto: un gap che si andrà colmando considerato che la legge n. 214/11 stabilisce l’innalzamento graduale – e adeguato alla speranza di vita – dell’età necessaria per percepire la pensione di vecchiaia. Ma è anche vero che dal 1° gennaio 2012 i lavoratori che maturano i requisiti possono accedere alla pensione anticipata ad età inferiori ai requisiti anagrafici stabiliti per la pensione di vecchiaia, e comunque a partire dai 62 anni di età, solo se hanno una anzianità contributiva pari a 42 anni e 1 mese per gli uomini; 41 anni e 1 mese per le donne (i requisiti sono ulteriormente aumentati di un mese, negli anni 2013 e 2014, oltre a subire l’adeguamento alla speranza di vita). Ben più dunque dei 40 anni di anzianità contributiva sufficienti per i sacerdoti. Inoltre, chi, pur avendo maturato i requisiti, decida di andare in pensione di anzianità prima dei 62 anni di età subirà un decurtamento dell’1% per i primi due anni di anticipo e del 2% per ogni anno in più.

La legge 488 del 1999 stabiliva inoltre per il clero, a partire dal 1° gennaio 2000, l’innalzamento del requisito contributivo minimo richiesto ai fini della pensione di vecchiaia, elevandolo da 10 a 20 anni di contribuzione effettiva ed equiparandolo quindi alle altre categorie di lavoratori (per i quali l’innalzamento graduale del requisito minimo, da 15 a 20 anni, era stato già stabilito quasi 10 anni prima  dal D. Lgv. 503/92, ed era diventato effettivo per tutti a partire dal 1° gennaio 2001). Un aumento fissato in ragione di un anno ogni 18 mesi: in questo mese di gennaio è scattato il penultimo gradino di aumento (da 18 a 19 anni), il prossimo, nonché ultimo step, sarà tra un anno e mezzo, quindi solo a partire dal luglio del 2013 per sacerdoti e ministri di culto sarà necessario aver versato 20 anni di contributi per poter accedere alla pensione di vecchiaia. (ingrid colanicchia)

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