
Religiose e religiosi scrivono a Conte: non ha attenzione per la scuola paritaria. Ci ha deluso!
Le Conferenze dei Religiosi e delle Religiose in Italia (CISM ed USMI), alla luce dell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 aprile 2020, dichiarano che sono rimaste deluse di non essere state ascoltate. Lo affermano come cittadini e come servitori di tanta parte della nostra gente».
Così inizia la lettera sotto forma di comunicato stampa che i due organismi che riuniscono i superiori e le superiore maggiori italiani hanno indirizzato il 28 aprile scorso al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, firmata da Madre Yvonne Reungoat (Usmi) e da Padre Luigi Gaetani (Cism). È presto detto il motivo della loro delusione: «Ci abbiamo creduto fino alla fine che il Decreto “Cura Italia” di aprile potesse includere, per un atto di giustizia e di civiltà, gli emendamenti a sostegno delle scuole pubbliche paritarie che rappresentano, oramai da vent’anni (la parità scolastica In Italia è stata approvata il 10 marzo 2000 con la Legge 62/2000), il progetto di “tutta la scuola” italiana, di una “scuola di tutti” che cammina non più sulla sola gamba della scuola pubblica statale ma anche su quella, altrettanto essenziale, della scuola pubblica paritaria».
«Ci abbiamo creduto fino alla fine che il Decreto “Cura Italia” di aprile – reiterano – potesse rappresentare una reale attenzione alla famiglia, soggetto sociale di vitale importanza per tutta la collettività, tentando di armonizzare per tutti il divario tra lavoro, famiglia e scuola, andando oltre quell’ideologia che, nonostante le incoraggianti parole di molti politici, resta come una muraglia cinese che preclude di considerare la scuola pubblica paritaria come coessenziale al sistema scolastico del nostro Paese»; e che «non condannasse alla morte lenta un servizio a vantaggio di quasi 900mila ragazzi, 12mila scuola pubbliche paritarie, 140mila tra docenti e personale amministrativo. Infatti, viviamo come una agonia istituzionale perché, senza dubbio, a queste condizioni, il 30% delle scuole pubbliche paritarie non potrà riaprire a settembre».
«Qualcuno si compiacerà», osservano. E precisano il loro punto di vista: «In realtà, l’emorragia della scuola pubblica paritaria creerà una situazione di collasso del sistema scolastico statale a settembre prossimo, perché le famiglie tenderanno a spostare circa 300mila ragazzi dalle paritarie alle statali, non potendo pagare le rette; contestualmente il sistema scolastico statale e paritario sarà chiamato ad affrontare sfide inedite per l’anno scolastico 2020-2021: distanziamento sociale, aumento del numero dei docenti, insufficienza delle strutture scolastiche, distanziamento dei plessi scolastici dal territorio dove le famiglie vivono».
«Gentilissimo Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri – aggiungono – come rappresentanti di tanti Superiori Maggiori, veri e ultimi gestori della scuola paritaria in Italia, continuiamo a credere, per il senso civico che ha sempre contrassegnato il nostro servizio agli ultimi, che compito dei politici, soprattutto in tempi di crisi, sia quello di fare scelte coraggiose, osando un passo in più, magari abbattendo quelle divisioni ideologiche e culturali che sono all’origine del declino del nostro Paese e che non ci consentono di costruire futuro, perché frenati dai fantasmi del secolo breve. Per questo, ancora una volta, ci appelliamo alla Vostra responsabilità sociale e al senso del bene comune, che è insito in ogni rappresentante di questo magnifico Paese che è l’Italia, chiedendovi che nessuno rimanga indietro».
Conti alla mano conti, sostengono che “conviene” allo Stato la scuola pubblica paritaria: «la crisi parziale della scuola pubblica paritaria costerebbe allo Stato italiano oltre 2,4 miliardi aggiuntivi (la scuola pubblica statale in Italia costa mediamente 8.200 euro per ogni alunno iscritto -fonte Ocse-; se stimiamo in 300mila studenti i nuovi iscritti che passerebbero dal sistema paritario a quello statale i costi aggiuntivi sarebbero di 2,4 miliardi), più gli ammortizzatori sociali per i circa 40.000 lavoratori del settore. È conveniente per lo Stato sostenere la scuola pubblica paritaria, in quanto è proprio di uno Stato democratico avanzato assumersi una chiara responsabilità sociale e non accontentarsi di navigare sotto costa».
Se si insiste che «non deve rimanere indietro nessuno», argomentano ancora, la «condizione» è che «lo Stato definisca interventi specifici come l’erogazione di sussidi per l’iscrizione, la detraibilità integrale delle rette per l’anno 2020-2021, la detraibilità dalle tasse sugli immobili per quegli Istituti che, in una sorta di patto civico ed educativo, metteranno a disposizione della scuola pubblica statale, previo accordo tra le parti, parte dei propri immobili per poter garantire il regolare svolgimento delle attività didattiche con le nuove regole del distanziamento sociale, in una contiguità istituzionale tra scuola pubblica e privata».
«Gentilissimo Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri», è la chiusa, «capiamo che è l’ultimo appello, per questo confidiamo nei lavori della Camera dei Deputati, dove verrà presentato il Decreto Liquidità, e della Camera del Senato, dove verrà presentato il Decreto Scuola. A tutti chiediamo un gesto di responsabilità. Siamo abitati da una profonda convinzione e una grande passione per l’Educazione».
*Foto di Gigillo83 tratta da Wikipedia, immagine originale e licenza
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