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Benigni e la riforma costituzionale

Benigni e la riforma costituzionale

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 23 del 25/06/2016

Ho sempre apprezzato la satira di Roberto Benigni che interpreta al meglio la locuzione latina “castigat ridendo mores” perché con estroso eloquio e mano felpata sa colpire i disdicevoli comportamenti della politica e del potere senza mai umiliarne gli autori. E perché, con pregevole arte e sorridente ma profonda semplicità, ha mirabilmente trattato alcuni grandi temi fra i quali spiccano quelli dei Dieci Comandamenti, della Divina Commedia, dell’Olocausto e della Carta Costituzionale da lui definita “la più bella del mondo”.

Con immutato stato d’animo mi chiedo come sia possibile che un tale personaggio, di recente intervistato da Ezio Mauro per Repubblica sul problema del referendum costituzionale, abbia superato certe sue indecisioni sul voto da esprimere nel prossimo ottobre con questa faticosa dichiarazione: «Ho dato una risposta frettolosa dicendo che se c’è da difendere la Costituzione, col cuore mi viene da scegliere il no ma con la mente scelgo il sì». Come se ciò che Benigni definisce “cuore”, vale a dire l’intelligenza emotiva, non faccia anch’esso parte della “mente” intesa come l’insieme delle facoltà e delle espressioni intellettuali (idee, pensieri, memoria, ragione, determinazioni di volontà) e spirituali (emozioni, sentimenti, speranze, desideri, affetti, tensioni morali, creazioni artistiche, afflati religiosi, ispirazioni filosofiche).

Si tratta di funzioni della mente che, pur essendo fra loro in qualche modo distinguibili, si integrano a vicenda e vengono portate a sintesi con le scelte quotidiane della vita. Ne era consapevole il Sommo Poeta tanto caro a Benigni (“amor che nella mente mi ragiona”) e ne sono oggi convinte quelle autorevoli correnti di pensiero per le quali la sfera razionale della persona non è separabile dalla sfera emotiva perché l’una e l’altra costituiscono una complessa, unitaria e organica entità psichica. Ma ci sono anche coloro per i quali l’ambito spirituale della mente, nelle sue più alte espressioni etiche e creative, andrebbe considerato di livello più elevato rispetto a quello della fredda ragione tanto che al primo ci si riferisce spesso, come lo stesso Benigni ha fatto, parlando di “cuore” mentre alcuni lo definiscono addirittura “la punta dell’anima”.

Non si comprende allora come il noto artista abbia posto il “cuore” e la “mente” in una sorta di rapporto alternativo, se non antitetico, invece di considerarli sensibilità e facoltà fra loro complementari, proprio lui che, guardando alla Costituzione, ha molto spesso valorizzato il “cuore” sotto il profilo etico ed estetico dicendo di “amarla” e definendola “bella”.

Benigni dice nella stessa intervista che «voterà sì» anche se capisce e profondamente rispetta «le ragioni di coloro che scelgono il no». Una frase che significa poco o nulla dal momento che nessuno potrebbe dubitare del rispetto dell’attore per le opinioni altrui ma dalla quale forse trapela il disagio da lui avvertito nell’operare una scelta che è in aperto contrasto con la sua storia, la sua cultura e la sua sensibilità. Sfuggono allora i motivi per i quali l’attore toscano, che dice di «capire le ragioni del no», è stato indotto a scegliere il “sì”. Motivi che non possono certo essere quelli da lui sbrigativamente e genericamente indicati nell’intervista in quanto quelle ragioni non analizzano alcuna questione di merito sulla compatibilità o meno della riforma con l’impianto costituzionale e ripetono gli slogan triti e ritriti della propaganda renziana senza tener in alcun conto i rilievi in ordine alle profonde alterazioni che nei connotati della nostra democrazia è destinato a provocare il combinato disposto della riforma elettorale e di quella costituzionale.

Chi scrive non viene neppure sfiorato dal sospetto che la scelta di Benigni possa essere legata a qualsiasi tipo di interesse personale dal momento che indiscutibile è e rimane l’onestà intellettuale del geniale artista, amato e rispettato da milioni di italiani. L’unica spiegazione plausibile della sua sorprendente opzione è quella di ritenere che egli, impareggiabile conoscitore e commentatore del nostro Statuto, non abbia avuto il modo e il tempo di analizzare e approfondire una riforma costituzionale di vasta portata, definita dallo stesso attore “pasticciata e scritta male” e varata da una limitata ed eterogenea maggioranza a fronte del dissenso e della protesta di tutte le opposizioni.

L’auspicio è che Benigni, in considerazione anche della stima e dell’affetto di quanti si riconoscono nella sua cultura, avverta l’esigenza di colmare l’accennata carenza di informazione e riflessione per pervenire, in scienza e coscienza, o alla conferma, questa volta appropriatamente motivata, della scelta di voto già espressa oppure alla sua eventuale modifica, anche in questo caso ovviamente con un’adeguata indicazione delle ragioni che l’hanno determinata.

Michele Di Schiena è presidente onorario aggiunto della Corte di cassazione

* Screenshot tratto da un video di Youtube

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