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Monteleone di Puglia modello di integrazione come Riace. Inchiesta di

Monteleone di Puglia modello di integrazione come Riace. Inchiesta di "Famiglia Cristiana"

Una lunga inchiesta, pubblicata sul nuovo numero di Famiglia Cristiana, mette a confronto due piccoli Comuni del Sud: la calabrese Riace di Mimmo Lucano e Monteleone di Puglia, che del “modello Riace” ha raccolto il testimone, tanto che il settimanale dei Paolini lo definisce “borgo dell’accoglienza”.

L’inchiesta parte proprio dalla provincia di Foggia dove, stando alle parole del sindaco di Monteleone di Puglia, Giovanni Campese, l’accoglienza fa rima con l’integrazione, e con la speranza che «i migranti di oggi possono diventare i cittadini di domani e ripopolare borghi spopolati come il nostro». Nel piccolo borgo dell’Irpinia, spiega il giornalista Antonio Sanfrancesco, l’immigrazione è vissuta nella quotidianità, lontano dai riflettori e dalle narrazioni emergenziali o allarmistiche. Monteleone, terra di emigrazione nel secondo Dopoguerra, ospita oggi due centri di accoglienza: il primo dà rifugio a circa venti maggiorenni, per lo più bengalesi e nigeriani, mentre il secondo ospita undici minorenni non accompagnati, tutti maschi, provenienti da Somalia, Sierra Leone, Gambia, Egitto e Bangladesh.

In qualsiasi altro piccolo paese, di fronte alla proposta di ospitare ben due centri del Sistema Accoglienza e Integrazione (Sai), gli abitanti avrebbero preteso e forse ottenuto la testa del sindaco. Non qui, spiega il sindaco, al suo terzo mandato: «Sono andato casa per casa, in tutte le famiglie e ho esposto il progetto. La gente ha ascoltato e capito». La strategia di Monteleone è stata poi premiata dai numeri, spiega l’autore dell’inchiesta: «I risultati si vedono. Negli ultimi tre anni si è interrotta finalmente l’emorragia demografica in atto dal 1950. Dei mille cittadini residenti, 47, pari al 4,6% del totale, sono stranieri. I “nuovi” monteleonesi». I giovani seguono percorsi di scolarizzazione nelle scuole del circondario, gli adulti, perfettamente integrati nel tessuto sociale del paese, lavorano, spesso anche nelle aziende locali. «I centri per immigrati», aggiunge il sindaco, «andrebbero aperti nei piccoli Comuni perché c’è un controllo capillare e anche più facile del territorio rispetto alle periferie delle grandi città che spesso sono terra di nessuno».

Dal 2014, grazie anche ai due centri Sai, «Monteleone ha l’ambizione di diventare un “borgo dell’accoglienza, della pace e della nonviolenza”. I due centri per immigrati, che danno lavoro a quasi venti persone, sono una tessera, fondamentale, del puzzle. A completarlo c’è il Centro internazionale per la pace e la nonviolenza che nel 2018 ha ospitato la figlia di Martin Luther King, Bernice Albertine, e il Festival dell’arte urbana diffusa con gli artisti che hanno decorato il borgo di murales».

Il viaggio di Famiglia Cristiana tra i Comuni dell’accoglienza si conclude a Riace, paese simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione che, dopo le note vicissitudini degli ultimi anni, si è svuotato e sta tornando a morire. Il “modello Riace”, spiega mons. Giancarlo Bregantini – vescovo di Locri-Gerace quando iniziò l’accoglienza nel piccolo borgo calabrese – «consisteva in una cosa molto semplice: fare quello che poi Francesco ha scritto nell’enciclica Fratelli tutti. Al paragrafo 131 il Papa ripete in 4 verbi il senso della solidarietà ai migranti: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Questo è il cuore del progetto Riace». «Il progetto Riace – conclude Bregantini parlando di "profezia" – iniziò 15 anni prima di quello straordinario documento che racchiudeva l’essenza dell’accoglienza umana».

 

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