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Miope il tentativo di scatenare una guerra tra ultimi e penultimi. Il Centro San Fedele aderisce a

Miope il tentativo di scatenare una guerra tra ultimi e penultimi. Il Centro San Fedele aderisce a "People. Prima le persone"

Il Centro culturale San Fedele dei gesuiti di Milano, luogo di dibattito culturale e artistico ma anche di riflessione sociale e politica a partire dall'esperienza di solidarietà e giustizia delle numerose realtà associative afferenti che si occupano di migranti, salute, carceri, accoglienza e altre situazioni di marginalità, lancia l'appello No alla guerra tra "ultimi" e "penultimi" sì a una vera integrazione e aderisce alla manifestazione nazionale antirazzista People. Prima le persone” che si terrà a Milano il prossimo 2 marzo.

Gli organismi che operano sotto la sigla “San Fedele”, insieme a “SARA Donne senza paura” (associazione che supporta le donne in difficoltà) e Avvocato di Strada (che offre tutela legale gratuita alle persone senza dimora), esprimono «il senso di profonda inquietudine e disagio che sperimentiamo di fronte al clima di aperta ostilità che, in questa fase della vita sociale, politica e culturale del nostro Paese, si registra verso chi è straniero, povero o comunque “diverso”, così come verso le organizzazioni e le persone del Terzo settore che lavorano nell'ambito del disagio sociale».

Le realtà associative definiscono inoltre «miope e pericoloso» «il tentativo di scatenare, magari per un mero calcolo elettorale, una strumentale contrapposizione tra italiani e stranieri, o genericamente tra "ultimi" e "penultimi". Purtroppo, l’equazione “immigrazione=insicurezza” perdura nel dibattito politico, tutto concentrato sulla necessità di far fronte a un’emergenza che, di fatto, non esiste».

Sotto accusa, in particolare, il Decreto (cosiddetto) Sicurezza divenuto legge dello Stato, con «l'abolizione della protezione umanitaria e la restrizione del sistema di accoglienza ordinario» perché intende «smantellare quello che con fatica, pazienza e partecipazione è stato costruito localmente in termini di organizzazione dell'accoglienza e integrazione sociale».

In un convegno del 3 dicembre 1994 sull'immigrazione a Milano, ricorda il comunicato, il card. Carlo Maria Martini invitava a governare con lungimiranza i fenomeni migratori, puntando sull'integrazione, e ad abbandonare la retorica e la prassi emergenziale. «Se l’azione pubblica si ritrae – queste le parole profetiche del card. Martini – si finisce per incentivare la marginalizzazione dell’immigrato, considerandolo come un povero da affidare alle cure del volontariato e, talora, come un soggetto pericoloso per l’ordine pubblico. Si rischia così di favorire, a volte anche in modo strumentale, una mobilitazione popolare al rifiuto, anziché all’accoglienza». A distanza di un quarto di secolo quel monito sembra tristemente diventato realtà. Allora Martini suggeriva che solo una corretta gestione dei flussi migratori in Italia può contribuire «alla soluzione di tanti problemi strutturali riguardanti pure gli italiani. Non si tratta di scatenare pericolose rivalità tra persone in stato di bisogno; si tratta piuttosto di affrontare globalmente i problemi posti sul piano sociale dall’immigrazione, con vantaggio per tutti, a partire dai più deboli e dai più sfortunati».

Le preziose indicazioni del cardinale, insieme al magistero di papa Francesco, – con i quattro verbi “accogliere, proteggere, promuovere e integrare” – rappresentano la strada maestra per «combattere il disagio e la povertà», di italiani e stranieri.

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