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Per un nuovo inizio

Lino Prenna, coordinatore nazionale dell'associazione nazionale di area cattolico-democratica Agire politicamente, riflette, in un articolo comparso sul foglio dell'associazione sulla nascita del Partito democratico, nel 2007 salutata come occasione di rinnovamento della politica italiana e opportunità storica per il movimento politico dei cattolici e sulle prospettive attuali del partito. 

 

Con questo titolo pubblicammo sul foglio Politicamente, un articolo apparso su L’Unità del 5 maggio 2009 con il titolo “Prenna: sconfitti perché siamo usciti dai binari originari”. Quel titolo sintetizza anche oggi le ragioni della sconfitta subita dal Partito democratico alle ultime elezioni politiche.

Agire politicamente salutò la nascita di questo partito come fattore di novità nella storia dei partiti politici, occasione di rinnovamento della politica italiana, opportunità storica per il movimento politico dei cattolici. Ci sembrò, infatti, decisamente inedita e significativamente innovativa la confluenza, in un progetto unitario, delle tre grandi culture che hanno elaborato la nostra Carta costituzionale: il personalismo comunitario del cattolicesimo democratico, l’umanesimo della tradizione socialcomunista, la cultura liberale dei diritti  individuali. Questo progetto ci portò a parlare di “identità plurale”, disegnata dalle culture che vi erano confluite: culture diverse, chiamate non a rivendicare quote di appartenenza ma sinceramente abitate da un’etica della mediazione, per intrecciarsi nella prospettiva di una sintesi alta e di una essenziale unità, incardinandosi su un condiviso statuto di pluralità.

Ma, in questi anni di estenuazione politica, di fronte alla progressiva caduta delle idealità originarie e l’opzione di una gestione pragmatica, abbiamo anche espresso il timore di possibile egemonizzazione di una componente culturale sulle altre e lo slittamento dell’asse verso una sinistra libertaria. Abbiamo anche formulato più volte l’auspicio che fosse un partito nuovo più che un nuovo partito e che evidenziasse, nella sua struttura organizzativa, la propria natura popolare, la collegialità effettiva degli organi gestionali e deliberativi, la distribuzione territoriale della sua presenza, l’apertura alla società civile e all’associazionismo politico.

Oggi, dobbiamo riconoscere che l’auspicio è stato disatteso e che il progetto originario, pur nato da una dichiarata volontà comune, non è stato sviluppato. Così, il partito è caratterizzato dalle correnti più che dalle culture di provenienza. E tuttavia, proprio per la mancata realizzazione, quel progetto conserva il suo potenziale di attualità e può costituire il punto di non ritorno per un nuovo inizio. Come ha scritto Pierluigi Castagnetti, nei giorni scorsi, “occorre reinventare il PD”, nel senso, aggiungiamo noi, dell’invenire latino, cioè ri-trovare le ragioni che ne hanno fondato il progetto originario. Ritrovare le ragioni significa tornare al popolo: “trovare un’anima, un senso, una mission che il popolo riconosca e in cui si riconosca”.

 

 

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