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Lavanderia rom: un progetto a Roma per far ripartire la speranza

Lavanderia rom: un progetto a Roma per far ripartire la speranza

C’è un antico detto napoletano che suona così: «Porta a bona numinata e va’ scassann’e porte» che tradotta in italiano vuol dire: «Se hai una buona nomea puoi anche fare lo scassinatore». Ovvero la fama, buona o cattiva che sia, fa premio sulla realtà, Il che vuol dire che se sei vittima di un pregiudizio non te lo scrolli di dosso.

Quanto ciò sia vero lo hanno sperimento Sevla e suo figlio Carlos.

Sevla è una donna bosniaca di etnia rom. È arrivata in Italia nel 1979. Aveva 12 anni. Il papà faceva il calderaio, ma in Bosnia la vita si faceva sempre più dura e decise di venire in Italia, a Roma. Due anni dopo, nel 1981, arrivò a Roma un’altra famiglia bosniaca di cognome Hadzovic, di cui faceva parte un 18enne,Vasyli. Sevla e Vasyli s’incontrano, si innamorano, si sposano e fanno figli, tra i quali c'è Carlos.

Per un po’ di tempo vivono nel “campo nomadi” di Vicolo Savini. Quando l'insediamento viene chiuso e i suoi abitanti trasferiti a Castel Romano, Sevla e Vasyli, con la numerosa famiglia, rifiutano il trasferimento, restano in zona dove trasformano un capannone abbandonato in un appartemento e vi si istallano. I bimbi crescono, le mamme invecchiano, ma non tutte: Sevla rimane giovane nel corpo e nello spirito, piena di energie e di volontà, continua a fare l’artigiana, la mediatrice culturale, l’insegnante di danze tradizionale rom. Spinge suo figlio Carlos - che nel frattempo è andato a scuola a prendere anche l’attestato di tecnico di lavanderia - ad aprire una lavanderia, con l'aiuto dell'associazione di promozione sociale "Cittadinanza e Minoranze" di cui è vice-presidente.

Così comincia l’ avventura. Si partecipa ad un bando del Comune di Roma per affittare a canoni agevolati i locali per imprese giovanili. Il bando è vinto alla grande, viene assegnato un locale al numero 264 di via dei Caduti della Guerra di Liberazione, si mettono insieme tra contributi di privati e finanziamenti bancari 42mila euro con i quali si adattano i locali e si acquistano macchinari con la tecnologia più avanzata anche sotto il profilo ecologico, si superano una serie di difficoltà dovute al fatto, incredibile ma vero, che il locale come tutto il caseggiato di proprietà comunale non è accatastato. Per cui non è possibile registrare il contratto di locazione e senza contratto registrato l’Acea rifiuta di fornire acqua ed energia elettrica. E una lavanderia senz’acqua e senza corrente non si è mai vista. Risolto questo problema ne spunta un altro: qualcuno ha rubato il contatore dell’acqua pertinente al locale e si è allacciato abusivamente. Nuovo stop in attesa dell’indagine dei carabinieri. Conclusa la quale l’acqua arriva e ci si prepara alla inaugurazione. Pronti un filmato ed una campagna promozionale imperniata sul fatto che una famiglia rom inaugura un’impresa, ma mentre si collaudano i macchinari arriva un distinto signore che entra, dà uno sguardo, capisce che si tratta di una lavanderia nuova e si compiace: «Che bello! Una lavanderia nuova, sono contento e diverrò vostro cliente, perché quella di cui mi servo ci vanno pure gli zingari e a me gli zingari non piacciono».

Contrordine, dunque. Niente video e campagna promozionale ipotizzata. Solo volantini con i prezzi. E il 18 aprile 2018 si inaugura. Ma «porta a bona numinata e va’ scassann’e porte». Che Sevla e Carlos fossero rom si vedeva, non si poteva nascondere, e il pregiudizio razzista si rivelò come un fortissimo ostacolo, quello che in termine tecnico si chiama “una barriera all’ingresso” sul mercato. Sevla e Carlos cominciano ad avvilirsi, Poi arriva il Covid-19 e allora si fermano. Ma bollette, l'affitto e le rate dei finanziamenti continuano a correre...

Per prevenire che nodi troppo grossi arrivino al pettine, la famiglia ha deciso di riprovarci e al termine di questo nuovo periodo di isolamento di riaprire la lavanderia il 15 aprile. Ha chiesto nuovamente aiuto a "Cittadinanza e Minoranze" che ha pensato di organizzare una specie di “catena di sant’Antonio” e mettere insieme mille persone cui chiedere un piccolo sforzo: 10€ a testa. Ecco tutto. 10xmila=10mila euro e la lavanderia riparte, puntando questa volta su una clientela non soltanto di famiglie ma anche di comunità.

Ci vuoi dare una mano? Vuoi essere uno dei mille e provare a trovare altre 5 persone disposte a fare altrettanto? Come si dice, una mano dietro l’altra, e l’unione fa la forza.

L'Iban su cui versare e far versare il piccolo contributo ed anche, eventualmente, uno maggiore è questo: IT50V0538703241000035100781 intestato a "Cittadinanza e Minoranze". Nella causale, indicare: “Lavanderia”.

Grazie a nome della famiglia Hadzovic, venuta in Italia 35 anni fa dalla Bosnia per sfuggire alle guerre etniche. E grazie anche da parte mia.

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