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Il vescovo di Pavia sulle unioni gay: opinioni personali e fuorvianti

Il vescovo di Pavia sulle unioni gay: opinioni personali e fuorvianti

Ancora un commento proveniente dal mondo Lgbt credente sulle spiacevoli esternazioni del vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti, che il 7 marzo ha partecipato ad un incontro con gli studenti dell'Ipsia Cremona, affermando – forte del suo pieno allineamento al magistero cattolico – che «la tendenza omosessuale non è peccato, ma qualcosa di disordinato rispetto all’ordine della natura», che l'unione gay non rende felici e che molti (bravi?) cristiani gay decidono di rifiutare e «non assecondare questo orientamento».

Mons. Sanguineti non ha solo citato il magistero della Chiesa cattolica in merito, ma «ha voluto aggiungere alcune sue opinioni personali», scrive Gianni Geraci (del gruppo “Il Guado” di Milano, tra i primi in Italia a promuovere un dibattito su fede e omosessualità) in un commento pubblicato ieri sul portale Gionata.

«Perché parlare di disordine “rispetto a un ordine della natura” per una tendenza la cui genesi, per lo stesso magistero della Chiesa “rimane in gran parte inspiegabile” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2358)?», si chiede Geraci. E poi, aggiunge, in base a quale esperienza il prelato sottolinea «che chi decide di vivere la propria omosessualità non potrà essere felice?». Quel suggerimento così sbrigativo – «cerca di darti un altro orientamento» – sembra poi «suggerire l’idea che ci sia qualche scorciatoia per modificare il proprio orientamento sessuale». Ma questa sarebbe un'affermazione scientificamente scorretta e andrebbe a contraddire palesemente anche il Catechismo della Chiesa Cattolica «quando ricorda che certe tendenze sono “profondamente radicate” (cfr 2358)».

In seguito al polverone sollevato dopo la pubblicazione delle registrazioni del suo intervento, il vescovo di Pavia ha pubblicato una lettera di autoassoluzione sul sito della diocesi, indirizzata a La Provincia pavese, quotidiano che aveva a sua volta aveva offerto spazio alla reazione indignata dell'Arcigay locale.

Nella lettera, il vescovo giustifica la sua presenza nell'istituto pubblico in quanto rappresentante di una delle molte istituzioni locali invitate dalla stessa scuola a raccontare la propria esperienza. In seguito, entrando nel merito delle accuse rivolte dall'Arcigay di Pavia, ha dichiarato di non aver mai pronunciato «parole d'odio» e di aver sottolineato il valore della persona al di là del suo orientamento sessuale.

«In questa lettera c’è una ricostruzione fuorviante delle parole che aveva pronunciato il 7 marzo», accusa Geraci. Nella missiva il vescovo afferma che «è giusto che lo Stato garantisca i diritti delle persone che vivono un’unione omosessuale, anche con leggi specifiche» ma nell'audio «sembra emergere una condanna di queste stesse leggi». Inoltre, aggiunge Geraci, Sanguineti nella lettera parla di un «carissimo amico» ma all'istituto Corradi aveva invece ricordato l'esperienza di un «ex amico». Infine, nella lettera compare il tema della maternità surrogata, del quale, sottolinea Geraci, «non aveva parlato il 7 marzo scorso». Anche su questo spinoso argomento, il prelato «ha omesso di riconoscere l’impegno di tantissimi esponenti del movimento omosessuale italiano contro questa pratica che, tra l’altro, coinvolge prevalentemente delle coppie eterosessuali».

Insomma, conclude l'articolo, «Qualcuno che vuole bene alla Chiesa e a monsignor Sanguineti dovrebbe scrivergli e dirgli queste semplici parole: “Non dubito delle sue buone intenzioni, ma credo che lei abbia bisogno di essere aiutato per capire meglio certi argomenti per evitare in futuro altri incidenti come quello di questi giorni!”».

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