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Per ottenere la protezione NATO, Svezia e Finlandia sacrificano i curdi

Per ottenere la protezione NATO, Svezia e Finlandia sacrificano i curdi

Svezia e Finlandia chiedono di entrare nell’Alleanza atlantica per paura dell’imperialismo russo. La Turchia minaccia di porre il veto, accusando i Paesi nordeuropei di simpatizzare per i “terroristi” curdi. Intervengono i mediatori Usa e il segretario generale della NATO, il norvegese Jens Stoltenberg. La Turchia rinuncia al veto. In cambio, però, Svezia e Finlandia decidono di aiutare Erdogan a reprimere i movimenti curdi. «Il Memorandum d'intesa tra Turchia, Svezia e Finlandia è un tradimento nei confronti del popolo curdo e rappresenta una pagina buia della solidarietà internazionale ed una minaccia ai popoli curdo e yazida», accusa senza mezzi termini la Rete Italiana Pace e Disarmo, alla quale aderiscono decine di associazioni della società civile, laiche o di ispirazione religiosa (tra le altre Acli, Agesci, Amici della mezza luna rossa palestinese, Associazione di Cooperazione e di Solidarietà Internazionale (AOI), Iriad, Arci, Associazione per la pace, AssopacePalestina, Cgil, Cipax, Cnca, Focsiv, Fondazione Finanza Etica, Legambiente, Movimento nonviolento, Un ponte per…, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Beati i costruttori di Pace, Commissione Globalizzazione e Ambiente della FCEI, Conferenza degli Istituti Missionari in Italia, Gruppo Abele, Libera, Noi Siamo Chiesa, Opal Brescia e Pax Christi Italia).

Tra i dieci punti del Memorandum c'è anche l’impegno all'estradizione di decine di curdi che il governo turco ritiene “terroristi” perché affiliati a organizzazioni come il PKK. In Svezia, poi, risiedono regolarmente circa 100mila cittadini curdi (in Finlandia sono circa 15mila) e una manciata di loro siede anche sugli scranni parlamentari. La storica e consolidata presenza curda nel Paese ha spinto i turchi a ritenere il Paese nordeuropeo una sorta di roccaforte e base organizzativa delle organizzazioni curde. «Il lungo braccio dell'autoritarismo di Ankara, grazie alla nuova strategia della NATO, può ora minacciare le vite dei curdi che avevano trovato da più di trent’anni asilo in Svezia e in Finlandia», chiarisce la Rete. La Turchia gode ormai del sostegno di numerosi Paesi dell’Alleanza, aggiunge, «tra cui l'Italia, che ha scelto di considerare il regime di Ankara come alleato privilegiato dal punto di vista della produzione militare. Non a caso il Ministro della Difesa Guerini lo scorso aprile ha dichiarato ufficialmente che l'Italia “vede da sempre nella Turchia un partner strategico sul piano della cooperazione industriale, con cui soddisfare le reciproche esigenze di difesa e con cui condividere opportunità di collaborazione tra le rispettive industrie”».

Infine, segnala ancora la Rete Pace e Disarmo, «questa nuova strategia NATO ed il Memorandum sottoscritto con Svezia e Finlandia, oltre a prevedere il rimpatrio dei dissidenti politici e militanti curdi, sblocca l’embargo sulle armi e considera azioni “difensive” gli attacchi di Ankara al Rojava e al Kurdistan iracheno. Ciò significa lasciare mano libera alla Turchia per la sua azione militare e repressiva nella Siria del nord tesa ad eliminare le pratiche di resistenza, anche femminista, e di confederalismo democratico che per prime avevano affrontato e sconfitto l’ISIS».

Il Memorandum tripartiro sottoscritto da Svezia, Finlandia e Turchia rappresenta in definitiva «una scelta politica sbagliata, pericolosa e preoccupante. Democrazie, come quelle scandinave, che si erano distinte per la promozione dei diritti umani e civili, che avevano accolto perseguitati politici, difeso la pace e sostenuto l'autodeterminazione dei popoli, hanno derubricato la questione curda, il diritto di autodeterminazione e della democrazia in Medio-Oriente a mero regolamento trilaterale tra Stati. Un accordo che qualifica senza esitazioni il PKK e lo YPG come associazioni terroristiche, nonostante anche la Corte di Giustizia dell’UE abbia stabilito nel 2018 che il PKK è stato ingiustamente incluso nella lista dei terroristi dell’UE tra il 2014 e il 2017 e le unità di protezione popolari lo YPG insieme alle YPJ, la propria componente femminile, abbiamo combattuto e combattano in Siria contro l’Isis respingendo l’assalto a Kobane e realizzando un esempio di confederalismo democratico e femminista nella regione».

La Rete esprime infine vicinanza al popolo curdo «che lotta per il riconoscimento dei propri diritti, a difesa della democrazia, per la pace e per un’idea di pacifica coesistenza». E chiede ai Parlamenti svedese e finlandese di confermare la loro «tradizione in difesa dei dritti umani, della pace e della democrazia, impedendo l'estradizione dei rifugiati politici curdi richiesti da Erdogan».

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