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Nuovo linguaggio e pastorale domestica per la Chiesa di oggi: mons. Derio Olivero su

Nuovo linguaggio e pastorale domestica per la Chiesa di oggi: mons. Derio Olivero su "Vita Pastorale"

In questo tempo di pandemia l’opinione pubblica ha invocato risposte da scienziati, medici, persino da politici, ma non dalla Chiesa, che viene sempre più percepita come «un mondo a parte, distante. Un museo, che odora di antico, di muffa». Secondo il vescovo di Pinerolo, mons. Derio Olivero, intervenuto sul mensile dei paolini Vita Pastorale di marzo, nella rubrica "La lettera dei vescovi italiani", si acuisce sempre più il distacco dalla Chiesa cattolica. Le persone, dice, «non si pongono contro, ma altrove». E la Chiesa si configura così come una sorta di «“riserva indiana”, con un suo linguaggio, suoi riti, sue abitudini. Un mondo a parte, distante».

Cosa cambiare allora? Innanzitutto, spiega Olivero, occorre cambiare linguaggio, che manca di bellezza, stupore e fiducia. «Diciamo verità meravigliose, con una lingua incomprensibile, logora. Diciamo il Vangelo in modo non “evangelico”, cioè diciamo il contenuto del Vangelo senza riuscire a mostrarne la bellezza per la vita concreta. Diciamo verità, senza includere la loro portata vitale».

Mons. Olivero invita ad adottare «un linguaggio “evangelico”, cioè gioioso, generatore di stupore, vitale, concreto, capace di stimolare fiducia, carico di speranza».

C’è poi una seconda debolezza, svelata dalla pandemia: la pastorale ha insistito molto sulla comunità, sulla parrocchia, e poco a poco si è perso il valore della casa. «Un tempo era cosa normale pregare in casa» e, nelle nostre abitazioni, «c’erano simboli che “stimolavano” la fede». Oggi abbiamo perso la “dimensione domestica” della fede, la «Presenza nell’ordinario» prosegue Olivero. E, “grazie” alla pandemia, «abbiamo scoperto (come i ristoranti) la necessità del delivering. Abbiamo bisogno di continuare su questa strada».

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