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Quella “svolta” europea di Orbán e Salvini che fa venire i brividi

Quella “svolta” europea di Orbán e Salvini che fa venire i brividi

L'incontro “informale” di ieri a Milano tra il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il suo non-omologo italiano Matteo Salvini è stato forse l'atto ufficiale di apertura della campagna elettorale leghista per le elezioni europee dell'anno prossimo. Oltre alle visioni comuni in campo sul “futuro politico dell'Europa”, sono state diverse le “dichiarazioni d'amore” e d'alleanza tra i due. Dichiarazioni imbarazzanti soprattutto per il premier “ufficiale”, Giuseppe Conte, da molti rappresentato come un pupazzo privo di volontà nelle mani di Salvini, e per gli alleati del Movimento 5 Stelle, politicamente incapaci di arginare lo scomodo e straripante azionista di minoranza del governo, costretti ancora una volta a mandare giù bocconi amari e a tamponare il malcontento dilagante nell'elettorato pentastellato meno conservatore.

Gli amichetti sovranisti, che ben sanno come funziona il marketing popolare, hanno trovato nel contrasto alle migrazioni il terreno comune e anche quello più facile, efficace a livello dei consensi mediatici e meno scivoloso per entrambi. E hanno anche deciso di alzare più su l'asticella dell'intolleranza e del fanatismo xenofobo, convergendo sul principio orbaniano che vede in quelli migratori dei fenomeni non tanto da governare, anche con pugno di ferro, ma proprio da arrestare. Deluso dunque chi si aspettava dall'“amico” Orban anche una timida apertura in materia di redistribuzione dei rifugiati. I muri ungheresi restano chiusi anche di fronte alle richieste dell'«eroe» Salvini.

L'asse sovranista pare comunque rinsaldato, soprattutto in vista delle prossime elezioni europee, con la convinzione – parola di Salvini – che «siamo vicini a una svolta storica per il futuro dell'Europa».

Andrea Lavazza, caporedattore centrale di Avvenire, esperto di Filosofia della mente e di Scienze cognitive, ha offerto una lettura dell'incontro nell'editoriale odierno del quotidiano dei vescovi: i due propongono lo stop alle migrazioni, accusa Lavazza, come fosse «il tema più urgente e importante per la Ue. Il messaggio è semplice e diretto, come si addice a una politica che con la propaganda vuole conquistare un elettorato che ormai si dovrebbe accontentare di slogan».

Per quanto possano allearsi, in ogni caso, le società che promuovono la chiusura in seno all'Europa sono destinate a scontrarsi. Ad esempio, l'Ue «garantisce una crescente prosperità all’Ungheria, grazie a un rilevante aiuto economico netto. Come si pone l’Italia di fronte a questo, posto che Roma minaccia di bloccare il proprio contributo al bilancio Ue se gli altri Paesi non accetteranno la redistribuzione di profughi, cosa che Budapest si rifiuta di fare, fieramente alla testa del gruppo di Visegrad, ostile a ogni ricollocamento?».

C'è poi quell'illusione, data in pasto all'opinione pubblica, che una volta arrestati i flussi migratori – scenario peraltro di pura fantasia – tutti i problemi dell'Europa, come per magia, saranno risolti, come se i mali del continente venissero tutti dai rifugiati. Eppure, un giorno, questi leader saranno costretti a proporre qualcosa per affrontare le vere questioni economiche e sociali del vecchio continente.

Ma c'è un aspetto ancora più preoccupante nell'alleanza tra i due populisti, si legge ancora nell'editoriale: «Orban è alfiere di quella che non disdegna di chiamare "democrazia illiberale", come formula per definire la risposta tranquillizzante a una globalizzazione minacciosa». Un modello fondato sì sul voto popolare, ma comunque “illiberale”, spiega Lavazza. «Per i critici, questo modello è "illiberale" perché chi è al governo usa il potere ottenuto al fine di limitare il sistema di controllo incrociato, imbrigliando la magistratura, controllando i media, riducendo lo spazio di critica della società civile e, ovviamente, chiudendo le frontiere, azioni che il premier ungherese ha perseguito sistematicamente. Per i sostenitori, invece, il modello è "illiberale" perché contrasta una certa specifica visione liberale del mondo. In questo senso, difende la nazione, l’omogeneità etnica, l’idea di sovranità, la famiglia».

In conclusione, afferma Lavazza, «la Fortezza Europa finirebbe con il riversare le pulsioni di chiusura al suo interno. E i sorrisi tra Salvini e Orban lascerebbero presto il posto a rivalità su risorse da spartirsi, mercati da chiudere, protezionismi da instaurare... È questa l’Europa che si vuole?»: «Un’Europa che si vende come nuova eppure assomiglia a quella di un passato che pochi vorrebbero davvero rivivere».

*Foto di Marcos.Zion, tratta da Flickr, immagine originale e licenza. L'immagine è stata tagliata.

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