Mons. Romero, odiato anche nella Chiesa: un dossier racconta il percorso ad ostacoli verso la santità
Assassinato il 24 marzo 1980 quasi sicuramente su mandato del maggiore Roberto D'Abuisson, mons. Oscar Romero – beatificato il 23 maggio 2015 e santificato 14 ottobre 2018 – ha dovuto fare i conti, anche dopo la sua morte violenta, con opposizione e resistenze anche in seno alla Chiesa cattolica. Ma poi è arrivato papa Francesco...
“Monsignor Oscar Arnulfo Romero. Quando le pietre più dure sono le parole” è il titolo dell'approfondimento del comboniano p. Jorge García Castillo pubblicato dal periodico Missioni Consolata sul numero di gennaio-febbraio, che riconosce proprio al primo papa latinoamericano il merito di aver impresso una svolta positiva al riconoscimento del suo martirio. Era stato proprio Francesco a riconoscere, nel 2015, il “doppio martirio” di Romero. Non solo l'omicidio, spiega il servizio recuperando queste parole del papa: Monseñor «è stato diffamato, calunniato, il suo nome è stato macchiato. Il suo martirio è continuato anche per mano dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell'episcopato», lapidato con la pietra più dura che esiste e che è «la parola».
A fondamento dell'odio suscitato dalla figura di Romero nell'oligarchia salvadoregna e nella destra ecclesiastica stava, secondo la ricostruzione del periodico, il suo cammino di conversione ai poveri e la sua “opzione” per i deboli e gli oppressi. «Lasciò la sacrestia per camminare con la sua gente», «cambiò anche il tono delle sue omelie», con toni profetici e drammatici. Romero è così diventato simbolo delle lotte e delle aspirazioni del popolo salvadoregno contro oligarchie e militari. Per questo lo hanno voluto fermare, tentando con la diffamazione prima e con l'omicidio in ultima istanza.
* Opera di Maximino Cerezo Barredo
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