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A proposito di scomuniche...

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 28 del 26/07/2014

La storia ha ben documentato una sorprendente molteplicità di usi e di abusi dell’istituzione ecclesiastica cattolica. Come cristiano, parto dal fatto che il “Dio benedicente” e la “Chiesa maledicente” spesso sono realtà compresenti. Tra Dio e Chiesa non mi aspetto né continuità né coincidenza territoriale. Questa constatazione è stata sempre per me estremamente liberante. L’alterità di Dio rispetto alla Chiesa mi ha preservato da lacerazioni insanabili quando ho constatato dissonanze, estraneità, tradimenti del Vangelo nella e della istituzione ecclesiastica. Per me “credere” nel Dio di Gesù è gustare la “benedizione creaturale”. Questa è la prima e l'ultima parola della mia fede. Come creature, stiamo tutti nella benedizione: possiamo non riconoscerla, ma essa ci avvolge e ci “assedia”.

Guardo il mondo e la mia piccola vita da questa “finestra”. Senza questa radicale fiducia nella preveniente ed incancellabile realtà del rapporto di benedizione, che circola, anima e percorre tutte le arterie del creato, andrei diritto al suicidio assistito...

Dio non scomunica mai, non si disconnette mai: noi possiamo “chiudere” e fuggire, ma il Suo amore non verrà mai meno. Per questo, molti cristiani e cattolici hanno assaporato la benedizione anche nei giorni in cui arrivava loro la “maledizione-scomunica” ecclesiastica. I miei più saggi maestri li ho sempre trovati non tra i prudenti progressisti, ma tra i censurati e gli estromessi, gli scomunicati, le “streghe”, gli “eretici”, le cattive compagnie.

Mi sono rallegrato delle chiare parole di papa Francesco rispetto ai mafiosi e ritengo che in certi casi estremi la scomunica possa essere una dolorosa necessità (contro i commercianti di carne umana, contro l'impero delle armi...), ma finché resta prerogativa di una autorità sganciata da un confronto comunitario, essa rimane, a mio avviso, esposta all'arbitrio di un vescovo (come nel caso della fondatrice di Noi Siamo Chiesa). Ma c'è di peggio. Oggi la scomunica non manda più al rogo, ma ha assunto un volto aggiornato. Tramite la scomunica o la defenestrazione si mantiene in mani gerarchiche la definizione del “territorio ecclesiale”.

La mia vicenda personale, per quanto irrilevante, mi ha condotto ad alcune riflessioni. La gerarchia scatta, fa pressione, lusinga, minaccia, mette sotto processo e poi scomunica quando vengono messi in crisi il sistema sacral-gerarchico, l'apparato strutturale e la codificazione dogmatica o morale. Nei processi ecclesiastici subiti non mi venne mai chiesto altro che allinearmi ed obbedire. Gli “inviati speciali” da parte della gerarchia usarono tutti i toni possibili. Al mio “persistere nell’errore” conclusero: «Come osi tu, che non conti niente, ergerti contro il monumento cristologico e trinitario della intera tradizione cristiana?». Oppure: «Come puoi incoraggiare il vizio omosessuale?».

Se non sei funzionale alla compattezza istituzionale e se non ti accontenti di criticare qualche aspetto negativo marginale, lì finiscono le tue fortune nell’istituzione ecclesiastica. Credere in Dio e appartenere ad una Chiesa, senza rassegnarti all’obbedienza, costituisce un percorso pericoloso, che porta alla marginalizzazione, all'oblio, alla scomparsa dai “video ecclesiali”. A questo punto o porti nel tuo cuore e nelle tue viscere il calore della “benedizione” di Dio o rischi di imprigionarti nella rabbia, nello sconforto, nell'abbandono di un ministero che dà ossigeno ai tuoi giorni.

Papa Francesco non ha per ora rotto questa catena. La sua tragica ambiguità, a mio avviso, sta in questa doppiezza: scomunica i mafiosi, ma scomunica anche i teologi, le teologhe, i credenti che cercano vie nuove di fedeltà al Vangelo nel mondo di oggi. A mio avviso, se non si rompe questa pratica inquisitoriale, non si va al nodo del problema. Senza la libertà di ricerca, senza la “disobbedienza”, senza nuovi linguaggi la nostra Chiesa esaurirà presto il “vento di speranza e di empatia” che sta soffiando. Qui si tocca l'impianto strutturale e, senza questa “conversione”, nella nostra Chiesa – che noi scomunicati continuiamo ad amare – si ripeteranno per secoli formule venerande confondendo il rispetto e l’amore della tradizione con il tradizionalismo.

Non siamo chiamati/e a ripetere, ma a riscoprire, a dire oggi l’indicibile ed affascinante mistero di Dio.

* Per anni animatore della CdB di Pinerolo; nel 2003 dimesso, senza processo, dallo stato clericale per aver impartito, in chiesa, benedizioni a coppie omosessuali

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