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CENSURA E LIBERAZIONE. CASA EDITRICE DI CL RESPINGE IL SAGGIO DELLO STORICO CHE CRITICA PIO XII

Tratto da: Adista Notizie n° 16 del 27/04/2013

37136. MILANO-ADISTA. Proibito avanzare dubbi sulla condotta di Pio XII nei confronti della Soluzione finale contro gli ebrei messa in atto dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Chi lo fa, anche se si tratta di un autorevole studioso, viene censurato. È accaduto a Gabriele Nissim, saggista storico di origine ebraica, autore di numerosi volumi sui totalitarismi, presidente del comitato per la Foresta dei Giusti, associazione che ricerca in nel mondo i “giusti” di tutti i genocidi (www.gariwo.net).
Allo studioso, La Casa di Matriona (casa editrice dell’associazione Russia Cristiana) e Itaca edizioni (casa editrice espressione di Comunione e Liberazione) avevano chiesto di introdurre una riedizione del volume di Václav Havel Il potere dei senza potere. Nissim scrive una lunga prefazione, la consegna all’editore che però, dopo averla letta, chiede all’autore: «Bisogna cancellare quelle righe su Pio XII. Possono costituire un’offesa al papa ed urtare la sensibilità dei lettori». Nissim rifiuta il diktat: «Sono disposto a dialogare con tutti, Comunione e Liberazione inclusa, ma non sono disposto ad accettare nessun tipo di censura». Allora l’intera prefazione viene gettata nel cestino. Il volume uscirà senza il contributo di Nissim, sostituito da una prefazione di Marta Cartabia, docente di Diritto costituzionale all’Università di Milano-Bicocca e dal 2011 giudice costituzionale nominata da Giorgio Napolitano. La sintesi è facile: censura.
Ma cosa c’era scritto di così «offensivo» nella prefazione di Nissim? Nulla, se non qualche interrogativo sul comportamento di papa Pacelli – di cui Ratzinger, nel dicembre 2009, ha riconosciuto le «virtù eroiche», primo passo verso la beatificazione (v. Adista n. 1/10) – in merito allo sterminio degli ebrei (peraltro numerosi storici, come Giovanni Miccoli, ma anche diversi settori del mondo cattolico da anni rilevano e documentano i «silenzi» di Pio XII sulla Shoah: v. Adista nn. 52/96, 26/98, 77/99, 82/00, 54/02, 3 e 4/05, 71/08 e 17/10).
«Come comportarsi in una situazione senza speranza, dove il corso della storia è in mano a delle forze che calpestano i diritti umani e dove chi resiste non ha nessuna possibilità nel breve termine di vincere la battaglia e può solo registrare la sua impotenza?», chiede Nissim nella prefazione censurata, in cui parla dell’atteggiamento di Havel durante l’invasione sovietica di Praga nel 1968 («Havel scrisse una lettera a Dubček, chiedendogli di non rinunciare alla sua dignità morale e di non diventare lo strumento in mano ai russi per la normalizzazione del Paese»), dei gulag staliniani, dei lager nazisti, di Primo Levi, di Etty Hillesum e di Pio XII. E fa sua una riflessione dello storico della Shoah Yehuda Bauer su due questioni controverse della seconda guerra mondiale: il mancato bombardamento delle strutture che portavano ad Auschwitz da parte degli Alleati e la posizione di Pio XII rispetto alla sorte degli ebrei. Il bombardamento di Auschwitz molto probabilmente non avrebbe salvato gli ebrei ma «si sarebbe potuto lanciare un messaggio di solidarietà alle vittime», scrive: «È stato dunque prima di tutto un fallimento morale, più che un’opzione militare tecnicamente possibile e non portata a termine».
E un analogo ragionamento si può fare a proposito di papa Pacelli. «Una dichiarazione letta alla Radio Vaticana contro lo sterminio degli ebrei non avrebbe avuto nessun effetto pratico – scrive Nissim –. Chi avrebbe ascoltato quella radio, si chiede lo storico ceco-israeliano Bauer? “Un Ss tedesco, un ucraino, un lituano, un lettone, o un burocrate tedesco? Del resto, nel maggio del 1940, quando Pio XII fece una pubblica dichiarazione contro l’invasione nazista in Belgio ed in Olanda, nessuno reagì e vi pose attenzione. Se poi i vescovi avessero ripetuto il suo messaggio nelle cattedrali e i preti nelle chiese, la Ghestapo li avrebbe facilmente censurati. Forse qualche cosa poteva accadere, ma certamente non sarebbe servita per fermare l’Olocausto”. Una simile presa di posizione, dunque, non avrebbe avuto un grande effetto per la sorte degli ebrei, ma avrebbe lasciato comunque un segno morale di grande significato. Se si continua a porre questa domanda e non si trova ancora una risposta soddisfacente è perché si sente questa mancanza, non tanto per l’Italia, perché il clero cattolico in Italia si impegnò nella sua maggioranza per la salvezza degli ebrei, ma per quanto accadde nel resto del mondo. Può sembrare paradossale, ma la più inutile presa di posizione morale, dal punto di vista dei risultati effettivi, non serve soltanto alle vittime, che nella maggior parte dei casi non hanno nemmeno la possibilità di ascoltarla, ma alle generazioni successive che possono così continuare a credere nell’umanità. Di fronte alle macerie e all’orrore, sapendo che c’era qualcuno che aveva osato alzare la sua pur debole voce, ci si sente tutti molto meglio».
Parole giudicate «offensive» dalla casa editrice ciellina che quindi, in nome del valore della libertà proclamato da Havel, ha scelto la censura. (luca kocci)

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