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Attacchi fascisti agli immigrati. Le parole Molotov

Attacchi fascisti agli immigrati. Le parole Molotov

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 37 del 27/10/2018

"Le parole non sono pietre” è il titolo dell’incontro sull’informazione ospitato dal Sacro Convento di Assisi il 6 ottobre scorso, vigilia della Marcia Perugia-Assisi. Un incontro con l’obiettivo di riflettere su come contrastare il diffondersi di odio e imbarbarimento nella comunicazione e nel dibattito pubblici. Una diffusione che, al contrario del titolo dell’incontro, troppo spesso trasforma le parole in pietre che in alcuni casi diventano anche veri e propri ordigni incendiari.

Bettola è un Comune di 2.700 abitanti in provincia di Piacenza. Il 9 ottobre la procura di Piacenza ha reso noto di aver aperto un’indagine contro 3 uomini per reati contestati con l’aggravante dell’odio razziale e che fanno riferimento ad una spedizione punitiva, avvenuta un mese fa, culminata con il tentato incendio del balcone di una struttura che ospita migranti. Alcuni richiedenti asilo originari della Costa D’Avorio già nei giorni precedenti avevano subito aggressioni.

L’ultimo episodio di cui siamo venuti a conoscenza è avvenuto a Messina: nel mirino l’ex Hotel Liberty di via I Settembre che dal 2016 è stato riconvertito in centro di accoglienza per migranti. I fatti sono avvenuti a fine agosto, all’indomani della partenza da Messina dei migranti sbarcati dalla nave Diciotti. All’ingresso della struttura in piena notte è stata gettata della vernice color rosso sangue. Le frasi della rivendicazione del gesto, trovata sul luogo stesso, mettono i brividi e fanno tremare i polsi. Gli autori del raid razzista concludono il testo con minacce di morte contro migranti e operatori del centro. Ai migranti che dovessero incontrare per strada «o gli mozzeremo la testa o gli spareremo a vista» e «se non rispettate il coprifuoco – riferito agli operatori del centro – ne pagherete le conseguenze anche voi». Il testo, prima di queste minacce, contiene ripetute offese ai migranti tra cui «parassiti, bugiardi, nullafacenti da mantenere, uomini senza palle» che «portano solo malattie in Europa ormai debellate da 50 anni, e delinquenza». Migranti (nel testo definiti «negri trogloditi ») di cui, si legge sempre nella rivendicazione, «né noi né il resto d’Europa» avrebbero «bisogno» perché – affermano gli autori del raid razzista – «nessuno di noi vuole che sua figlia sposi un musulmano e nessuno di noi vuole islamizzarsi né meticciarsi con la feccia del mondo».

Forza Nuova in Molise nell’estate scorsa ha definito «resistenza etnica» un raid contro un centro di accoglienza. La notte tra il 3 e il 4 giugno è stato incendiato uno stabile a Pescolanciano, in provincia di Isernia, dove era previsto un Centro di accoglienza temporanea per 15 richiedenti asilo. Nell’occasione, Forza Nuova Molise ha affermato di aver espresso solidarietà a chi si è opposto all’apertura del centro ma definendo illazione ogni accusa di coinvolgimento. Meno di un mese dopo, il Molise è stato teatro di un secondo grave episodio. La notte tra il 12 e il 13 luglio a Belmonte del Sannio un raid ha tentato di distruggere un’abitazione pronta ad ospitare 8 richiedenti asilo lanciando della benzina, probabilmente una molotov rudimentale, contro il portone. Poche ore dopo, la sezione molisana del partito neofascista di Roberto Fiore ha rivendicato l’opposizione «all’invasione della regione da parte dei balordi extracomunitari» ed espresso «massima solidarietà e vicinanza alla popolazione di Belmonte resasi protagonista di un’azione di legittima resistenza etnica». Il 28 luglio dell’anno scorso, in piena notte, un ordigno ha colpito un centro di prima accoglienza dove stavamo dormendo 64 migranti a Dorgali in provincia di Nuoro. L’ordigno, costruito con esplosivo da cava, secondo gli inquirenti aveva causato un’onda d’urto così forte che avrebbe potuto uccidere. Se in Molise si è invocata la “resistenza etnica”, su pagine facebook che fanno riferimento a movimenti di estrema destra a Dorgali si è andati ancora oltre. C’è chi ha plaudito all’attentato, chi ha invocato una «guerra civile» vicina, chi ha scritto che «è solo l’inizio» e persino chi è arrivato a scrivere che è stato un «peccato» che non sia morto nessuno. Parole così cariche di odio disumano che non ci sono commenti adeguati. Non ci sono state rivendicazioni esplicite dell’attentato, ma questi commenti sicuramente evocano pensieri neonazisti. Una rivendicazione esplicita, con una tavoletta marchiata da una svastica e una croce celtica, c’è stata invece per la bomba carta lanciata contro un CARA ad Appiano (provincia di Bolzano) nella notte tra il 19 e il 20 maggio di quest’anno. Precedenti episodi avevano colpito in Alto Adige altri centri a Lavarone, Soraga, San Lorenzo Dorsino e Fiera di Primiero. L’attentato di Dorgali non è stato l’unico in Sardegna. Poche ore dopo, una casa privata, destinata all’accoglienza di una quarantina migranti, alla periferia di Sassari è stata teatro di un raid vandalico culminato con l’incendio dei materassi presenti nella struttura. Molto più devastante il raid contro l’ex scuola di polizia penitenziaria di Monastir, in provincia di Cagliari il 10 ottobre 2016. Gli autori del raid dopo aver incendiato un quadro elettrico hanno fatto esplodere il locale caldaie cospargendolo di benzina. Dopo la ferma e coraggiosa reazione della prefetta di Cagliari Giuliana Perrotta, con l’annuncio della conferma del piano di accoglienza dei migranti, un mese dopo le fu recapitata una busta con due proiettili e la minaccia che la caserma sarebbe stata fatta saltare in aria completamente. Negli stessi giorni una bomba rudimentale ha devastato un agriturismo a Buddusò, in provincia di Olbia – Tempio Pausania.

A Pietraperzia, comune di 6.000 abitanti in provincia di Enna la notte tra il 14 e il 15 febbraio qualcuno ha sparato diversi proiettili contro una delle finestre del centro che da pochi giorni ospitava 21 migranti. Proiettili che hanno raggiunto le porte dei bagni e solo per una fortuita coincidenza non hanno colpito nessuno.

Nessuno degli assalti riportati in quest’articolo ha ucciso nessuno, anche se in alcuni casi il rischio è stato altissimo. A febbraio di quest’anno è morto Yakob, un ragazzo eritreo che era stato ospite a Roma del centro di via del frantoio gestito dalla Croce Rossa. È morto in Lussemburgo, dove si era trasferito. Negli ultimi mesi era caduto in una fortissima depressione, e aveva deciso di lasciare il nostro Paese, dopo essere stato accoltellato la notte del 29 agosto 2017. Non è chiaro se la morte sia stata causata da un abuso intenzionale di psicofarmaci o dalle complicanze delle ferite causate dall’accoltellamento. Quella notte Yakob è stato aggredito da alcuni abitanti del quartiere Tiburtino III dopo che si era diffusa la notizia del rapimento di una donna, di sassi lanciati contro alcuni bambini e di un ragazzo dodicenne trascinato nel centro e vittima di abusi da parte di migranti. Notizie rivelatesi totalmente inventate, addirittura le ferite mostrate dalla zia di uno dei bambini erano precedenti di diversi giorni. Le notizie false quella notte hanno scatenato un vero e proprio assalto contro il centro della Croce Rossa, durante il quale una volontaria del Baobab è stata picchiata, e altri migranti costretti a rimanere barricati nella chiesa di Santa Maria del Soccorso dopo la Messa organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. Tra i protagonisti dell’assalto al centro i neofascisti Maurizio Boccacci – autore su Facebook di messaggi di solidarietà a Roberto Spada (l’autore della testata all’inviato di Nemo Daniele Piervincenzi) e di vicinanza a Massimo Carminati durante il processo in primo grado per “Mafia Capitale”, condannato nel 2012 in primo grado per «ricostituzione del disciolto partito fascista» e nel 2015 per violazione della Legge Mancino con iniziative contro la comunità ebraica avendo definito la Shoah «la più grande menzogna della storia» – e Giuliano Castellino di Forza Nuova – arrestato nel luglio scorso e posto agli arresti domiciliari con l’accusa di truffa al Servizio Sanitario Nazionale con la vendita di prodotti per celiaci – denunciati per manifestazione non autorizzata.

* * Alessio Di Florio è attivista impegnato in associazioni e movimenti ecopacifisti, contro le mafie e per i beni comuni e i diritti sociali e civili. Collabora con varie testate web.

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