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CNCA e riforma Terzo Settore: il governo non ceda alla logica del profitto

CNCA e riforma Terzo Settore: il governo non ceda alla logica del profitto

Lo zampino del governo di chiara impronta liberista, guidato da Matteo Renzi, si sta allungando sempre più anche sul Terzo Settore. Lo scorso aprile Adista dava notizia del disegno di legge “Delega al governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale”. Di quel testo si sottolineavano gli aspetti più avanzati ma anche quelli – molti – che lasciavano emergere pesanti criticità, quali ad esempio  l'eccessiva enfasi posta sul ruolo dell'impresa profit che, nell'evidente tentativo di coniugare sociale e business, andrebbe a configurare un modello di welfare simile al “mercato sociale” in stile Usa. Lasciava insoddisfatti anche la drastica contrazione del dibattito, limitato anche grazie all'uso della delega.

È tornato a criticare il provvedimento – che nel frattempo è stato approvato alla Camera ed è ora in discussione al Senato, dove molti emendamenti migliorativi restano in attesa di voto – don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento nazionale comunità d'accoglienza (Cnca) nell'appello “Sull’impresa sociale il Parlamento ci ripensi!” (4 settembre), il quale sottolinea ancora una volta che «un nuovo modello di welfare non passa per l’impresa sociale, ma per l’estensione e l’universalità dei diritti».

Sono ancora molti i nodi da sciogliere per rendere digeribile questa iniziativa del governo. Innanzitutto, denuncia Zappolini, «è una legge che, di fatto, non promuove l’espansione dell’intervento sociale e dei diritti né garantisce tutele maggiori per il lavoro sociale che, nel nostro Paese, interessa un milione di lavoratori e lavoratrici, e oltre 4,5 milioni di volontari». Inoltre, il testo affronta diversi temi cari al Cnca – federazione di oltre 250 realtà no profit che impiegano più di 10mila dipendenti e 6mila volontari – come il servizio civile universale, la revisione del 5 per mille e la possibilità di utilizzo dei beni pubblici. Eppure, aggiunge don Zappolini, «molto spesso tali temi sembrano essere solo “annunciati” e non viene affrontato in maniera seria» il tema delle coperture economiche strutturali.

Ma c'è dell'altro: questa proposta di legge «allude alla costruzione di un welfare basato sulle prestazioni individuali, casomai monetizzate (i voucher), quando in realtà abbiamo un grande bisogno di interventi integrati, diffusi, territoriali, in grado di ricostruire relazioni tra le persone e diffondere la coesione sociale. Per fare questo ci vuole più Stato, più società civile organizzata, più risorse». E viene al dunque il presidente del Cnca, quando torna ad attaccare il ruolo che il governo avrebbe pensato per i soggetti profit: «La proposta di legge, invece di rilanciare su questi grandi temi e ricostruire una visione comune, investe e si concentra sull'impresa sociale, un soggetto giuridico che, nell’idea del legislatore, sia capace di sintonizzarsi con il profit e per il profit a cui appaltare rilevanti risorse e attività dello stato sociale. Con questa impostazione finiscono per avere un ruolo marginale il volontariato, l’associazionismo e in particolare la nostra storia di cooperazione sociale, che rappresenta un patrimonio positivo per tutto il Paese e che invece dovrebbe essere utilizzata come fondamento per la ricostruzione di un nuovo patto sociale. Non possiamo accettare la visione paternalistica che unisce l’enfasi della “bontà del dono” alla logica del profitto, dell’impatto sociale con la distribuzione degli utili!».

I tempi sono cambiati e la riflessione conclusiva di don Zappolini non nega la necessità di ammodernare una legislazione ormai obsoleta, pensata per un Paese che sotto certi aspetti non esiste più. Ma il bisogno di cambiamento – la “politica del fare” tanto propagandata da questo governo per cambiare l'Italia – non può prescindere da un'analisi accurata dei nuovi bisogni (l'arrivo dei migranti, l'aumento delle nuove povertà, della disoccupazione, l'allargamento della forbice tra ricchi e poveri, l'invecchiamento progressivo della popolazione italiana) e quindi «dalla necessità di ampliare le tutele e di riconoscere i diritti in senso universalistico». In buona sostanza, Zappolini tira le orecchie ad un  governo che fa spesso coincidere il termine innovazione con quelli di privatizzazione, riduzione dell'intervento pubblico, contrazione delle tutele e annichilimento del confronto con le parti interessate. Non c'è futuro senza solidarietà e tutela dei diritti di tutti. L'appello, in conclusione, auspica «un'inversione di tendenza» sul disegno di legge, «che se passasse così come è oggi, significherebbe l’azzeramento delle forme di mutualismo e della sussidiarietà orizzontale e attiva».

* Foto di Paul Hermans, tratta dal sito Wikipedia. Link all'immagine originalelicenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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