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Trivellate fratres: il codicillo che si fa beffe delle regioni e dà il via libera all’Eni

Trivellate fratres: il codicillo che si fa beffe delle regioni e dà il via libera all’Eni

Tratto da: Adista Notizie n° 4 del 03/02/2018

39227 ROMA-ADISTA. «Nel riesaminare il fascicolo riguardante la raffineria di Taranto dove confluirà il petrolio del megagiacimento Tempa Rossa, è emersa una norma del 2016 rimasta nascosta nelle pieghe del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (...). La norma in questione, emanata dal Governo Renzi, cancella una delle principali conquiste delle Regioni e del movimento “No Triv” ottenute con la previsione, in Legge di Stabilità 2016, dell’obbligo del raggiungimento di un’Intesa in senso “forte” tra Stato e Regioni ai fini dell’approvazione di progetti “petroliferi”». In base a questa modifica normativa, è l’osservazione del costituzionalista Enzo Di Salvatore, padre dei sei quesiti referendari No Triv ed autore della di questa nuova scoperta, «il Governo ha fatto sì che lo Stato possa superare facilmente l’opposizione delle Regioni che si concretizzava nel mancato rilascio dell’Intesa in senso “forte”». Ed in base alla stessa, il 22 dicembre scorso il Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente Paolo Gentiloni, ha deliberato «il superamento della mancata Intesa» e dunque «il consenso alla prosecuzione del procedimento dell’istanza di autorizzazione per l’adeguamento delle strutture di logistica presso la raffineria di Taranto della società Eni S.p.a., in considerazione della grande rilevanza strategica dell’opera per le politiche energetiche nazionali».

È in questa lunga premessa tratta dal comunicato del Coordinamento Nazionale No Triv (20/1) la denuncia in merito al progetto interregionale Tempa Rossa, ricco giacimento petrolifero situato nell’alta Valle del Sauro in Basilicata (a pochi chilometri dal centro Oli dell’Eni di Viggiano di Val d’Agri, in acronimo Cova), per il quale è previsto che i prodotti estratti siano trasportati, tramite condotta interrata, dall’oleodotto “Viggiano-Taranto” (lungo 136 km, di cui 96 in Basilicata) che già collega le installazioni petrolifere della Val d’Agri alla Raffineria di Taranto, suo terminale di esportazione. Il fatto è che fra Eni, Total - che gestisce il giacimento in Basilicata insieme a Shell e Mitsui - e la Regione Puglia non è stata raggiunta l’Intesa: il Consiglio regionale ha detto no al progetto nella parte tarantina, ritenendo che si aggravi l’impatto ambientale in una città già segnata dalla presenza dell’Ilva. Da qui la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre scorso e di conseguenza l’allarme dei No Triv: «D’ora in poi, su Tempa Rossa e, più in generale, per autorizzare la ricerca, l’estrazione, il trasporto e lo stoccaggio di idrocarburi, lo Stato avrà sostanzialmente mano libera», dunque prevaricando le Regioni nelle scelte che concernono l’energia ed il governo del territorio: la deliberazione del governo Gentiloni «rischia di essere la prima di una lunga serie se le Regioni non porranno la questione in sede di Conferenza Stato-Regioni».

Il provvedimento del 22 dicembre è stato la liberatoria per l’avvio di lavori già decisi e calendarizzati. Era l’8 novembre scorso quando, sul sito Taranto Buona Sera, si poteva leggere: «I tempi tecnici sono decisi: a maggio, infatti, ci sarà la fermata degli impianti della raffineria Eni di Taranto che dovrà accogliere il greggio proveniente dal centro oli Total di Corleto Perticara. La fermata si renderà necessaria per adeguare gli impianti, dal momento che il greggio di Tempa Rossa è di una qualità diversa da quello della Val D’Agri, attualmente raffinato in Eni». «In questo modo – commenta Taranto Buona Sera – Total ed Eni hanno aggirato l’ostacolo dei veti posti da Comune e Regione alla costruzione dei due nuovi serbatoi e dell’allungamento del pontile Eni previsti dal progetto iniziale». 

Veduta impianti Ilva di Taranto in una foto di Hillman54 del 2014, tratta da Flickr, immagine originale e licenza

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