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Rifiuti tecnologici importati: l'Africa Orientale dice basta, per la salute e per l'ambiente

Rifiuti tecnologici importati: l'Africa Orientale dice basta, per la salute e per l'ambiente

Dove finiscono vecchi tv, pc, telefonini e tablet non più utilizzati? Spesso in Africa, continente divenuto nel tempo una vera e propria discarica di prodotti tecnologici obsoleti o danneggiati. Ma contro l’importazione, più o meno legale, della spazzatura elettronica (e-waste) si è pronunciata, lo scorso 12 novembre ad Arusha (Tanzania), la Comunità dell’Africa Orientale (Eac), organismo regionale che raccoglie Kenya, Uganda, Tanzania, Rwanda, Burundi e Sud Sudan. Dal 1 giugno prossimo, nei Paesi aderenti, infatti, «sarà proibita l’importazione di dispositivi elettrici ed elettronici usati», si legge in un articolo sul tema pubblicato da Nigrizia il 14 dicembre. Su 44.7 milioni di tonnellate di spazzatura tecnologica nell’anno 2019, solo 2.9 milioni è prodotta in Africa.

Di tutta la spazzatura elettronica mondiale «è quasi impossibile tracciare con precisione la destinazione», spiega la giornalista Bruna Sironi, «perché non esistono norme che ne regolamentano la dismissione e il trasporto». Ue e Onu «affermano però che una notevole quantità viene inviata in Africa sotto diverse forme. Una parte viene “donata” perché tecnologicamente superata nei Paesi di provenienza ma ancora usabile in contesti meno avanzati. È un trasferimento legale, che riguarda il 75% del materiale elettronico». C’è poi da dire che, secondo un’indagine, ben il 60% del materiale elettronico inviato in Kenya, per esempio per le scuole, «non era in nessun modo utilizzabile ed è finito immediatamente in discarica. Lo stesso succede negli altri Paesi dell’area e questo spiega la decisione di proibirne del tutto l’importazione, presa recentemente ad Arusha».

Da dove proviene questo materiale elettronico? «I Paesi di provenienza sono ovviamente i paesi più sviluppati», spiega l’articolo, come Cina (24% del totale), Usa (20%), Spagna (12%) e Uk (9%).

A destare preoccupazione sono i danni ambientali e alla salute delle persone causati da molte delle materie prime di cui sono composti questi apparecchi, «motivo per cui i paesi del Nord del mondo cercano di disfarsene in tutti modi possibili». Piombo, mercurio, nickel, arsenico, cadmio, cromo, percolati che inquinano le falde acquifere, diossina sprigionata dagli incendi delle discariche: sono tutti ingredienti di una ricetta mortale, devastante soprattutto per i bambini.

Purtroppo però, spiega Nigrizia, «i rifiuti elettronici sono anche una fonte di ricchezza e un crescente settore di lavoro. Il recupero delle materie prime che li compongono non è economico nei paesi del Nord del mondo perché il costo del lavoro garantito è troppo alto. Ma è molto allettante in Africa, dove avviene per la gran parte nel settore informale, senza nessuna garanzia né salariale né di sicurezza». In soldoni, si parla di ben 3.2 miliardi di dollari ricavati dal recupero delle materie prime dagli scarti elettronici.

Leggi l’approfondimento di Nigrizia


* Immagine di James Good, tratta da Flickr, immagine originale e licenza.

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