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Comprendere la malattia per iniziare la cura. Un libro spiega le 15 piaghe della Chiesa

Comprendere la malattia per iniziare la cura. Un libro spiega le 15 piaghe della Chiesa

Tratto da: Adista Notizie n° 45 del 26/12/2015

38386 ROMA-ADISTA. Ad un anno dal significativo incontro tra il papa e il pastore pentecostale Giovanni Trattino, Sergio Tanzarella, storico della Chiesa, saggista, per anni collaboratore del vescovo di Caserta p. Raffaele Nogaro, aveva già pubblicato un libro (scritto a quattro mani proprio con Nogaro) per cercare di raccontare la novità del pontificato di Francesco sotto il profilo del dialogo ecumenico. Ora, in occasione di un nuovo anniversario, quello del celebre discorso tenuto da Francesco alla Curia romana il 22 dicembre 2014 sulle “15 piaghe” della Chiesa, un nuovo libro, sempre scritto a quattro mani (stavolta con l’amica e collega Anna Carfora, anche lei docente di Storia della Chiesa) che intende accompagnare, attraverso la riflessione storica (agile, ma documentatissima, la ricostruzione delle origini e dello sviluppo della Curia vaticana), critica e pastorale, la novità introdotta da papa Bergoglio, sul versante della individuazione dei mali della Chiesa. E dei rimedi per sanarla. Il libro si intitola Il cristiano tra potere e mondanità - 15 gravi malattie secondo papa Francesco (Il Pozzo di Giacobbe, 2015, pp. 96, euro 10: il libro è acquistabile presso Adista, telefonando allo 06/6868692, scrivendo ad abbonamenti@adista.it o collegandosi al sito www.adista.it) ed ha l’autorevole prefazione di mons. Nunzio Galantino, segretario della Cei e prelato vicinissimo al papa. Quelle che il papa ha messo in fila – afferma Galantino – ossia «il narcisismo come l’eccessiva operosità, la durezza di cuore, il funzionalismo, l’alzheimer spirituale che fa perdere lo slancio gioioso dato dall’incontro personale con Cristo e si concentra solo sul presente, la vanagloria, il servilismo cortigiano interessato ad ingraziarsi il potere, il pessimismo sterile, l’accumulare per sentirsi più sicuri, la ricerca di consensi che diventano lo scopo della vita, sono tutte malattie che imputridiscono le esperienze ecclesiali impedendo alla Chiesa di esprimersi come un corpo vivo, in cammino e in trasformazione» e che, nel contempo, «rendono quantomeno poco credibile agli occhi del mondo la proposta cristiana».

Le 15 malattie che compongono il catalogo proposto dal papa, spiegano subito dopo gli autori, hanno in comune «una origine unica e remota che si può riassumere in una sbilanciata relazione con il potere nella dimensione di un costantinismo che per molti secoli si è radicato nell’esperienza cristiana come orizzonte condizionante e normativo. La Curia che chiama in causa Francesco sembra ispirata, al di là della volontà e della generosità dei singoli, da questo modello costantiniano nel quale progressivamente la Chiesa ha assorbito le strutture imperiali facendole diventare elementi apparentemente insostituibili della propria identità, inducendo all’equivoco della necessità di alleanze politiche e del possesso di beni per rispondere alla missione dell’evangelizzazione. Il ventaglio dei privilegi ecclesiastici concessi da Costantino si somma così ai risultati di una accorta propaganda, che trasformò un fatto d’arme come la battaglia di ponte Milvio nel momento del presunto intervento divino attraverso sogni, visioni e segni per vincere una guerra». Si trattò allora dell’avvio di un processo che nella lunga durata arriva fino al presente di cui parla Francesco nel suo discorso alla Curia. 

Le terapie da seguire per superare quelle 15 malattie ricordate da Francesco furono in parte anticipate, già a metà del XIX secolo, da Antonio Rosmini nel suo Le cinque piaghe della Santa Chiesa. «Si tratta di un libro straordinario, ma in quel tempo duramente condannato dalla Congregazione del Sant’Uffizio che lo mise all’Indice il 30 maggio del 1849 per poi condannarlo di nuovo nel 1854 con il decreto Dimittantur. Rosmini fu perseguitato e condannato anche dopo morto con il decreto Post Obitum e solo dopo poco più di 150 anni dalla condanna del libro – con una indolore capriola – è stato addirittura riconosciuto beato». Alle piaghe denunciate da Rosmini corrisponde idealmente – cinquant’anni dopo – quanto scrive Antonio Fogazzaro nel suo romanzo Il Santo: «Santo Padre la Chiesa è inferma. Quattro spiriti maligni sono entrati nel suo corpo per farvi guerra allo Spirito Santo», sono le parole che Benedetto – il protagonista – rivolge ad un non meglio specificato papa durante un drammatico e segreto colloquio. Il primo spirito, immaginava Fogazzaro, era lo spirito di menzogna. Poi lo spirito della dominazione del clero; quindi lo spirito dell’avarizia; infine, lo spirito di immobilità. Poco dopo la pubblicazione, il romanzo venne posto all’Indice «e le malattie ridotte a immaginari malanni o a semplici calunnie». E, scrivono gli autori, «c’è voluto più di un secolo perché un papa come Francesco cominciasse ad articolare una risposta complessiva alle malattie di cui scriveva Fogazzaro». Oggi, però, ammoniscono Tanzarella e Carfora, se in Italia si vogliono veramente prendere sul serio le parole di Francesco e i moniti di tanti suoi autorevoli precursori, allora occorre soprattutto che venga restituita attenzione al più importante libro della Chiesa italiana del Novecento, Esperienze pastorali di Lorenzo Milani: «Un libro che a distanza di quasi sessant’anni dalla sua pubblicazione e dalla richiesta di ritiro dal commercio da parte della Congregazione del Sant’Uffizio mantiene una straordinaria attualità», perché costituisce «una serrata denuncia della situazione sociale ed ecclesiale del suo tempo e, fuori dalla contestualizzazione dell’epoca, le permanenze di una pastorale complessivamente fallimentare, perché attardata su una realtà inesistente, sono impressionanti».

Eppure, se la Chiesa romana ha frequentato con continuità il potere nel corso dei secoli, vi sono state però, racconta il libro, Chiese locali che, in determinati momenti storici ed ecclesiali, deliberatamente hanno rifiutato il rapporto privilegiato con il potere, «rinunciando alle diplomazie ossequienti e alle logiche delle mondanità curiali». Ed è in fondo questa, spiegano Tanzarella e Carfora, la scelta che preserva dalle 15 malattie di cui parla Francesco. Ma che spesso conduce sulla strada del martirio. Il caso più eclatante, è quello di mons. Oscar Romero, vescovo di San Salvador. Ma il libro racconta anche la vicenda di alcune Chiese locali italiane che hanno vissuto la parresia liberante di un Vangelo che non si compromette con il potere. Gli autori citano i casi dei vescovi Tonino Bello a Molfetta e Raffaele Nogaro a Caserta. Ma anche la profezia ancora inattuata del “Patto delle Catacombe”, sottoscritto da 40 padri conciliari al termine del Vaticano II e che impegnava i contraenti all’edificazione di una Chiesa povera dei poveri. Quel patto, «condiviso dinnanzi alle sepolture dei martiri cristiani», resta un dono ancora da comprendere «e un impegno grave a rompere con l’illusione del quietismo e della moderazione andando serenamente controcorrente come Francesco ha ribadito con chiarezza». Intanto, a tutti, indistintamente è affidato il compito di essere coraggiosi per annunciare il Vangelo e dire la verità. Senza ritrosie, infingimenti, diplomazie e «labbra imburrate». 

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