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«ABUSO DI POTERE, MOLESTIA E BULLISMO». L’ACCUSA DEI GESUITI AI PAESI IN ARMI

Tratto da: Adista Notizie n° 31 del 14/09/2013

37283. ROMA-ADISTA. Severissimo come pochi il giudizio del preposito generale dei gesuiti, p. Adolfo Nicolás sull’attuale frangente della crisi siriana, a rischio di un conflitto globale. «Devo ammettere che non capisco che diritto abbiano gli Stati Uniti o la Francia – afferma nell’intervista distribuita dal Servizio Digitale d'Informazione SJ il 4 settembre – ad agire contro un Paese in un modo che senza dubbio aumenterà le sofferenze di una popolazione che ha già sofferto abbastanza. La violenza o le azioni violente, come quella che si sta preparando, sono giustificabili unicamente come ultimo tentativo e in modo tale che solamente i colpevoli ne subiscano il danno. Nel caso di un Paese ciò è chiaramente impossibile e quindi mi sembra completamente inaccettabile. Noi gesuiti appoggiamo l'azione del Santo Padre e ci auguriamo con tutto il cuore che l'annunciato attacco contro la Siria non abbia luogo».

Nella grave azione militare che si va configurando a livello mondiale, tre diversi aspetti vanno sottolineati «con chiarezza», secondo p. Nicolás. «Il primo – spiega – ha a che fare con il fatto che ogni abuso di potere deve essere condannato e rifiutato. E, con tutto il rispetto per il popolo degli Stati Uniti, credo che l'intervento militare che si sta preparando costituisca un abuso di potere. Gli Stati Uniti d'America devono smettere di comportarsi e reagire come il fratello maggiore del quartiere del mondo. Questo porta inevitabilmente all'abuso, alla molestia e al bullismo sui membri più deboli della comunità». Secondo: corre «l'obbligo di mostrare chiaramente» chi ha usato le armi chimiche. «Non è sufficiente che qualche membro del governo del Paese che intende intervenire emetta un verdetto di colpevolezza. Bisogna che dimostrino al mondo che è così, senza dubbi, affinché il mondo possa fidarsi di loro. Questa fiducia oggi non c'è e sono già iniziate le speculazioni su altri motivi degli Stati Uniti per il previsto intervento».

Il terzo aspetto, prosegue p. Nicolás, «è che i mezzi considerati adeguati per punire l'abuso non danneggino le stesse vittime del primo abuso, una volta dimostrato che esso sia avvenuto. L'esperienza passata ci insegna che questo è praticamente impossibile (anche se chiamiamo le vittime con l'eufemismo di "danno collaterale") e il risultato è l'aumento delle sofferenze per il popolo innocente e estraneo al conflitto».  Alla domanda dell’intervistatore, «Non è troppo duro con gli Stati Uniti?», il padre gesuita risponde serenamente «non credo». «Ciò che più mi preoccupa – argomenta – è che proprio questo Paese, che io ammiro sinceramente, sta sul punto di commettere un grande errore. E potrei dire lo stesso della Francia: un Paese che è stato un vero leader in spirito, intelligenza, che ha contribuito notevolmente alla civilizzazione e alla cultura e che ora è tentato di condurre di nuovo l'umanità verso la barbarie, in aperta contraddizione con tutto quello che esso ha significato per molte generazioni. Che questi due Paesi si uniscano adesso per una decisione così oltraggiosa che suscita la rabbia di tanti Paesi nel mondo». «Per me – conclude – è molto difficile accettare che un Paese che si considera, almeno nominalmente, cristiano in una situazione di conflitto non possa concepire altro che l'azione militare e con essa portare il mondo nuovamente alla legge della giungla». (e. c.) 

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