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PRIMO PIANO. La Chiesa istituzione crollerà

PRIMO PIANO. La Chiesa istituzione crollerà

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 25 del 03/07/2021

Ha fatto scalpore l’affermazione di papa Francesco sul tema del clericalismo e la rigidità dei preti come una “perversione del sacerdozio”, nel discorso con la comunità del Pontificio Seminario Regionale Marchigiano tenutosi nella sala Clementina a Roma, giovedì 10 giugno 2021. Non è la prima volta che papa Francesco parla in modo negativo sia del clericalismo, che delle sue manifestazioni più deleterie e perverse, tra le quali la rigidità. Parlando ai seminaristi marchigiani, che si stanno preparando al sacerdozio, ha ricordato loro l’importanza della formazione umana: «Un sacerdote può essere molto disciplinato, può essere capace di spiegare bene la teologia, anche la filosofia e tante cose. Ma se non è umano, non serve».

Sacrosante parole. Viene però da chiedersi: è mai possibile che il Papa non si accorga che il problema di fondo stia proprio nella struttura formativa del seminario? Il contesto culturale postcristiano e postmoderno in continua evoluzione sta mettendo a nudo tutti i limiti di quelle strutture educative religiose sorte nell’epoca moderna, impostate sul primato della dottrina sulla coscienza, della fermezza sulla sensibilità umana. Prima di applicare dei principi dottrinali che abbracciano ogni tipo di situazione, si tratta d’imparare ad accompagnare le fragilità, di discernere il cammino da compiere insieme alle persone. Questo stile evangelico lo si apprende nella vita quotidiana, mantenendo il contatto con la realtà. Si diventa uomini e donne sensibili all’umano vivendo situazioni umane, e la scuola di questo stile umano non può che essere la vita. È in essa, infatti, che scopriamo le sorprese, le situazioni che escono dall’ordinario, che esigono prontezza, capacità di risposte nuove.

Chi proviene da anni di indottrinamento, di educazione all’obbedienza alla dottrina, in un ambiente artificiale, esclusivamente maschile, lontano dai problemi quotidiani della vita, ogni volta che si troverà dinanzi alla novità che la realtà manifesta, rimarrà spiazzato, imbarazzato, in una parola: impreparato. Al di là delle frasi altisonanti che si leggono sui documenti ecclesiali sulla formazione dei futuri presbiteri, la preparazione a essere guida di comunità è quasi esclusivamente intellettualistica, in un ambiente artificiale separato dalla vita, che non permettere di cogliere, in una comunità che s’ispira al vangelo, che l’essenziale non consiste nel controllare l’ortodossia di una dottrina, ma nel condividere le gioie e le sofferenze con coloro che desiderano camminare sul percorso tracciato dal Signore.

Eppure, lo stile di Gesù era ben diverso da quello impostato dalla Chiesa per formare le guide di comunità. Gesù ha, infatti, aiutato i suoi discepoli e le sue discepole a comprendere le dinamiche del regno dei cieli non separandoli dalla vita, ma inserendoli in essa in modo nuovo; ha trasmesso i contenuti del Vangelo non con lezioni cattedratiche, ma con l’esempio quotidiano e, soprattutto, pagando di persona le scelte fatte. Il Maestro ha trasmesso l’insegnamento ai suoi discepoli e discepole camminando insieme a loro, ascoltandoli, offrendo loro delle chiavi di lettura per metterli in grado di prendere in mano la propria vita e viverla alla luce del Vangelo.

La Chiesa nei secoli è divenuta una struttura rigida, poco interessata a comprendere la realtà, quanto a interpretarla alla luce di una dottrina elaborata guardando più all’esattezza intrinseca delle argomentazioni, che alla loro aderenza con la vita. In questo modo, con il tempo, sui temi cruciali dell’esistenza, quali la sessualità, l’affettività, l’economia, solo per citarne alcuni, non è più riuscita ad accompagnare gli eventi reali degli uomini e delle donne dell’oggi quotidiano, perdendo, in questo modo, la possibilità di dirigere una parola autentica che orientasse il loro vissuto.

Lo scollamento progressivo tra la dottrina imposta dalla Chiesa e la vita reale dei cristiani è divenuto un dato di fatto. I sacerdoti vengono formati per mantenere questa struttura rigida. Tra di loro ci sono quelli più sensibili e quelli più rigidi, ma tutti rientrano nello schema del servizio alla dottrina. Aspettarsi qualche cambiamento nella Chiesa affinché abbandoni la rigidità dottrinale e diventi più umana e, quindi più evangelica, è pura illusione, anche perché, coloro che dovrebbero produrre il cambiamento, vale a dire i vescovi, sono scelti per la loro fedeltà alla tradizione dottrinale. Sarà il popolo di Dio a salvare le comunità in virtù di quel sensus fidei che gli permette di cogliere la presenza del Signore nell’oggi della storia. Sono le piccole esperienze comunitarie che stanno sorgendo un po' dovunque spontaneamente ai margini dell’istituzione e nelle quali si sente vivo il soffio dello Spirito Santo, a manifestare la presenza del Signore Gesù, mentre la Chiesa istituzionale con i suoi palazzi e le sue dottrine sarà destinata a crollare inesorabilmente al suolo. In futuro, guarderemo a quelle rovine con pochissima nostalgia e c’interrogheremo sul perché una simile struttura sia durata per così tanto tempo.  

Paolo Cugini è amministratore parrocchiale di quattro parrocchie nella campagna bolognese al confine con quella di Ferrara.   

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