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Salvati o respinti? Sui 400 riportati in Libia il governo gongola, ma piovono accuse

Salvati o respinti? Sui 400 riportati in Libia il governo gongola, ma piovono accuse

La collaborazione con i libici funziona, la linea del governo sulle migrazioni nel Mediterraneo non cambia, la pacchia per scafisti e trafficanti è finita, ecc. ecc. Parole – non serve specificarlo – del ministro dell'Interno Matteo Salvini, cui ha fatto eco una coda di interventi allineati sul ruolo chiave giocato dal Paese africano nella gestione dei flussi migratori e nel salvataggio dei naufraghi. Questo almeno dimostrerebbero i dati diffusi dal Viminale in merito all'intervento del 20 gennaio della Guardia costiera libica: domenica scorsa sono stati recuperati e riportati a terra quasi 400 migranti, per lo più originari di Bangladesh, Iraq e Tunisia, rintracciati nel tentativo di raggiungere le coste italiane. 143 condotti a Tripoli, 144 a Misurata e 106 ad al-Khoms.

Dati e dichiarazioni, al di là dell'enfasi retorica governativa, hanno attirato contro il governo numerose polemiche, come per esempio la denuncia dell'ong spagnola Proactiva Open Arms: «I soccorsi affidati alla Guardia costiera libica non sono tali, ma piuttosto respingimenti, che sono vietati». Di questi respingimenti, accusa l'organismo umanitario, sono testimoni le navi delle ong che si occupano di salvataggio e che, infatti, sono state allontanate dalle acque mediterranee con accuse che si sono dimostrate il più delle volte infondate.

Per il soccorso dei migranti, spiega Nello Scavo (giornalista di Avvenire) in un'intervista a Vatican News, la Libia è intervenuta coinvolgendo navi mercantili che si trovavano in zona. Non sappiamo se il noto mercantile della Sierra Leone abbia poi deciso di fare rotta verso la Libia o se abbia consegnato i migranti alle motovedette della Guardia costiera: «In entrambi i casi si tratta di una violazione del diritto internazionale», «perché la Libia non è internazionalmente riconosciuta come porto sicuro e quindi si sarebbero creati i presupposti per quello che tecnicamente è il reato di respingimento unilaterale. In altre parole i migranti non possono mai essere riportati verso un luogo dal quale sono fuggiti anche a causa di torture e persecuzioni».

Molti migranti recuperati di recente in mare avevano trascorso del tempo nelle prigioni governative libiche, approfondisce Scavo, «e non si sa come (o forse sappiamo benissimo come) queste persone sono riuscite a scappare da queste prigioni», che «oltre ad essere un luogo di tortura, sono molto “porose” e rispondono a regole, come dire, “di mercato”. In altre parole c'è una domanda e offerta di migranti da parte dei trafficanti e degli scafisti». Pagando, le persone posso scappare dalle prigioni per essere nuovamente imbarcate. La filiera del traffico di esseri umani, spiega, è «molto complessa» «e coinvolge, in Libia, non solo trafficanti di uomini, ma esponenti politici, vertici militari, esponenti di varie milizie». Insomma, «i cosiddetti trafficanti di uomini in Libia sono spesso l’altra faccia del potere costituito».


* Immagine di manhhai del 2009 tratta da Flickr, immagine originale e licenza. La fotografia è stata tagliata

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